La danza va in mostra a Bruxelles con Aterballetto
Danzatori, coreografi e curatori per un’esposizione di danza che sposta i confini tra performance e installazione, mettendo al centro il corpo dell’interprete. È successo alle Halles de Schaerbeek di Bruxelles
Il 9, 10, e 11 dicembre alle Halles de Schaerbeek di Bruxelles è andata in scena una delle tappe di MicroDanze, Dialoghi tra danza e arte contemporanea, della Compagnia Nazionale della Danza/Aterballetto. Un progetto estremamente innovativo e ambizioso, ideato da Gigi Cristoforetti in coproduzione con la Fondazione Palazzo Magnani e in partnership con les Halles de Schaerbeek di Bruxelles e la Greek National Opera di Atene.
MICRODANZE IN MOSTRA A BRUXELLES
Quindici interpreti si esibiscono in dodici MicroDanze concepite da alcuni dei coreografi più importanti della scena internazionale, dal leggendario Angelin Prejlocaj a Diego Torelli, passando per Norge Cedeño Raffo, Philippe Kratz fino a Francesca Lattuada.
Le performance sono molto variegate sotto il profilo del linguaggio formale ed estetico e hanno come trait d’union uno spazio scenico estremamente ridotto e una durata di circa 7-8 minuti. Ne risulta un dialogo interessante tra artisti provenienti da orizzonti diversi, in un gioco di echi e di scambi tra corpo vivente e universi disciplinari variegati comprendenti oggetti, suoni e rappresentazioni. Coreografie non frontali e non rigide, dunque, ma permeabili al contesto spaziale, capaci di generare un senso di profonda intimità tra danzatore e spettatore. Ciascun pezzo è, inoltre, inserito all’interno di una scansione spaziale e temporale che sfocia in un percorso allestitivo sempre diverso in base al variare del luogo di rappresentazione. Il visitatore-spettatore procede dunque come se stesse attraversando le sale di un museo, anche se immerso nel buio degli ampi spazi della Halles, lasciandosi trasportare dalla successione di scene che si aprono a sorpresa come in un gioco di scatole cinesi. Si sfugge, quindi, alla dinamica di palcoscenico e si genera un continuum tra chi guarda e chi è guardato, sollecitando un’esperienza sensoriale ed estetica dal forte impatto emotivo. Come per una scultura in movimento, si possono osservare le coreografie da tutte le angolazioni, spostandosi liberamente e scegliendo il proprio punto di osservazione, adattando lo spettacolo alla propria prospettiva di visione. In alcune performance l’ombra degli interpreti si proietta oltre il perimetro della scena, risucchiando lo spettatore dentro la coreografia con la sensazione di poter toccare il corpo danzante assorbendone l’energia e il respiro. È impossibile non lasciarsi coinvolgere in un meccanismo di proiezioni, in cui si riattivano particolari stati d’animo attraverso l’immaginazione e i ricordi.
DANZA E TECNOLOGIA
Una vicinanza ancora più estrema con il corpo in movimento scaturisce dalla seconda dimensione delle MicroDanze, quella immersiva. Ci si addentra fin dentro la coreografia, grazie alla tecnologia della cinematic VR che ha ripreso a 360° quattro MicroDanze.
Un apposito visore consente una sorta di zoom sul gesto danzato e sull’interprete e, lasciata cadere ogni sorta di pregiudizio e di resistenza legata a questo tipo di fruizione, si può godere dell’emozione di essere guardati dritti negli occhi, sentendosi quasi sfiorare dal danzatore che si muove intorno a noi.
Lo strumento tecnologico ha, dunque, aperto un ulteriore percorso di riflessione e di ricerca nell’ideazione di una coreografia adattata per accogliere la telecamera a 360° in scena, con un punto di osservazione che nel video diviene quello di chi guarda. La realtà virtuale rappresenta, quindi, un’ulteriore possibilità espressiva del gesto corporeo, portando nuova linfa nel panorama dello spettacolo dal vivo.
DA REGGIO EMILIA A BRUXELLES NEL SEGNO DELLA DANZA
La storia delle MicroDanze nasce da un invito di Palazzo Magnani di Reggio Emilia di arricchire un’esposizione dedicata alle rappresentazioni della danza nell’arte sviluppandosi attorno all’esplorazione di differenti modalità di fruizione della performance danzata. La curatrice Marina Dacci ha quindi creato, per la prima fase di questo percorso, un dialogo tra opere di artisti visivi contemporanei e coreografie. Nei prossimi mesi, invece, il progetto esplorerà anche le potenzialità della danza come arte pubblica, innestata in un paesaggio urbano. Quest’iniziativa coinvolgerà le città di Reggio Emilia, Atene e Bruxelles e alcune delle coreografie saranno al centro di un processo di reenactment, ovvero una trasposizione delle versioni originali per giovani danzatori locali e spazi pubblici finalizzata alla realizzazione di una versione urbana.
‒ Arianna Piccolo
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