Festival e comunità. Ipercorpo a Forlì
Il teatro, quello che più si avvicina alla performance, e poi la musica e la danza contemporanee. Ma Ipercorpo – storico festival delle arti performative che si svolge dal 2006 a Forlì – comprende da alcune edizioni anche una sezione arte che dialoga con il programma degli eventi e qualche volta ne suggerisce il tema. Come è successo quest'anno.
Dal tramonto a mezzanotte, è stato il curatore Davide Ferri in persona ad aprire le porte dell’Oratorio di San Sebastiano – uno dei tanti, e sempre suggestivi, spazi italiani che furono luoghi di culto e ora, desacralizzati e pieni di cicatrici che ne fanno intuire la storia tormentata, vengono utilizzati per scopi culturali – per accompagnare i visitatori alla scoperta di una mostra che durante la manifestazione è cambiata giorno per giorno. Perché il tema di Ipercorpo – organizzato dall’Associazione Città di Ebla e svoltosi dal 30 maggio al 2 giugno – è stato La pratica quotidiana, e Claudio Angelini ci ha confessato che la prima idea relativa alla tematica è venuta proprio da Davide Ferri, pensando agli atelier degli artisti e al loro lavoro che si forma tutti i giorni, in un susseguirsi di gesti, di studio, di ricerca.
I sei invitati – Bekhbaatar Enkhtur, Marta Mancini, Gabriele Picco, Federico Pietrella, Nazzarena Poli Maramotti, Alessandro Sarra – hanno quindi preso possesso dell’oratorio, trasformandolo in uno spazio di lavoro: chi per tutta la durata del festival ha riflettuto sulle sue carte – mettendole in ordine, in dialogo o in contrapposizione con quelle dei colleghi e realizzandone di nuove –; chi ha modellato tanti cervi in argilla cruda costruendoci attorno delle installazioni ambientali con materiali di recupero ed elementi vegetali; chi, a suon di timbri datari corrispondenti ai giorni di lavoro, ha composto un paesaggio di nuvole, meditando sul tempo interiore e sui tempi del fare artistico.
SUI PALCOSCENICI
Bastava spostarsi di qualche passo, verso la chiesa di San Giacomo attigua al complesso di San Domenico, per trovarsi proiettati in un mondo corporeo nel quale attori, performer e musicisti si sono esibiti con cadenza di tre eventi a serata. Il cartellone ha visto presenze internazionali (come il duo Joao Paulo Dos Santos e Rui Horta), e le collaborazioni con gli artisti sono quasi tutte di lunga data poiché, come ci ha spiegato Angelini, Ipercorpo negli anni è riuscito a creare una solida rete di relazioni e il suo scopo è ancora adesso unire e generare incontri in una dimensione urbana, coinvolgendo spettatori attenti e partecipativi (ne sono stati esempi, tra gli altri, gli spettacoli Generazione gLocale e Midnight Snack), aperti a un modo non facile e tantomeno banale di occupare la scena e capaci di interpretare proposte complesse, sempre in rapporto con i contesti in cui si innestano. Ma tra gli obiettivi principali del festival vi è anche e soprattutto dare spazio a progetti musicali e artistici che si portino dietro un percorso di lavoro: ecco allora che a chi ne fruisce non è richiesta una consumazione mordi e fuggi, ma una pratica di pensiero e di ascolto con cui percepire la cura e “il tempo, che dà la possibilità di capire la dimensione dello stare”.
Anche l’approccio alla musica è sempre originale: Davide Fabbri ed Elisa Gandini propongono “a chi ascolterà, la scelta di farlo davvero”; quindi non solo concerti – che pur non mancano, come quello straordinario del batterista Andrea Belfi –, ma anche Audiario, un “mosaico di suono catturato”, di tracce audio richieste a musicisti e artisti che intendono restituire “un’immagine acustica tanto vera e iper reale (in) quanto post-prodotta”.
PRIMA E DOPO IL FESTIVAL
Una storia lunga, che per tanti anni ha trovato dimora all’interno delle EXATR, gli antichi depositi degli autobus di Forlì, bisognosi tuttavia di restauri, programmati a breve: un intervento che risanerà l’area mantenendone la destinazione culturale, ma che per quest’anno ne ha impedito l’uso estensivo caratteristico delle precedenti edizioni di Ipercorpo. Per tale motivo il festival nel 2019 si è spostato in un’altra, temporanea, location; tuttavia il cuore di Città di Ebla batte ancora, e batte tutti giorni dell’anno, all’interno della palazzina direzionale di quel complesso. “Pareva uno spazio berlinese a Forlì” – ci raccontano i curatori – “un luogo che ci ha permesso di organizzare una piccola piattaforma internazionale”, ma che ha anche consentito alla realtà culturale di radicarsi in un quartiere di case popolari, per attivare delle relazioni con i cittadini e per dare vita a un benefico processo di rigenerazione urbana attraverso le arti. In particolare con una forte presenza laboratoriale e con progetti di spazi condivisi, come la passeggiata intitolata appunto Paesaggi condivisi, svoltasi nella giornata conclusiva del festival – la domenica è stata dedicata soprattutto ai più piccoli con Family, programmata in collaborazione con il teatro Fabbri –, o l’emozionante installazione, realizzata dai bambini che abitano nelle vicine case ACER, Kids’ House: un villaggio di cartone coloratissimo, con armadietti che racchiudono i sogni e le speranze di tanti under 13.
Di certo le straordinarie energie del gruppo di lavoro di Ipercorpo si concentreranno per realizzare un’altrettanto ricca edizione nel 2020: difficilmente a casa loro, nelle EXATR, e chissà allora quali altri spazi di Forlì si troveranno “invasi” dalle arti performative.
‒ Marta Santacatterina
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