Al Festival Bolzano Danza rivive il Cigno. Intervista al direttore
Fino al 30 luglio è in scena il festival Bolzano Danza. Tanti i coreografi coinvolti, per una edizione che punta tutto sulla rilettura contemporanea dei grandi classici, dal Lago dei cigni a Giselle. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico Emanuele Masi.
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Reinventarsi è la parola che si addice al festival Bolzano Danza. L’ha fatto il direttore artistico Emanuele Masi lo scorso anno – in epoca di piena emergenza sanitaria per il Covid e con gli spettacoli dal vivo pressoché inesistenti per la chiusura dei teatri – ideando Eden, una formula che prevedeva assoli originali di diversi danzatori per un solo spettatore alla volta nel grande Teatro Comunale. Il progetto gli è valso il Premio Danza&Danza 2020 per l’originalità.
Oggi il festival, giunto alla 37esima edizione, ritorna dal 16 al 30 luglio alla tradizionale struttura, reinventandosi ancora una volta. E lo fa con un’edizione incentrata sulle riscritture dei classici. Con il titolo Swan, simbolo per antonomasia del balletto, in programma un variegato mosaico di reenactment di capolavori del repertorio ballettistico e musicale, partendo proprio da Il Lago dei cigni e da La morte del cigno, e poi Giselle, La Sagra della primavera, il Requiem mozartiano, affidati a coreografi di punta della scena internazionale ma anche a giovani leve italiane.
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The Dying Swans Live Experience, Andonis Foniadakis Anneleen Dedroog © JeanetteBak
Molti i nomi coinvolti nel progetto: da Radhouane El Medded a Olivier Dubois e Club Guy & Roni, a Kor’sia, Silvia Gribaudi, Chiara Bersani, Camilla Monga, oltre ai sedici coreografi messi in campo dalla Gauthier Dance per il ciclo live e video The Dying Swan Project ripensato per Bolzano Danza in due diverse declinazioni: la serata teatrale The Dying Swans Live Experience e il percorso urbano nel quartiere Don Bosco U-Game/Dying Swan. Il progetto Morte del cigno accoglie anche due novità con la Virtual Reality a firma di Silvia Gribaudi, una VR Experience al NOI Techpark di Bolzano e un workshop intergenerazionale.
Il progetto pensato da Emanuele Masi per questa edizione muove dall’idea di rimettere in azione l’essenza dell’iconico brano del Cigno attraverso le estetiche di oggi e la danza contemporanea, lasciando agli autori libertà nei confronti della durata (massimo 15 minuti) e della partitura musicale. Ne abbiamo parlato col direttore artistico.
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Swan Lakes, Shechter Swan Cake © Jeanette Bak
L’INTERVISTA A EMANUELE MASI
Com’è avvenuta la scelta degli spettacoli per il festival 2021, considerando l’anno difficile appena trascorso, con l’insicurezza di una reale ripresa e le coproduzioni che Bolzano Danza da sempre attiva?
Alla luce dell’andamento della pandemia e della campagna vaccinale, sono stato ottimista e presento un’edizione 2021 che torna a una dimensione “festivaliera” con numerosi spettacoli, grandi compagnie, progetti coproduttivi e nuove commissioni. Rispetto al passato la programmazione prevede però spazi e tempi più dilatati che permettano al pubblico un’esperienza rilassata e agli artisti di lasciare un segno marcato e non effimero della propria presenza.
C’è un filo rosso, o perlomeno un’idea di progettualità, che lega o accomuna gli spettacoli di questa edizione?
Assolutamente sì! Bolzano Danza conferma anche quest’anno le linee progettuali che lo contraddistinguono: dalla musica dal vivo allo sguardo attivo sulla città, dalla presenza della compagnia associata, la Gauthier Dance, ai progetti di comunità. Anticipando una delle sezioni che caratterizzerà la programmazione futura: i linguaggi digitali, intesi nel senso più inclusivo e partecipativo possibile.
Dal cartellone, uno degli elementi che emerge è la presenza del Cigno come “oggetto” di indagine, presente anche nel manifesto del festival. A cosa si deve questa attenzione?
Per questa ripartenza ho pensato che fosse necessaria una forte caratterizzazione, così ho scelto il Cigno come animale-guida del festival: non solo perché è il simbolo della danza per antonomasia, ma perché è anche archetipo che ci parla di bellezza, cambiamento, trasformazione. Presento quindi riscritture del Lago dei cigni, ma anche di Giselle, della Sagra della primavera e una serie di oltre venti creazioni ispirate alla Morte del Cigno. Così il festival diventa un divertissement che mira a incuriosire il pubblico, invogliandolo a scoprire come ogni artista si è dedicato al tema e, in definitiva, spingendolo a tornare a teatro.
– Giuseppe Distefano
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