Teatro dalla quarantena: Salvatore Tringali recita Una notte di giugno di Luigi Pirandello
Secondo appuntamento con le pillole di teatro, recitato da casa dai grandi attori. Questa volta vi presentiamo Una notte di giugno di Pirandello
Messaggi da reclusi per reclusi. Li trovate qui in video recitati per Artribune. Reclusi gli attori che recitano questi monologhi di pochi minuti: esattamente come reclusi siamo noi che li osserviamo davanti a schermi che variano da 6 a 16 pollici negli spazi dove viviamo compressi durante questa emergenza. E allora un tavolo da cucina che diventa l’assito di un teatro off-off Broadway per recitare in 2’17” un brano tratto daLaughing Wilddi Christopher Durang. Un limone e un bicchiere di vino rosso sullo sfondo di un muro assolato accompagnano i versi deI limoni Eugenio Montale. Una sedia rovesciata può trasformarsi nel girone dell’ Infernodescritto nel Canto XXIII della Commedia. Un quadro un po’ sfuocato alle spalle fa da quinta al racconto barocco di Lunaria di Vincenzo Consolo.
PIRANDELLO E TRIGALI
Nel nostro caso c’è invece una libreria da cui spunta una raccolta di Luigi Pirandello alle spalle di Salvatore Tringali, che recita per 2’58”Una notte di giugnodove il poeta racconta in versi la sua nascita, avvenuta in una contrada Girgenti (Agrigento) in quel momento funestata dal terribile colera del 1867. È ancora lì la casa di Pirandello in questa contrada che porta il nome di Caos: dal dialetto siciliano “cavùsu”a sua volta derivante dal grecoXàos. È questa stessa poesia che per volontà del poeta è incisa sulla lapide della sua tomba: i suoi versi attraversano dalla nascita alla morte l’intera vita di Pirandello.
“Una notte di giugno caddi come una lucciola
Sotto un gran pino solitario
In una campagna d’olivi saraceni
Affacciata agli orli d’un altipiano
A dirupo sul mare africano
Si sa le lucciole come sono
Il suo nero la notte
Pare lo faccia per esse
Che volano non si sa dove
Ora qua ora la
Aprono un momento
Languidi sprazzi verdi
Le lucciole qualcuna ogni tanto cade
E si vede si e no quel verde sospiro
Di luce in terra che pare
Perdutamente lontano
Perdutamente lontano
Dunque io caddi
Quella notte di giugno
Che tante altre lucciole gialle
Baluginavano su un colle
Dov’era una città
Che in quell’anno patia
Una grande moria
Un’ epidemia di colera
Per lo spavento che s’era preso
Mia madre mi metteva al mondo
Prima del tempo
In quella solitaria campagna
Chiamata caos
Io dunque sono figlio del caos
Da madre sono nato in questi luoghi
Che da secoli chiamano in dialetto
Caos! Caos! Caos!”
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