I teatri nel Veneto ai tempi del Coronavirus
Teatri online, teatri sul web. Video call e video conferenze. Platee chiuse e allora il teatro – anche in Veneto – va sui social per rinsaldare la comunità degli spettatori con partecipazione e interazione. I cartelloni diventano finestre quotidiane che generano archivi o approfondenti. Forme di adattamento alle chiusure da COVID-19 che in Veneto si declinano in modalità diverse.
Chiuso il Camploy, la rassegna Altro Teatro di Verona è diventata un appuntamento due volte alla settimana su Facebook. Tutti i venerdì e i martedì mattina il direttore artistico Carlo Mangolini suggerisce letture, articoli, video di spettacoli mai andati in scena e podcast.
È “un modo per essere vicini ai veronesi e offrire occasioni per occupare questo tempo in maniera ‘virtuale’ ma anche virtuosa’” – spiega l’assessore alla Cultura di Verona Francesca Briani. “Piccoli suggerimenti tratti da come il mondo teatrale sta reagendo a questa fase delicata” ‒ aggiunge Mangolini. “Potranno essere anche registrazioni di spettacoli veri e propri o ancora dei podcast di trasmissioni radiofoniche. Un selezione mirata e ragionata per sollecitare curiosità e attenzione”.
VETTORE UTOPIA
Ha la forma del festival invece Vettore Utopia, una possibilità di parlare d’arte, uno spazio sorgivo, un archivio in divenire, un diario aperto. “Siamo partiti dalla voglia di utilizzare questi limiti per continuare a far circolare voci ed energie di un mondo, quello dell’arte, profondamente colpito dalle restrizioni della quarantena”, spiegano gli organizzatori, cioè la compagnia Città Sommerse Teatro, la Scuola FuoriNorma, il Teatro Astra – La Piccionaia, Canecapovolto, EXP Are We Human e OpenDDB.
Sei giorni (dal 21 al 26 aprile) e ogni giornata un tema diverso: corpo e assenza, fiaba e violenza, autentico e téchne, casa e sacro, dentro e fuori, attesa e ricordo). Due i momenti giornalieri, uno dedicato a contributi in forma di video e uno in forma di talk per parlare di arte e di teatro. Intenzione dei curatori è quella di creare una sorta di archivio che si arricchisce di volta in volta e sopravvive agli eventi. Oltre sessanta gli artisti coinvolti provenienti dal cinema, dalla fotografia, dalla musica oltre che dalla danza e dal teatro e la lirica. Nel cartellone i Motus stanno assieme a Cecilia Ligorio, a un fotografo come Enrico Fedrigoli e a una coreografa come Camilla Monga. “Per noi i talk”, spiega Tommaso Rossi di Are We Human, “sono uno spazio dove continuare a scambiarsi idee ed energie, sono la necessità di essere lì presenti, in quel giorno”. Ecco perché poi i video si dileguano dalla rete.
L’ORA D’ARIA
Decisamente eccentrica è invece L’ora d’aria – Laboratorio di cittadinanza teatrale online, progetto che nasce in collaborazione con il Teatro stabile del Veneto e ha avuto migliaia di iscritti in poche settimane. L’intento, spiega il creatore dell’iniziativa Mattia Berto “è quello di usare il teatro come pretesto, come motore per aggregare, per condividere, per mantenere viva una comunità che ama le arti dal vivo e che attraverso il teatro si nutre e crea famiglia”.
Nel panorama del teatro online L’ora d’aria ha nell’interattività e nella partecipazione una caratteristica sicuramente peculiare e caratterizzante. “Il teatro non si può fare in rete, è un’esperienza da vivere in presenza, è fatta di corpo, di respiri, di tatto, di odori, insomma ha bisogno di un incontro ravvicinato. Ma credo anche che in un momento come questo sia necessario continuare a sentire e a muovere emozioni”.
Scopo è principalmente quello di aggregare: “Se non si incontrano i corpi si incontrano le anime”, spiega Berto. In ogni giornata, oltre alla diretta delle 17, c’è il lancio di una call che prevede una partecipazione attiva dello spettatore, invitato a rispondere alla chiamata postando diversi materiali tematici autoprodotti: brevi testi, commenti, fotografie, video o disegni. Il pubblico de L’ora d’aria “non è solo un ascoltatore passivo ma ritrova quella magia del sentirsi parte di un processo. Nei miei laboratori di Teatro di cittadinanza, infatti, lavoro spesso sulle idee, sui gesti, sulle immagini che gli stessi partecipanti propongono, trasformando ogni contributo in materiale drammaturgico per la messa in scena. Anche in questa modalità online abbiamo trovato il modo di fare interagire ogni partecipante a partire da suggestioni teatrali date in diretta”.
La scelta dei contenuti organizzati nella puntata è guidata da un canovaccio pensato dalla docente Arianna Novaga. Su quel canovaccio Berto improvvisa la performance. “A un certo punto abbiamo deciso di inserire anche alcuni ospiti, invitati a collegarsi durante la diretta dalle loro abitazioni, che rispondono ad alcune domande legate al tema del giorno. Infine si lancia la sfida al pubblico e si risponde in tempo reale”. La stanza da cui Berto trasmette è una sorta di salotto. “Non sono io il protagonista, io sono il tramite. Il salotto è uno spazio condiviso, è platea e palcoscenico fusi insieme. Tutti nostri salotti sono in fondo i teatri delle nostre vite, cosi come mi piace sempre pensare al teatro come una casa, dove tutti sono invitati a entrare e a partecipare. Mi piace saltare questa soglia. Vorrei teatro e vita dappertutto”. Nel salotto sono passati da Shakespeare a Ionesco, da Beckett a Brecht, da Pirandello alla Duse, da Pina Bausch a Stanislawski. L’abitazione è diventata una cella quando si parlava di Jean Genet o una cucina per parlare di teatro come cibo per l’anima.
GLI OSPITI DI MATTIA BERTO
E “la mia camera è diventata un palcoscenico e ho invitato alcuni ospiti a condividere il mio letto attraverso un iPad appoggiato sul cuscino”. Il regista, la studiosa di teatro e un grafico (Roberto Piffer) hanno già coinvolto nel progetto attori come Francesco Wolf, Margherita Mannino, Alex Cendron, Stefano Scandaletti, Filippo Quezel, Selene Gandini, Maurizio Lombardi, Serra Ylmaz, Eleonora Fuser. Ma anche le cagliaritane Lucide di Lucido Sottile, le danzatrici Silvia Gribaudi e Laura Moro, il fotografo di teatro Guido Mencari, la poetessa Anna Toscano, l’artista Lucia Veronesi e il regista Giorgio Sangati. Cosa diventerà questo progetto alla riapertura dei teatri? “Mi piacerebbe che il progetto continuasse ancora nella sua dimensione online, ma vorrei che alla fine diventasse una grande performance che coinvolge tutti i partecipanti. Ho condiviso l’idea con lo Stabile perché mi piacerebbe davvero dare una forma teatrale a tutto questo materiale. Ho già in mente un ambizioso progetto di Teatro di cittadinanza che coinvolga i più di 1500 iscritti alla pagina Facebook per raccontare le tante sfaccettature e i punti di vista di questo incredibile e assurdo momento storico. Con Arianna Novaga stiamo già lavorando sui materiali anche per realizzare una pubblicazione”.
‒ Simone Azzoni
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