Orbita, la rassegna di danza contemporanea a Roma

Parola a Valentina Marini, curatrice della rassegna che porta nella Capitale i talenti della danza nazionale e internazionale

Diafanie. Materia e luce è il titolo della nuova edizione di Orbita, programma curato da Valentina Marini e dedicato alla danza contemporanea, in corso fino al 17 maggio 2023 al Teatro Palladium e al Teatro Biblioteca Quarticciolo a Roma. Realizzata dal Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita Spellbound diretto dalla stessa Marini, è una rassegna che include spettacoli ma anche incontri, residenze artistiche, film, prove aperte e che si articola per focus. Più spettacoli di uno stesso autore danno la possibilità di puntare lo sguardo sulle produzioni della coreografia italiana e internazionale: Virgilio Sieni, Abbondanza Bertoni, Roberto Castello, Michela Lucenti, Michele Di Stefano, Mauro Astolfi, Bassam Abou Diab (Libano), Masoumeh Jalalieh (Iran), Michael Getman (Israele) e Caroline Shaw con Vanessa Goodman (Canada). Le ipotesi che animano Orbita sono tante, a partire dall’internazionalità non consueta (si privilegiano il Medio Oriente e il Mediterraneo), fino alla proposta di creare un repertorio di “classici” della danza contemporanea insieme allo stimolo per la ricerca di nuovi formati.
Abbiamo intervistato Valentina Marini, curatrice della rassegna Orbita ma anche direttrice del centro di produzione che porta lo stesso nome, con sede a Roma.

Valentina Marini, photo Andrea Caramelli

Valentina Marini, photo Andrea Caramelli

INTERVISTA A VALENTINA MARINI

Sei direttrice generale della compagnia Spellbound; direttrice artistica di Orbita e di Fuori Programma (festival internazionale di danza contemporanea); co-dirigi il Teatro Biblioteca Quarticciolo e da poco hai ricevuto il riconoscimento dal MiC come Centro di produzione danza. Cos’altro?
Così enumerate queste attività danno effettivamente una immagine quantitativa, ma nella mia percezione sono il completamento di un impegno, nato molti anni fa. Per me significa concepire questo lavoro con un approccio di sistema e di funzioni complementari, dove al ruolo di produzione e curatela si accompagna un impegno in ambito politico (nella mia funzione di presidente Aidap) per sostenere quello che del sistema danza si vuole fare evolvere e trasformare attraverso le politiche culturali.

Il programma di Orbita da quali motivazioni nasce?
Orbita nasce innanzitutto come spinta produttiva, dal desiderio di costituire a Roma un Centro di Produzione Nazionale della danza. La lunga esperienza di produzione con Spellbound Contemporary Ballet ci ha portato a contatto con geografie e contesti culturali molto diversi e ha aperto dialoghi che hanno fatto emergere il bisogno di rafforzare le relazioni e l’ascolto con la comunità della nostra città. La relazione tra centri e territori mette in luce l’importanza del rapporto di fiducia e scambio tra artist*-pubblic*-operatori e questo cerchio spero trovi in Orbita uno spazio dove esercitare la relazione.

Quali criteri ti hanno guidata per la selezione degli spettacoli, sia italiani sia stranieri?
Desideravo porre lo spettatore di fronte alle molteplici voci della scena contemporanea; dando ampio spazio alla scena nazionale, ma soprattutto non escludendo progetti tematici. Da questa istanza emergono i focus di approfondimento, sia per avvicinare con meno frugalità la poetica di ogni singola autrice o singolo autore, sia per utilizzare le declinazioni del corpo come canale per raccontare universi geopolitici culturalmente lontani da noi che, grazie a questi corpi, ci aprono finestre su mondi e questioni fuori dal nostro orizzonte di percezione. Penso al focus dedicato al libanese Bassam Abou Diab o al progetto al femminile con le sei donne israeliane guidate da Micahel Getman in programma assieme alla rifugiata iraniana Masoumeh Jalalieh.

Orbita 2023, Diafane. Materia e Luce, Roma

Orbita 2023, Diafane. Materia e Luce, Roma

LA DANZA SECONDO VALENTINA MARINI

Produrre spettacoli di danza sul piano internazionale e programmare spettacoli di danza in una città specifica nel tuo lavoro sono aspetti congiunti. Questa duplicità di ruoli e funzioni arricchisce i due ambiti?
La doppia postura alimenta l’esercizio di guardare sempre “out of the box” e non perdere la relazione con i pubblici, cosi come mantenere l’osservazione sulle produzioni che ci attorniano. Penso che la possibilità di esercitare il doppio ruolo sia ossigenante e alimenti anche la capacità di valorizzare “l’altro” e non rischiare quindi di percorrere un cammino autoreferenziale.

Rilevi nella pratica coreografica degli ultimi due decenni delle tendenze che accomunano la ricerca delle compagnie e dei singoli danzatori e coreografi?
Ci sono state una maggiore attenzione e apertura ai discorsi intorno al sistema danza per cui questo ecosistema, che prima era ai margini, ha prodotto un terreno di proposte e di sistemi indipendenti, di ospitalità molto fertili (seppur spesso fragili perché ancorati a fonti economiche precarie). Di sicuro il grande spartiacque lo hanno dettato i decreti ministeriali del 2015, che hanno fatto emergere autorialità e modelli artistico-produttivi che prima non avrebbero trovato spazio nelle fila delle “compagnie” tradizionalmente intese.
Pur nelle difficoltà economiche che il nostro sistema atavicamente registra, complice la pandemia, c’è stato spazio per contaminazioni più significative tra linguaggi e formati. Ossia negli ultimi tempi si è verificato un allargamento di orizzonti su oggetti artistici fruibili in diverse modalità, sia dal vivo  che in formato  digitale, cosa che ha stimolato altre forme di creatività e relazione con i pubblici, non sempre legate alla costruzione frontale dello spettacolo dal vivo.

Come si colloca la danza italiana nel contesto europeo e internazionale?
La danza italiana ha sempre sofferto, nei decenni passati, un ritardo identitario rispetto alla scena internazionale, non per mancanza di proposte valide, ma per una debolezza delle politiche culturali nel dare loro autorevolezza rispetto alla scena europea. I passi avanti fatti negli ultimi anni sono solo un timido segnale da parte delle istituzioni che, rispetto ad altri Paesi, restano ancora molto indietro. Prevale, verso l’internazionalizzazione, così come verso il territorio nazionale, un’impostazione aziendalista delle politiche culturali che vede solo l’alzata di sipario come elemento premiante e finanziabile, a discapito di un ampio fiorire di progetti di scambio culturale in termini di processi di ricerca o residenza, già ampiamente sostenuti da altri Paesi, in un’ottica di più ampia circolazione artistica sia dei lavoratori che delle pratiche.

Valentina Valentini

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Valentina Valentini

Valentina Valentini

Valentina Valentini insegna arti performative e arti elettroniche e digitali alla Sapienza Università di Roma. Le sue ricerche comprendono il campo delle interferenze fra teatro, arte e nuovi media. Fra le sue pubblicazioni: "Nuovo teatro Made in Italy" (2015), "Medium…

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