Il teatro ricorda Giovanni Testori a 100 anni dalla nascita. Gli spettacoli a Modena e Brescia
Contemporaneamente in scena nelle due città, due spettacoli permettono di riflettere sull’attualità dello scrittore lombardo, fra nostalgia e volontà di continuarne la grande lezione di teatro e di vita
L’incontro con Giovanni Testori (Novate Milanese, 1923 – Milano, 1993), col suo teatro, con la sua lingua carnale è esperienza che segna, che non lascia indifferenti. L’autore di Novate, di cui ricorrono i cento anni dalla nascita, è testimone furioso di un’inquietudine poetica che rimane incisa nella carne di chi ha dato corpo e anima ai suoi personaggi, rubati al mito e alla storia per essere gettati nella quotidianità derelitta di una Lombardia affamata di verità, spiata nella disperazione degli ultimi. Questo segno poetico diventa passaggio di consegne, diventa eredità, nell’anno delle celebrazioni dello scrittore e poeta. Accade in maniera esplicita per Sandro Lombardi che affida ad Anna Della Rosa la sua partitura attoriale dei lai di Erodiàs e Mater strangosciàs, messinscena del 1998. Accade in maniera implicita per Giovanni Crippa nel riallestimento – a quarant’anni di distanza – dei Promessi sposi alla prova per la regia di André Ruth Shammah, in cui l’attore veste i panni del regista che furono di Franco Parenti, ricordando come in quell’allestimento di quattro decenni fa ricoprì il ruolo di Renzo. È come se ad andare in scena – nell’uno come nell’altro caso, fatte le opportune differenze, negli spettacoli entrambi performati lo scorso ottobre – fossero un passaggio di consegne, la determinata volontà di mantenere viva la memoria dell’autore, la sua poetica “scomoda e scandalosa”, ma anche lo stupore artistico dell’incontro con l’autore e la sua opera. Qual è l’esito di questo lascito memoriale?
Giovanni Testori e lo spettacolo con Anna Della Rosa
Erodiàs e Mater strangosciàs si apre con la lettera di Sandro Lombardi ad Anna Della Rosa in cui l’attore affida all’attrice i due lai, nel segno di un magistero d’attore che passa di mano. La scena è quella del trono su cui Erodiàs racconta la sua passione per il Giovanni con la testa mozzata del profeta lì a fissarla e guardarla. La furia di Erodiàs fa da contraltare senza soluzione di continuità al pianto della Madonna per il suo Cristo, un lenzuolo vuoto in Mater strangosciàs. Anna Della Rosa fa della partitura attoriale di Sandro Lombardi uno spartito di straordinaria potenza e di incredibile controllo esecutivo. L’attrice respira, recupera nei toni la recitazione di Lombardi e la fa propria, mostra un assoluto dominio delle sue doti mimico/vocali offrendosi come strumento in carne e voce della parola poetica di Testori. Ne fuoriesce un canto straziante e iroso, un esercizio di stile e di virtuosismo che mostra e dimostra senza ombra di dubbio le potenzialità espressive dell’interprete che si mette al servizio del testo, fa della parola un suono che riecheggia, ne scioglie i giochi e rimandi linguistici, ne evidenzia il ritmo poetico. E allora la forma prende il sopravvento sul contenuto, il dolore delle due donne testoriane si trasforma in suono, fonema, potenza attoriale, omaggio all’arte dell’attore, omaggio a Sandro Lombardi. Un passaggio riuscito di tecnica e arte che si scioglie in un ammirato applauso all’attrice e alla sua bravura.
Giovanni Testori e lo spettacolo di Andrée Ruth Shammah
Di tutt’altro temperamento è – ovviamente – la messinscena de I promessi sposi alla prova che Andrée Ruth Shammah propone con la medesima scenografia, il medesimo stile, nel segno di una memoria che si rinnova. Questo rinnovamento testimoniale è affidato a Giovanni Crippa, regista interno alla messinscena del romanzo e alla riflessione che ne consegue sulla poesia e sulla verità del teatro. Nel gioco metateatrale che caratterizza il testo – con tanti e interessanti rimandi alla scrittura dei Sei personaggi in cerca d’autore e Questa sera si recita a soggetto – il romanzo manzoniano diventa un pre-testo per una riflessione sulla poesia, sulla veridicità del dire, sulla potenza dell’incarnare la parola poetica. Ed è infatti il maestro a dichiarare: “La scena è tutta loro e solo in loro, le parole; loro si incaricheranno di farla essere e appunto costituirsi: edificio ben più solito e vero di tutti i possibili trucchi e trucchetti”. E quello che fanno quegli attori di una sorta di compagnia filodrammatica è cercare la verità nelle parole, assecondare l’autore e la sua attenzione alla verità della poesia che trasforma e trascende la realtà per immettere attori e pubblico in inattese verità. Come accade per madama Pace nei Personaggi o a Mommina in Questa sera si recita a soggetto, la potenza della poesia di dare corpo ai fantasmi è qui incarnata dalla storia della Monaca di Monza, affidata a un’ispirata Federica Fracassi, ruolo che fu di Lucilla Morlacchi. Ne I promessi sposi alla prova gli attori vivono di una loro coerenza recitativa, in cui spicca la commossa emotività di Tobia dal Corso Polzot (Renzo) e di Vito Vicino (Rodrigo). Ma a dominare con nostalgica permanenza è quella vita passata nel segno di quei Promessi sposi alla prova di cui Crippa è testimone storico, segnato da quell’esperienza cui guarda con malcelata nostalgia. E forse sta qui il gioco dell’operazione, un poco di nostalgia e la voglia di tenere viva la lezione poetica di Testori, in cerca della parola che disvela e trasforma la realtà.
Nicola Arrigoni
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