Il teatro è ancora in lockdown. Anna della Rosa recita l’Ifigenia di Euripide per Artribune
Nonostante il Paese si sta progressivamente avvicinando alla Fase 2 il mondo del teatro è ancora in lockdown. Continuano quindi le nostre pillole a distanza, questa volta con Anna della Rosa
Uno specchio colpito da una sassata intorno al quale ci si affanna per raccogliere frammenti senza sapere bene dove ricollocarli. Sebbene per molti Istituti culturali (musei gallerie e biblioteche…) si avvicina la data del 18 maggio dove ricominceranno ad essere sperimentate le modalità di riapertura, per il Teatro però l’orizzonte è ancora avvolto da nubi. Per questo intorno soprattutto all’utilizzo del digitale si è accesa una discussione come mai in precedenza. Dibattito che gira intorno a tre modelli alternativi. Il digitale come elemento sostitutivo obbligato, ma momentaneo; il digitale come elemento capace di affiancare e quando è il caso supportare, il live; il digitale come medium autonomo intorno a cui lavorare per inventare linguaggi digital first.
Si tratta ancora comunque di micro-produzioni di reclusi nelle proprie case o dentro a teatri vuoti per altrettanti spettatori impossibilitati ad accedere a una qualsivoglia sala. Nel video che vi presentiamo qui è Anna della Rosa a recitare davanti/dentro lo specchio del suo salotto un brano tratto da Ifigenia in Tauride. Un testo pensato per farne uso all’aperto che si trasforma in un recital intimo eppure sempre potente. Al Teatro Greco di Siracusa l’Inda aveva previsto per i mesi compresi da maggio a luglio – esattamente come accadeva dal 1914– almeno tre rappresentazioni. Quello che vi presentiamo qui è ciò che al momento è rimasto in piedi della tragedia di Euripide di fronte alla furia del virus.
“Ho fatto un sogno
la notte è venuta a portarmi strane visioni
e io ora voglio narrarle a questo cielo
forse mi darà consolazione
Nel sogno mi sono vista libera da questa terra
Lontana dalla Tauride
abitavo di nuovo ad Argo
e dormivo nella mia stanza di ragazza
ma la schiena della terra era sconvolta
dai sussulti di un terremoto
e allora scappavo fuori
e immobile vedevo crollare l’architrave della reggia
tutto il palazzo era in rovina
il tetto precipita al suolo dall’alto dei pilastri
ma solitaria nella mia visione restava in piedi una colonna
il suo un capitello era una cascata di capelli biondi
mi parlava
ed io fedele alla mia arte
l’arte di uccidere gli stranieri
lo cospargevo con l’acqua purificatrice
come per prepararlo alla morte
e piangevo
così interpreto il mio sogno
Oreste è morto
era lui che preparavo al rito
perché i pilastri di una casa sono i figli maschi
e muoiono tutti colori che io purifico con l’acqua
Ma ora io voglio compiere i riti funebri per mio fratello
Io… da lontano… per lui che è lontano”
-Aldo Premoli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati