Il Frankenstein di Mary Shelley di OHT a teatro parla del mondo di oggi
Andato in scena al Teatro Astra di Torino, lo spettacolo “Frankenstein” del collettivo OHT attinge dal testo originale di Mary Shelley per parlare di cambiamenti climatici e delle mostruosità dell’uomo contemporaneo
Scritta nel 1816 da una Mary Shelley appena diciannovenne, la tragica storia del dottor Victor Frankenstein e della creatura da lui assemblata è presto entrata nell’immaginario collettivo divenendo non solo un caposaldo della letteratura gotica ma soprattutto una inesauribile fonte di ispirazione per sterminati artisti nei due secoli a venire. Dalle svariate rivisitazioni cinematografiche – grazie a registi come James Whale, Mel Brooks, Kenneth Branagh, Tim Burton o Bernard Rose – passando per il mondo del fumetto, la musica di band come i Cramps, e l’arte contemporanea (si pensi ad esempio ai lavori di Jordan Wolfson o di Alex Da Corte), l’estetica del romanzo di Shelley continua ancora oggi a esercitare tutto il suo straordinario potere immaginifico. A rendere un’opera simile tutt’ora così viva non è soltanto la descrizione di atmosfere conturbanti ma anche il lungimirante sguardo dell’autrice sulla condizione umana. Conscio dell’eterna attualità del Frankenstein o moderno Prometeo, il fondatore del gruppo di teatro sperimentale OHT (acronimo di Office for a Human Theatre), Filippo Andreatta, ha ben pensato di attingere dal testo originale della scrittrice britannica per offrire nuove chiavi di lettura che toccano da vicino sia noi stessi sia il nostro tempo.
LO SPETTACOLO “FRANKENSTEIN” DI OHT
Presentato in anteprima al Teatro Astra di Torino, lo spettacolo si è mostrato sin da subito lontano dalla volontà di stabilire parametri spaziotemporali che potessero dare al pubblico interpretazioni univoche e lineari. Pensata infatti come una sorta di cerchio (più avanti vedremo che la concezione di un tempo circolare non è l’unico riferimento all’antica Grecia), la pièce teatrale è partita ancora prima che gli spettatori prendessero posto, creando di fatto un certo senso di sospensione che rimarrà ben palpabile per tutta la durata del dramma. Con l’immagine di una donna intenta a spaccare della legna da ardere sotto una pioggia scrosciante si è stati così introdotti all’interno di un palco/laboratorio dall’estetica industrial-cyberpunk sul quale le due incredibili interpreti – Stina Fors e Silvia Costa, rispettivamente nel ruolo di Frankenstein e del “mostro” – si sono mosse insieme a tutta una serie di strutture meccanicizzate, tubi e sistemi idrici che hanno letteralmente sopraffatto il pubblico tra fumi di nebbia, luci caldissime e rumori impetuosi. Fil rouge dell’intera messa in scena l’indole creatrice e al contempo disintegrante dell’essere umano, capace di rendere quest’ultimo un’entità tanto sublime quanto aberrante: una dicotomia inestricabile che viene resa esplicita anche dal confondersi incessante dei ruoli delle due attrici.
FRANKENSTEIN DA SHELLEY A OHT
Parallelamente alla narrazione principale incentrata sull’intima sofferenza della creatura, il Frankenstein di OHT punta l’attenzione anche su un eccezionale fenomeno atmosferico che nel 1815 ha interessato il vulcano Tambora, in Indonesia: un’eruzione potentissima, sentita a più di 2500 km di distanza, che oltre ad aver sparso nell’atmosfera enormi quantitativi di polveri, ha abbassato la cima del monte di ben 1449 metri e provocato un’anomalia climatica denominata “l’anno senza estate”. Questa sottotrama così particolare funge non solo da punto di contatto con la potenza del fuoco – elemento centrale di tutto lo spettacolo in quanto rimando al mito greco di quel Prometeo che ha originariamente ispirato la stessa Shelley –, ma anche da monito sulle attuali responsabilità che noi stessi abbiamo nella preservazione della natura che ci circonda. Ed è proprio con uno sguardo al 2023, e la contemplazione dello scioglimento indotto dal mostro di un busto in cera raffigurante Erodoto (primo storico della cultura occidentale secondo la filosofa Rosi Braidotti, nonché antico teorico del concetto di mostruosità), che lo spettacolo volge al termine.
Nonostante un’apertura narrativa troppo ampia che sul finale rischia di lasciare lo spettatore lievemente a bocca asciutta, Frankenstein si conferma un’opera estremamente interessante, complessa e dinamica (forse anche troppo per la sua durata che non supera i 60 minuti), dove la cura per i dettagli fa decisamente la differenza. A testimonianza di ciò vi sono tanto il lavoro certosino delle luci e del sound design – rispettivamente a cura di Andrea Sanson e Davide Tomat – quanto la sofisticata produzione degli impianti scenici e delle sculture in cera firmata dallo studio Plastikart, già collaboratore di importanti istituzioni museali e del noto regista teatrale Romeo Castellucci.
PROGETTI COLLATERALI E PROSSIME DATE
A completamento dell’esperienza proposta, il collettivo OHT ha inoltre previsto sia l’allestimento di Astra Dark Interior, l’installazione immersiva all’interno di una stanza segreta del teatro (nella quale il fruitore è invitato a vestire simbolicamente i panni del mostro lasciandosi accecare da alcuni fasci luminosi che oltrepassano travi di legno inchiodate a un varco), sia un incontro con il meteorologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli sugli spunti letterari riguardanti i cambiamenti climatici. Per chi si fosse perso l’appuntamento torinese, sarà sempre possibile assistere allo spettacolo al Teatro SanbàPolis di Trento, il 31 marzo e il 1° aprile, e presso Centrale Fies, a Dro, il prossimo 22 settembre.
Valerio Veneruso
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