A Milano il festival teatrale dedicato a Giorgio Strehler
Fino al 31 maggio una nuova rassegna porta a Milano quei protagonisti della scena teatrale italiana e internazionale che meglio hanno saputo rispecchiare la complessità del reale, proseguendo e rinnovando la paradigmatica lezione di Giorgio Strehler
Rappresenta un’ambiziosa e tuttavia necessaria apertura alla contemporaneità l’evento di punta delle celebrazioni organizzate dal Piccolo Teatro di Milano per il centenario del suo fondatore Giorgio Strehler, iniziate lo scorso 14 agosto e destinate a chiudersi nello stesso giorno di quest’anno. Si tratta di un festival internazionale che già nel suo titolo sintetizza ispirazioni e auspici: Presente indicativo: per Giorgio Strehler (paesaggi teatrali), fortemente voluto e amorevolmente curato da Claudio Longhi, dal 1° novembre 2020 direttore del teatro milanese.
Da una parte, la lezione di Strehler che, all’alba di quella seconda metà del Novecento desiderosa di risollevarsi dalle macerie della guerra e, nondimeno, consapevole che quelle stesse macerie non potevano essere sotterrate e dimenticate, seppe – insieme a Paolo Grassi – inventarsi un teatro pubblico e “popolare” ma non di puro e superficiale intrattenimento. Un teatro che offrisse agli spettatori uno specchio fedele e critico della loro realtà – sociale, politica, culturale… Dall’altra, la scelta di occuparsi del “presente”, opzione tutt’altro che banale, ché passato e futuro si prestano a manipolazioni e, in generale, richiedono minore assunzione di responsabilità. E, quale convergenza di queste due prospettive, il tratteggio di “paesaggi teatrali”, ovvero di un “atlante teatrale” che permetta di comprendere come la scena internazionale disegna e interpreta lo stato attuale del nostro continente, della nostra anziana Europa indebolita dalla pandemia e frastornata dalla guerra.
UN ATLANTE TEATRALE DELL’EUROPA
Venticinque spettacoli – di cui diciassette prime nazionali –, un convegno internazionale ‒ Mente teatrale: autorialità, creazione e oltre, organizzato da EASTAP (European Association for the Study and Performance) – e una performance urbana fruibile individualmente – Città sola, ideata da lacasadargilla. Ventidue le artiste e gli artisti invitati, italiani ma, poiché i “paesaggi” che si mira a tracciare vogliono essere il più possibile dettagliati, ecco la presenza di francesi, belgi, portoghesi, greci, svedesi, irlandesi, polacchi ma anche uruguayani, argentini, brasiliani, iraniani, capoverdiani e burkinabé. Il cartellone sembra restituire così – afferma Claudio Longhi ‒ “un atlante, parziale e originale, della profuga Europa, con il suo carico di splendori e miserie, di contraddizioni e utopie, di slanci e ripiegamenti: un ‘Vecchio Continente’ visto anche attraverso gli occhi di chi Europa non è, nella duplice consapevolezza che l’Europa si nutre e si sedimenta in una serie di ‘altrove’ e che talvolta, allontanandosi dal proprio fuoco prospettico e osservandolo da altre ottiche, si comprende meglio quali ne siano le specificità o quale tipo di futuro ci si stia prospettando davanti”.
I PROTAGONISTI DEL FESTIVAL DEDICATO A STREHLER
E, se gli autori e le autrici italiane invitati al festival sono sicuramente fra i più interessanti della scena nazionale – Mimmo Cuticchio con Virgilio Sieni, Marco D’Agostin, Federica Rosellini, Davide Enia –, le presenze internazionali brillano per originalità e, in alcuni casi, anche per scarsità o assenza di frequentazione dei palcoscenici del nostro Paese. Artisti e artiste che, spesso, possiedono un’anima divisa fra due continenti: è il caso della coreografa argentina Costanza Macras, da anni residente a Berlino, cui è affidata l’apertura del festival con il suo The Future; ma pure di Serge Aimé Coulibaly, coreografo nato in Burkina Faso ma trapiantato in Belgio e che proporrà a Milano (14-15 maggio) Wakatt, una “suggestiva riflessione sulle dinamiche della paura e della manipolazione”. Dallo stesso Paese sub-sahariano proviene anche Aristide Tarnagda che, in Façons d’aimer (11-12 maggio), racconta la “sua” Africa attraverso la vicenda di una donna in lotta contro l’oppressione. E di donne e di denuncia di subdole forme di controllo tratta pure Is, lo spettacolo della giovanissima regista iraniana Parnia Shams cui è affidata la chiusura del festival (30-31 maggio). Rassegna che, nelle settimane precedenti, ospiterà anche due innovativi collettivi teatrali – i belgi FC Bergman e gli irlandesi Dead Center –, lo svedese Marcus Lindeen, con ben due performance, e la polacca Marta Górnica; gli oramai affermati Pascal Rambert e Tiago Rodrigues; il Leone d’oro alla carriera per la Biennale di Venezia 2022, regista teatrale e cinematografica, nata a Rio de Janeiro nel 1968, Christiane Jatahy, e gli argentini Mariano Pensotti e Lisandro Rodríguez. E, ancora, dalla fertile Grecia, il maestro 75enne Theodoros Terzopoulos, che offrirà in prima nazionale Nora (21-22 maggio) e Io (23-25 maggio), spettacolo, quest’ultimo, che è anche omaggio a Jannis Kounellis, di cui introduce un’opera, gentilmente concessa dalla Galleria Fumagalli, nell’impianto drammaturgico.
‒ Laura Bevione
https://www.piccoloteatro.org/it/
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