Parte il Romaeuropa Festival 2022. Intervista a Fabrizio Grifasi
Conto alla rovescia per la nuova edizione del festival che per due mesi porterà a Roma il meglio delle arti performative contemporanee. Ne abbiamo parlato con gli organizzatori
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Prende il via l’8 settembre il festival Romaeuropa, che come tutti gli anni ci accompagnerà per più di due mesi con spettacoli, performance, concerti e incontri per pubblici che vanno dalle più giovani età (la sezione “kids”, curata da Stefania Lo Giudice) ai giovani adulti, fino al pubblico abituale, che riempirà le 18 sale teatrali di Roma in cui il festival andrà in scena.
Per addentrarci nella proposta di questa 37esima edizione abbiamo dialogato con Fabrizio Grifasi, direttore artistico, Maura Teofili, Matteo Antonaci e Giulia Di Giovanni, che curano alcune delle sezioni del festival, dedicate alla scena teatrale e musicale emergente italiana. Da non perdere anche Digitalive, rassegna che si apre alle diverse forme di “live digital performance”, a cura di Federica Patti e, come da tradizione, Dancing Days, dedicata alla giovane danza internazionale, a cura di Francesca Manica.
Con il suo impegno decennale, in un tempo così fragile, sia ancora dal punto di vista sanitario sia storico-politico, Romaeuropa vuole riaffermare “il suo sostegno alla creazione artistica contemporanea che non conosce frontiere geografiche e temporali, che accetta il confronto e la libertà, che rifiuta violenza e sopraffazione ed è al fianco delle sensibilità più fragili, riconoscendo il valore delle differenze e della diversità, portando il suo sguardo critico e costruttivo sulla storia”. Un impegno che si traduce anche nel progetto Ossigeno per la piantumazione e compensazione delle emissioni di CO2 prodotte dai viaggi delle compagnie e nella nuova partnership con l’Agenzia dei Rifugiati delle Nazioni Unite UNHCR.
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Orlyn, Moving into dance We wear our wheels WOW. Photo © Jérôme Séron
INTERVISTA A FABRIZIO GRIFASI DI ROMAEUROPA
L’ICOM ha appena redatto una nuova definizione per i musei, non solo luoghi di conservazione e ricerca ma anche spazi accessibili, inclusivi e volti alla sostenibilità. Se dovessi dare oggi la definizione di cosa debba essere un festival di arti performative, come lo definiresti?
Uno spazio di libertà e di esplorazione nel quale possano dialogare estetiche e progettualità differenti, che sia al servizio degli artisti e del pubblico, aperto al confronto, non dogmatico sulle questioni sensibili del nostro tempo e in cui conciliare il ritrovarsi festivo e ludico con la necessità di discutere e comprendere le trasformazioni delle nostre società.
In 37 anni hai visto Romaeuropa cambiare ed evolversi, fino ad assumere la forma che ha oggi: un festival multiforme, capace di spaziare tra i diversi linguaggi, fino ai più recenti, e di dar conto di geografie e generazioni diverse, nell’arco di oltre due mesi di programmazione. Un fil rouge però tiene insieme questa materia divergente e sono gli artisti, che anno dopo anno tornano al festival, come in un appuntamento fisso. Ce ne parli?
Tra fedeltà e cambiamento si costruisce l’equilibrio del programma del REF. Fedeltà ad alcuni artisti di cui nel corso degli anni abbiamo accompagnato il percorso e la ricerca, costruendo attorno a loro un pubblico attento e consapevole. Cambiamento che attraversa ogni edizione del festival, dove molto più della metà delle sue ottanta diverse proposte sono artiste e artisti che presentiamo per la prima volta, per poi scegliere chi continueremo a seguire e sostenere anche attraverso un impegno produttivo con i nostri partner internazionali e italiani. Non solo i protagonisti delle sezioni Dancing Days, Anni Luce, Digitalive, Kids & Family e Line Up! che, ciascuna con la propria curatrice, indagano la scena contemporanea, ma anche artiste e artisti come Radouan Mriziga, Benjamin Abel Meirhaeghe con Jesse Kanda, Maud Le Pladec, la compagnia messicana Lagartijas Tiradas al Sol, Rabin Mroué e giovani nomi della scena internazionale come Caroline Guiela Nguyen, Alexander Zeldin, Martina Badiluzzi, Paola De Mitri, che il pubblico ha scoperto nelle più recenti edizioni del festival e che continuiamo ad accompagnare.
