Stanno tutti male. Uno spassoso karaoke dove cantare il disagio

Lorenzo Urciullo in arte Colapesce, il drammaturgo Riccardo Goretti e il regista e attore Stefano Cenci sono gli autori di “Stanno tutti male ‒ uno studio collettivo sull’infelicità individuale”, uno spettacolo ironico sul malessere del presente.

Avete presente vostra zia, amorevole signora sulla sessantina con la risata sempre pronta, che nella vita “le ha viste tutte, ma proprio tutte” e che, in quei pranzi di famiglia in concomitanza delle tradizionali festività, dopo il terzo bicchiere e la quinta portata riparte con l’elenco di esperienze passate di quando era giovane, la più bella ma sfortunata in amore, con una promettente carriera davanti svanita per una scelta che è stata costretta a fare, che ha viaggiato in tutto il mondo ma che alla fine la campagna lombarda ha avuto la meglio, che “mio marito è bravo ma non capisce niente e litighiamo sempre”? Quando si va a trovare la zia, alla fine, si lascia il tavolo del pranzo con una duplice sensazione: divertiti dalle tante risate genuine ma con un’amarezza di fondo, quella del nipotino che guarda da fuori la vita di una persona che non ha propriamente scelto o inseguito un obiettivo, tutto è in un certo senso capitato.

LO SPETTACOLO

Qualcosa di simile accade dopo Stanno tutti male ‒ uno studio collettivo sull’infelicità individuale, spettacolo scritto a sei mani dal cantautore Lorenzo Urciullo in arte Colapesce, dal drammaturgo Riccardo Goretti e dal regista e attore Stefano Cenci: sul palco di Triennale Milano Teatro i tre autori/interpreti allestiscono una sorta di karaoke bar diviso in due parti, la scena e il fuori scena, entrambe sempre visibili. A turno i tre interpreti avanzano verso i microfoni in proscenio per enunciare un monologo, interpretando ogni volta un personaggio diverso: le storie presentate sono frutto di un reale sondaggio durante il quale gli autori hanno chiesto a gente comune di raccontare il proprio malessere. Nonostante le vite rappresentate siano diverse, sono tutte accomunate da quel senso di amarezza e impotenza della zia di cui sopra: in parole molto (forse troppo) semplici e genuine ciascun personaggio racconta le proprie paure e insicurezze, i propri insuccessi, le esperienze di fallimento che contribuiscono a mantenere quell’onnipresente sensazione di stare male. La messa in scena non ha pretese o desideri di aggiungere teatralità a quelle che sembrano a tutti gli effetti normali confessioni al più caro amico, o al diario, fatta eccezione per la presenza costante della musica curata e composta da Colapesce, elemento di accompagnamento che contribuisce a caratterizzare ciascun personaggio. “Abbiamo scelto di tralasciare le storie di grave malessere come le malattie o la perdita di persone care” ‒ spiegano Goretti e Cenci durante il talk successivo alla replica di venerdì 29 novembre ‒ “concentrandoci piuttosto sui racconti più leggeri e che in qualche modo potessero essere resi in modo ironico, perché per noi l’ironia è la chiave della comunicazione. Senza ironia non possiamo capirci”. Di certo la chiave ironica dello spettacolo è emersa dal primo istante, così come l’intenzione di non dare risposte alla domanda perché stanno tutti male?: nel corso del talk infatti i tre autori hanno raccontato alla moderatrice Margherita Devalle che il loro è più un desiderio di fare il ritratto di un’epoca, la nostra, certamente caricaturale ma comunque sincera, senza pretese di aggiungere un commento personale.

Lorenzo Urciullo aka Colapesce, Riccardo Goretti e Stefano Cenci, Stanno tutti male ‒ uno studio collettivo sull’infelicità individuale. Triennale Milano Teatro. Photo Ivan D'Alì

Lorenzo Urciullo aka Colapesce, Riccardo Goretti e Stefano Cenci, Stanno tutti male ‒ uno studio collettivo sull’infelicità individuale. Triennale Milano Teatro. Photo Ivan D’Alì

IL BISOGNO DI INTIMITÀ

Forse ci è mancato un pochino, durante le quasi due ore di recitazione in musica, un momento di intimità, un istante in cui togliersi le maschere e scendere sotto la superficie di un monologo fatto al microfono del karaoke, per sbirciare da lontano la sensazione sincera dietro alle spassose battute. Raccontarsi senza filtri è di certo complicato: perfino la zia sente il bisogno di costruire il personaggio di sé stessa per sopravvivere al pranzo della domenica! Allo spettacolo del trio Colapesce-Cenci-Goretti sembra non ci sia nulla da aggiungere alla constatazione di partenza, né domande né risposte: stanno tutti male, punto e basta.

Giada Vailati

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Giada Vailati

Giada Vailati

Classe 1994, studia danza dall’età di nove anni, terminati gli studi classici frequenta l’accademia Dancehaus di Susanna Beltrami, diplomandosi in danza contemporanea e teatro. Nel 2018 viene selezionata per un master in danza contemporanea e somatic approach presso La Biennale…

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