L’artista Francesco De Grandi disegna i manifesti del Teatro Massimo di Palermo
Non un grafico, ma un artista contemporaneo, per firmare la comunicazione del Teatro Massimo. Non dei manifesti qualsiasi, ma delle opere pittoriche di pregio, per illustrare – come si faceva un tempo – i contenuti di una stagione di opere e balletti. Grande qualità, sempre, per lo storico ente teatrale palermitano…
Trent’anni fa si scriveva una delle pagine più nere della storia d’Italia del secondo Novecento. La Sicilia si faceva teatro di una guerra implacabile, in cui trovavano la morte i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, al margine di una serie di omicidi più o meno eccellenti, da quello del vicerè democristiano Salvo Lima alla pletora di esponenti di Cosa Nostra caduti nella guerra intestina per la conquista del potere. Un annus horribilis, il 1992, in cui la dialettica tra Stato e criminalità organizzata si declinò attraverso vie opache, controverse, nell’escalation di violenza e nel disperato tentativo di arrestarne la furia.
TEATRO MASSIMO DI PALERMO, UNA STAGIONE DI RINASCITA
Al trentennale di quelle stragi dedica la stagione 2022 lo storico Teatro Massimo, sontuosa architettura Liberty disegnata dai Basile, il più grande edificio lirico teatrale d’Italia, terzo in Europa dopo l’Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna.
Un luogo simbolo di Palermo, rimasto chiuso scandalosamente tra il 1974 e il 1997, annientato da una gestione culturale e da un’amministrazione cittadina che nel legame tra mafia e politica trovavano quotidiano concime. Il Teatro, nel tempo, “con la città ha vissuto mortificazioni e glorie, oblio e riscatto, miserie e splendori, emblema della città di Palermo”: sono parole di Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo e presidente della Fondazione Teatro Massimo, fiero di ricordare come “dopo il buio degli eccidi mafiosi, grazie alla reazione della società civile, il teatro ha ritrovato la sua luce, e allo stesso modo, dopo il buio causato dalla crisi pandemica, ha ritrovato il pubblico e un grande successo internazionale. Una stagione, dunque, dedicata alla capacità di reagire, di affrontare con determinazione le difficoltà più drammatiche. Il Massimo celebra come meglio sa fare, e cioè in musica, la sua rinascita e dunque quella dell’intera città“.
Primo spettacolo atteso per il 20 gennaio 2022, con la firma di una delle voci più autentiche, selvatiche, passionali, della drammaturgia siciliana contemporanea: Emma Dante mette in scena Les vêpres siciliennes di Giuseppe Verdi, per la prima volta a Palermo nella versione originale in francese in cinque atti, diretta da Omer Meir Wellber.
L’opera, che del Teatro palermitano coinvolgerà orchestra, coro e corpo di ballo, è coprodotta con il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Comunale di Bologna e il Teatro Real di Madrid. Quindi, fino a ottobre 2022, sfileranno sull’imponente palco del Teatro di Piazza Verdi opere intitolate al rapporto fra arte e politica, a storie di sommosse e rivendicazioni civiche, a vicende di orgoglio e ribellione popolare: dal debutto di Cenere (13 e 14 maggio), l’opera-inchiesta di Gery Palazzotto, su musiche di Marco Betta, Fabio Lannino e Diego Spitaleri, che conclude la trilogia sui misteri delle stragi di mafia, fino ad alcuni classici della lirica come il Simon Boccanegra e la Tosca.
DAL TEATRO ALLA PITTURA. CAMPAGNA D’ARTISTA PER IL MASSIMO DI PALERMO
A impreziosire quest’anno speciale c’è anche la campagna di comunicazione, affidata al talento visionario di Francesco De Grandi (Palermo, 1968), artista siciliano che occupa un posto di prim’ordine sulla scena della pittura contemporanea italiana: a lui e alla sua tavolozza drammatica – tra impasti di cieli acidi, paesaggi sontuosi, creature notturne, sublimazioni spirituali – va il compito di restituire la trama di storie, memorie, metafore e biografie che nel corso di un intero anno prenderanno vita dinanzi alla platea, facendosi musica, poesia, coreografia. Ogni suggestione che De Grandi avrà accostato a un titolo, a un libretto, a un racconto, sarà parte di un’unica “concept novel”, un nuovo capitolo del suo personale teatro pittorico: decine di raffinatissime tavole dal tratto morbido e inquieto, pezzi unici su carta destinati a rivivere in diversi formati sotto forma di stampe e illustrazioni.
Una scelta importante, da parte della direzione del Massimo, che con un’intelligente operazione culturale ha da un lato ridestato la tradizione dei mitici affiche d’artista – disegnati da giganti della pittura di fine Ottocento per teatri e locali notturni, subito prima che nascesse la grafica d’arte – e ha dall’altro confermato quella volontà di innestare sull’autorevolezza dei grandi classici moderni la forza della ricerca contemporanea. Allo stesso modo mescolando linguaggi, estetiche, orizzonti creativi.
“Un 2022 che sorge, i leoni del Civiletti con le loro muse guardiani del nostro amato Teatro si stagliano nella luce calda”, ha dichiarato De Grandi nella presentazione ufficiale del progetto. “Ho cercato di restituire l’energia di un teatro che si rialza fiero dopo un periodo devastante”, ha aggiunto, “un teatro che ha combattuto durante questo anno di chiusura e interdizione alla visione in presenza degli spettacoli, resistendo e rimanendo vicino ai suoi spettatori. Ed è ancora qui, sopra le macerie a guardare lontano, sullo sfondo di una nuova aurora”. E ad Artribune spiega un po’ più da vicino la natura dei lavori progettati: “Sono tecniche miste su carta, cercano di intercettare una singolarità dell’opera che rappresentano. Un personaggio, un’immagine lampante, una frase di un’aria, una parola che descrive una sottotraccia. Le immagini vengono poi digitalizzate e lavorate a collage digitale, per renderle adattabili a tutti i formati e gli usi, manifesti, locandine, ecc”. E infine, “Le scritte che guizzano”, dice, “sono di #ditosinistro”. Il riferimento è al suo piccolo progetto irriverente, ironico, totalmente digitale, fatto di schizzi rapidi e di parole come saette, gettati in rete come graffi a margine della cronaca quotidiana.
Così, il Sovrintendente del Teatro Massimo Francesco Giambrone – che in questi anni ha svolto un lavoro di alto profilo, tra rigore, ingegno e dedizione – parla della “volontà di elaborare una narrazione culturale capace di sguardi molteplici di alto livello artistico”, con tutta l’intenzione di “valorizzare le forze interne del Teatro, preservando il livello occupazionale e mantenendo gli impegni assunti con gli artisti che hanno subito la cancellazione delle produzioni nel periodo della chiusura e dell’emergenza sanitaria”. Intorno al concetto di “rinascita”, quasi a due anni dall’esplosione della pandemia, questo luogo importante intona il suo canto di resistenza e scrive un altro pezzo della sua storia, affondando le radici nella tradizione e non smettendo di coltivare il pensiero critico, la sperimentazione, lo sguardo sul presente.
– Helga Marsala
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