In che modo i nuovi nomi e le nuove proposte si inseriscono in questo mosaico?
Ne costituiscono l’ossatura creativa e di ricerca che risponde alla nostra intenzione di essere luogo di accoglienza e palcoscenico del cambiamento, termometro delle energie febbrili e delle istanze creative in atto, spazio multiplo e multipolare e insieme ponte tra mondi differenti, insomma specchio di questo tempo in costante, pericoloso e prezioso mutamento.
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LineUp! Joan Thiele
GIOVANI PROTAGONISTI AL ROMAEUROPA FESTIVAL 2022
Il REF non dà solo voce ai giovani artisti ma anche a specifiche figure curatoriali, alcune delle quali sono cresciute all’interno del festival. Una domanda per Maura Teofili (Anni Luce): in che modo il vostro lavoro con Carrozzerie | n.o.t incontra quello con un festival come Romaeuropa. Quale dialettica si crea?
Credo che l’attività curatoriale a cui sono chiamata all’interno di Romaeuropa e quella che si esprime in Carrozzerie | n.o.t, spazio indipendente a cui ho dato vita ormai da un decennio assieme a Francesco Montagna, pur condividendo un’attenzione alla scena emergente italiana, rispondano a criteri e specificità sostanzialmente differenti.
La rassegna Anni Luce è stata sin da subito immaginata dal REF in stretta connessione con i ragionamenti e le dinamiche che motivano il festival e in questo senso l’impegno rimane quello di individuare e realizzare per REF una proposta riconoscibile che coniughi visioni, istanze e tematiche della manifestazione con l’esplorazione delle nuove generazioni teatrali.
Direi che, al momento, la più concreta intersezione fra le linee del festival e quella di Carrozzerie | n.o.t si delinei nel progetto Powered By Ref, ideato da Carrozzerie | n.o.t assieme a 369gradi e sostenuto con sempre maggiore attenzione da Romaeuropa. Attualmente Powered è alla sua terza edizione e coinvolge una estesa rete di partner territoriali che credono e investono nell’individuazione e affiancamento di progettualità artistiche Under30 (Periferie Artistiche, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Atcl per Spazio Rossellini, Crampi). In questo progetto il festival accetta di aprirsi a connessioni possibili con novità sceniche, artiste e artisti estremamente giovani sia per età anagrafica che per esperienza, a cui non è richiesto alcun tipo di formalizzazione, ma solo uno slancio.
Una promessa che non calendarizza risposte. Una scommessa purissima.
In questo senso il progetto è libero, facilmente accessibile, genuinamente rischioso e più marcatamente affine allo sguardo di ricerca e curiosità di Carrozzerie | n.o.t, avvicinandosi ad alcuni principi che muovono la sua azione culturale indipendente.
A Giulia Di Giovanni e Matteo Antonaci (Line Up!) chiedo quali sono le sonorità e i mood della giovane musica italiana e cosa ci dicono di oggi rispetto a ieri?
L’intento di Line Up! è quello di fotografare i mutamenti nella scena musicale pop, intercettando artiste emergenti ma che con la loro musica sono riuscite già a imporsi all’attenzione del più giovane pubblico. Questa fotografia porta con sé i temi, le dinamiche e le rivendicazioni che anche la cultura pop ha fatto propri: narrazioni di nuove identità con uno sguardo sempre rivolto alla parità di genere e all’inclusività. Il programma di questa seconda edizione della rassegna, ancora interamente al femminile, indaga contaminazioni culturali e stilistiche: la trap contaminata da sonorità arabe di LaHasna, l’elettronica dell’italo-persiana Nava, il jazz in salsa r’n’b dell’italo-turca LNDFK, il pop elegante dell’italo-colombiana Joan Thiele e infine la disco attraversata dalle sonorità del mondo dell’eclettica Elasi. Fa parte di questo percorso anche il progetto Eclissi Talk dell’attore e attivista Pietro Turano nato dall’omonimo podcast dedicato al tema dell’autodeterminazione e diventato subito un piccolo cult.
Quella separazione netta tra generi, tra indipendenza e mercato che ha caratterizzato i rapporti tra mainstream e nicchie sembra ormai appartenere a un’altra epoca e se da un lato il rischio è quello di una maggiore omologazione, dall’altro si aprono opportunità espressive più ampie, più fluide, in cui, senza paura di far incontrare sperimentazione e fruibilità, si confondono generi e culture e si plasmano nuove identità.
‒ Chiara Pirri
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