Fare i conti col passato nello spettacolo teatrale di Marta Ciappina e Marco D’Agostin

Ci vuole coraggio per guardare al proprio passato. La danzatrice/performer Marta Ciappina ha chiesto aiuto all’amico e coreografo Marco D’Agostin per mettere in scena uno spettacolo che si intrufola nella memoria del pubblico

L’omonimo romanzo Gli anni del recente premio Nobel per la letteratura Annie Ernaux, è lo spunto per la creazione di un lavoro che, come avviene nelle opere della scrittrice francese, mira a ricostruire un passato di cui apparentemente si conservano soltanto frammenti, potenti, certo, ma disorganici. Quella che avviene sul palcoscenico è, dunque, la riedificazione di un racconto autobiografico realizzata, similmente al “metodo” codificato dalla stessa Ernaux, guardandosi dall’esterno, da una prospettiva rigorosamente straniante eppure intrinsecamente empatica. Una narrazione condotta per mezzo del gesto coreografico, ibridato con la recitazione e con il coinvolgimento non compiacente del pubblico – un numero ridotto e a poca distanza dalla performer.

Gli anni, D'Agostin e Ciappina. Photo Michelle Davis

Gli anni, D’Agostin e Ciappina. Photo Michelle Davis

LO SPETTACOLO DI MARTA CIAPPINA

All’inizio dello spettacolo Marta Ciappina – pantaloni scuri di taglio classico, camicetta candida, uno zainetto Invicta sulle spalle – si presenta al pubblico e comincia a sciorinare una filastrocca il cui senso capiremo soltanto alla fine. Si tratta del primo di un’eterogenea serie di indizi – un telefono giallo e la statua di un cane, un paio di cuffie e innumerevoli tesserine bianche con incisa sopra una lettera – progressivamente segnalati da quei cartellini di cui sono disseminate le oramai familiari “scene del delitto”. Cartellini numerati che consentono alla danzatrice di visualizzare anche la cronologia della propria esperienza artistica: i lavori con Alessandro Sciarroni e Chiara Bersani, Bermudas con Michele Di Stefano… Un passato recente che segna una decisa progressione in un percorso di rinascita, di ri-allenamento alla vita dopo un trauma forse impossibile da assorbire completamente.
La performer dissemina sul palco altrimenti spoglio indizi – concreti e metaforici, evidenti e allusivi – che sono altrettanti punti da collegare in una rappresentazione grafica, irregolare e fluida, degli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. I filmini familiari in bianco e nero raccontano di una serena esistenza borghese – le vacanze al mare e il pranzo di Natale – spezzata per sempre dalla comparsa di una pistola e da quella battuta pronunciata quasi incidentalmente, “il mio papà…”.
Gli anni non vuole essere una sorta di Cluedo teatrale, bensì richiede agli spettatori di essere qualcosa di più “compromettente” di un investigatore da poltrona: non importa tanto conoscere i dettagli della vicenda, anche processuale, che coinvolse la famiglia Ciappina, quanto permettere alla protagonista di coinvolgerci nel proprio accidentato eppure salvifico itinerario nella memoria.
Un coinvolgimento esplicitamente richiesto dalla danzatrice, spesso vicinissima al pubblico, occhi negli occhi: richieste d’aiuto tacite ovvero sonore, ironiche e materiali – come il titolo di una canzone che Marco D’Agostin, autore e complice, si premura di trovare celermente.

Gli anni, D'Agostin e Ciappina. Photo Michelle Davis

Gli anni, D’Agostin e Ciappina. Photo Michelle Davis

COREOGRAFIA E PENSIERO NELLO SPETTACOLO DI CIAPPINA

Un susseguirsi accelerato di canzoni più o meno pop, il cui ritmo è dettato dalla stessa protagonista, accompagna uno dei momenti più emotivamente pregni di uno spettacolo che, pur percorso da matura autoironia, fa registrare un alto tasso di emotività, viscerale e allo stesso tempo cerebrale. Il corpo di Marta Ciappina, danzatrice di rara e precisa eleganza, diviene fisica e strutturata evidenza di un viaggio, strenuo e dolente ma necessario, nella memoria – la perdita violenta del padre, ma anche gli amori adolescenziali e la carriera artistica – compiuto con un apparente distacco costantemente crepato dall’urgenza della vita – a un tratto la performer si rivolge direttamente a D’Agostin, conscia della pericolosità della zona in cui sta per inoltrarsi – la ricostruzione, pur parziale, dell’assassinio del genitore.
Gli anni si costruisce così, lentamente ma ineluttabilmente, quale spettacolo sull’esigenza di illuminare i tanti orridi che costellano l’accidentato percorso della nostra memoria e che non è possibile circumnavigare all’infinito. Una consapevolezza dolorosamente ma pienamente raggiunta da Marta Ciappina, presenza potente e magnetica, qualità che la collaborazione con Marco D’Agostin, anima elettivamente affine, ha felicemente esaltato.

Laura Bevione

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

Scopri di più