Il Don Chisciotte per le strade di Ravenna con il Teatro delle Albe
Da molti anni la compagnia guidata da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari sa coinvolgere la città in opere totali, in collaborazione con Ravenna Festival. È il turno del capolavoro di Cervantes
Si parte dalla strada, le auto si fermano, il pubblico si riunisce, Ermanna Montanari si affaccia al balcone di Palazzo Malagola e inizia a incantare con la melodia delle sue parole, dando il benvenuto in molte lingue agli erranti: dice di aver perso la memoria e le idee, invita a entrare e a visitare il castello. Le porte si aprono e Marco Martinelli accoglie il pubblico in un mondo magico che nessuno si aspetta. L’invito è a sognare, dentro questo meraviglioso palazzo in cui qualcuno scrive, qualcuno disegna, qualcuno usa delle macchine da cucire: vengono regalati dei testi che raccontano sogni al pubblico, si alza il canto di Serena Abrami e, a gruppi, le “guide” accompagnano gli spettatori alla scoperta dello spazio.
Il Don Chisciotte a Ravenna. Un’installazione visionaria
A questo punto inizia un meraviglioso e disturbante susseguirsi di immagini oniriche, tableaux vivants tra atto performativo e arte contemporanea: le presenze umane integrano una composizione installativa originale e curata. Scenari a volte meravigliosi, a volte inquietanti, sogni che si susseguono nei diversi ambienti del palazzo e a cui lo spettatore assiste come un voyeur morbosamente curioso.
Un campo di grano; delle superfici dipinte; una famiglia mangia una minestra col coltello in compagnia di alcune galline che si aggirano per la stanza; due bambini costruiscono dei castelli di sabbia; un accampamento di militari feriti, con gli sguardi lontani e con un richiamo fin troppo presente ai giorni nostri; una montagna di manichini fatti a pezzi e un uomo che cerca di assemblarli; una sirena di cui non vediamo il volto; una donna nuda si taglia i capelli di spalle; due anziani senza vestiti, di schiena, su un letto disfatto; una macellaia con dei pezzi di carne brandisce un coltello che taglia quanto il suo sguardo. Un susseguirsi di frame che ci colpisce, allieta, fa sorridere e spaventare, mentre percorriamo i meravigliosi ambienti del palazzo sede della Scuola di ricerca vocale fondata da Ermanna Montanari con Enrico Pitozzi, che ha ricevuto recentemente il Premio Radicondoli per il teatro.
Lo spettacolo all’aperto, in giardino
Si arriva in giardino, ci si accomoda sulla gradinata e si ascoltano i Vega, il gruppo che accompagna dal vivo l’intero spettacolo. Qui incontriamo Roberto Magnani, Alessandro Argnani e Laura Redaelli, che mettono in scena i protagonisti del romanzo di Cervantes con l’espediente del teatro nel teatro, mentre i cittadini rappresentano la voce del popolo: dal vociare della politica populista e viscerale a quella degli adolescenti nei loro pensieri profondi; da quella dei tormenti d’amore a quella di soldati che marciano verso la prigionia.
Si sta ad ascoltare, col dilemma se il sapere ci renda liberi ma condannabili, quindi se la nostra missione stia nell’assecondare i sogni, l’amore, anche nella loro natura più fragile e incomprensibile; oppure se sia meglio confondersi fra le genti, avere la sicurezza di una vita indisturbata, serenamente accomodata in un coro che confonde i colori e i sapori per restituire una condotta uniforme e rassicurante. Don Chisciotte diventa così emblema del personaggio strambo, grande lettore e poco calato nella realtà. Ma se il sapere crea mostri, si potrebbero bruciare i libri, come la ricca biblioteca di Don Chisciotte stesso, per arginare i danni, come avvenne nel 1933 a Berlino…
Il progetto Don Chisciotte
La poetica del Teatro delle Albe è densa di parole importanti, che connettono le tradizioni popolari, la mitologia e la storia con la letteratura e la filosofia, ma anche con le parole di Marco e Ermanna. Il canto, la musica, i colori, la performance, la parola, la voce, il disegno, la danza: tutto il mondo delle Albe è da sempre una celebrazione della vita, dalle vibrazioni più nascoste e viscerali ai saltelli di gioia e di passione che si stagliano nei cuori del fortunato pubblico che riesce ad assistere alle loro produzioni. Anche Don Chisciotte, come il precedente Cantiere Dante, si sviluppa in tre anni e vede gli attori mischiarsi ai cittadini di Ravenna, restituendoci un inno alla vita, all’amore e ai sogni.
Piera Cristiani
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