Arsura. Il nuovo spettacolo teatrale di gruppo nanou
Andato in scena a Latina, nell’ambito del festival Tendance, il nuovo spettacolo di gruppo nanou approfondisce ed espande la ricerca dei suoi creatori su corpo, luce e suono
Definire Arsura un “solo coreografico”, così come fa lo stesso gruppo nanou nella presentazione dello spettacolo, ci sembra uno spericolato esercizio di immaginazione. Visto in prima nazionale a Tendance, coraggioso festival che da dodici anni porta la danza contemporanea a Latina e in alcuni paesi della sua provincia spesso culturalmente asfittica, tutto ci comunica fuorché l’impressione di trovarci di fronte a una scena abitata da un unico corpo. Mai come in questo caso abbiamo percepito quanto la scrittura coreografica del gruppo nanou sia, in realtà, un meccanismo complesso, capace di addensare anche la materia della luce e del suono a tal punto da renderla visibilmente corporea. Quello che emerge è un gioco di flussi generati dalla compresenza di un corpo-figura, un corpo-luce e un corpo-suono.
L’enigmatica figura incarnata da Rhuena Bracci, co-fondatrice della compagnia insieme a Marco Valerio Amico, si era già manifestata in Canto primo. Miasma | Arsura, forma ibrida di spettacolo/concerto che dal 2021 vede il gruppo nanou condividere la scena con la band OvO. Questa figura è costantemente percorsa da un processo di de-individualizzazione. L’abito rosso la priva di tratti somatici evidenti, mentre il velo che le copre il viso rende impossibile intercettarne lo sguardo. “Il volto è l’anima del corpo”, scriveva Ludwig Wittgenstein in uno degli appunti raccolti nei Pensieri diversi. La preclusione del volto rende allora questa figura puro segno corporeo. L’unica storia da cui proviene e di cui si fa carico è il movimento. In questo ricorda certe figure del vecchio bestiario, struggente e feroce, del gruppo nanou, in particolare quella che appariva in Sulla conoscenza irrazionale dell’oggetto. (Tracce verso il nulla). Tuttavia quei fragilissimi frammenti di narrazione che allora affioravano, legati a un erotismo primordiale, qui sono definitivamente schiantati in nome di un puro spendersi nella dialettica fra appropriazione e fuga da uno spazio irrorato di luce.
LUCE E CORPO NELLO SPETTACOLO DI GRUPPO NANOU
Ed è proprio la luce, che si attesta quasi sempre sul registro cromatico del rosso, a divenire un potente motore drammaturgico. Curata da Marco Valerio Amico, la drammaturgia luminosa diviene dispositivo costruttivo del tempo e dello spazio, producendo su di essi un effetto di curvatura. Ciò accade perché, oltre a definire la “temperatura” dello spettacolo, offre a spazio e tempo una possibilità di riconfigurazione attraverso processi di addensamento e rarefazione. Così, solo per fare un esempio, grazie all’effetto-luce del tremor ciò che percepiamo non è una sorta di slow motion quanto una vera e propria scomposizione del tempo. Sullo spazio la luce interviene in maniera altrettanto decisiva, generando la sensazione di un infittirsi e dissolversi di materia. Basti qui evocare la sequenza in cui il rosso della luce si posa sulla lunga pista di tessuto rosso, unico decor in scena: il risultato non è solo un colore più intenso, ma l’impressione di un coagularsi di materia. In virtù delle fluttuazioni cromatiche, lo spazio, allora, si definisce come densità pura in cui e contro cui il corpo-figura agisce. La luce, quindi, oltre a conferire una dimensione materica alla scena, è essa stessa materia tangibile e plasmabile, vale a dire corpo-luce.
IL SUONO NELL’OPERA DI GRUPPO NANOU
Anche la drammaturgia sonora si configura con una prepotente vocazione materica. Voci ora in primissimo piano sonoro ora che sembrano provenire da lontano, pointinismo glitch, suoni prelevati da Ryoji Ikeda quanto da James Blake denotano un allargamento di campo rispetto al suono di matrice elettroacustica che aveva caratterizzato i precedenti spettacoli, mostrando la tensione verso una rinnovata ricerca linguistica. Così concepito, il suono – o meglio, il corpo-suono – accerchia il corpo-figura e il corpo-luce o con loro interferisce.
Lo spettacolo mette in tensione questi elementi secondo una drammaturgia sotterraneamente scandita da passaggi in cui si verificano momenti di collisione fra di essi e altri in cui, come delle crepe, si aprono sottili o pronunciate sfasature in cui germina la possibilità di rinegoziare il rapporto che fra loro intercorre.
Arsura mette quindi a sistema sia la prosecuzione di un percorso di ricerca – quello da sempre portato avanti sul corpo e i suoi linguaggi e quello sulla luce e il colore, iniziato nel 2017 col progetto Il colore si fa spazio – sia una rinnovata interrogazione rivolta al codice della scrittura coreografica che si concretizza, con la consueta austerità stilistica del gruppo nanou, nella creazione di un lucido meccanismo in cui corpo, luce, suono e la loro interazione disegnano e rilanciano in continuazione ipotesi di senso.
‒ Mauro Petruzziello
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