Il ballo Liscio si candida a diventare patrimonio Unesco: crea comunità
Il ballo della tradizione emiliano-romagnola vuole diventare un "bene immateriale" in virtù delle sue qualità: è capace di generare comunità
Un ballo che è tradizione popolare, ma anche comunità: per questo la Regione Emilia-Romagna vuole candidare il Liscio a diventare un “patrimonio immateriale” dell’Unesco. Il Liscio indica un genere di musica da ballo diffuso in tutto il mondo ma diverso per ogni terra di cui si nutre, riflettendone i valori e la varietà.
La Regione, per sottoporre al meglio la candidatura, ha fatto squadra con enti locali e operatori del territorio per realizzare il progetto di monitoraggio e valorizzazione Vai Liscio collegato al sito www.vailiscio.it: qui i cittadini sono esortati a portare le proprie testimonianze tramite foto, video, documenti e curiosità sul ballo tradizionale. “Liscio significa comunità e unione ma anche varietà e peculiarità dal momento che abbraccia la tradizione di un popolo unendolo ma al tempo stesso mantenendo le sue differenze […] Liscio è comunità, il Liscio siamo noi!”, si legge sul portale appena lanciato.
Il Liscio, un patrimonio immateriale emiliano-romagnolo
“Il progetto nasce dall’esigenza di ricostruire la storia del Liscio, ma ancor più di sottolineare quanto oggi questa tradizione sia viva: non è solo un modo di fare musica o danzare, ma anche di vivere e condividere con calore, allegria, dedizione, ed è – oltretutto – un valore fortemente identitario”, ha detto l’assessore alla Cultura Mauro Felicori. “Ecco cos’è, in sintesi, ‘Vai Liscio’: un’esortazione e un invito alle comunità locali, anche informali, e alla comunità di emiliano-romagnoli nel mondo, agli studiosi e a tutti gli appassionati a far vivere il Liscio”.
Vai Liscio è solo la più recente delle azioni volte a sostenere la proposta di candidatura presso il ministero della Cultura, che metterebbe l’accento sull’importanza del Liscio e della musica popolare, permettendo la crescita dell’intero territorio e del settore musicale in particolare. Anche per questo l’impegno è stato preso molto seriamente: come detto lo scorso marzo dall’Assemblea legislativa regionale, “le tradizioni locali connesse al fenomeno del ‘liscio’ si possono considerare matrici autenticamente popolari di profonde trasformazioni avvenute in Emilia-Romagna”.
Come funzionano i patrimoni culturali immateriali Unesco
Il patrimonio culturale che costituisce l’anima dell’Unesco – agenzia delle Nazioni Unite creata con lo scopo di promuovere la pace tra le nazioni tramite istruzione, scienza, cultura e informazione – non è solo composto da beni e luoghi fisici ma, dal 2003, anche da tutte le “tradizioni vive” locali, come le arti dello spettacolo, il linguaggio, le pratiche sociali, i riti e l’artigianato tradizionale. Le caratteristiche principali che rendono una tradizione candidabile sono l’essere trasmessa di generazione in generazione, l’essere costantemente ricreata dalle comunità in relazione con l’ambiente circostante e il promuovere rispetto per le diversità culturali e la creatività umana.
In Italia ne abbiamo già 16. Aggiunte in quest’ordine cronologico dal 2008, sono i pupi siciliani; il canto a tenore sardo; il “saper fare liutario” di Cremona, la dieta mediterranea (che condividiamo con Cipro, Croazia, Grecia, Marocco, Spagna e Portogallo), le feste delle Grandi Macchine a Spalla (tra Nola, Palmi, Sassari e Viterbo); la vite ad alberello di Pantelleria; la falconeria (elemento transnazionale condiviso con una ventina di Stati in tutto il mondo, dagli Emirati Arabi alla Mongolia); l’arte del “pizzaiuolo” napoletano; l’arte dei muretti a secco (che dividiamo con Croazia, Cipro, Francia, Slovenia, Spagna e Svizzera); la Perdonanza Celestiniana; l’alpinismo (in comune con Francia e Svizzera); la transumanza (con Austria e Grecia); l’arte delle perle di vetro (anche francese); l’arte musicale dei suonatori di corno da caccia (in comune con Belgio, Francia e Lussemburgo); la cerca e cavatura del tartufo in Italia; e la più recente, del 2022, che è la tradizione dell’allevamento dei Cavalli Lipizzani (comprendente anche Austria, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Ungheria, Romania, Slovacchia e Slovenia). Ora, potendo, non resta che partecipare alla call to action dell’Emilia Romagna e vedere se il Liscio diventerà l’ultima aggiunta della lista.
Giulia Giaume
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