A Modena il Giulio Cesare di Shakespeare reinterpretato da carcerati
Riscopriamo il dramma shakespeariano nella sorprendente versione del Teatro dei Venti, compagnia che coinvolge carcerati nelle produzioni teatrali. Ne parliamo con il regista Stefano Tè
A Modena, al Nuovo Teatro delle Passioni, è andato in scena a fine novembre il Giulio Cesare diretto da Stefano Tè. Lo spettacolo, che insieme ad Amleto e Macbeth alla radio fa parte della trilogia incentrata su Shakespeare, si concentra sulla natura umana, il tradimento e la ricerca di potere e a portarlo in scena sono gli attori/detenuti della Casa Circondariale di Modena.
Abbiamo intervistato il regista Stefano Tè, che ci ha parlato dello spettacolo e del progetto che, con il suo Teatro dei Venti, porta da molti anni il teatro nelle carceri (in particolare, dal 2006, nella Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia e, dal 2014, nella Casa Circondariale Sant’Anna di Modena).
Ciò che si nota fin da subito è la particolarità del palco: lungo e stretto, divide la platea nella sua metà per tutta la lunghezza della sala. Questa scelta spaziale da quale ragione è generata?
La platea è divisa in due, per prima cosa poiché permette al pubblico di prendere una posizione rispetto a ciò che accade in scena. Il palco ricorda una passerella, è posto centrale in mezzo al pubblico che, proprio per come è costruito lo spazio scenico, è chiamato a giudicare le azioni che avvengono in scena. Inoltre, grazie alla divisione della platea, gli spettatori hanno la possibilità sia di guadare ciò che accade in scena, ma anche di guardarsi tra loro, in quanto si trovano faccia a faccia con gli spettatori della parte opposta: possono vedere, quindi, le reazioni che ha il pubblico rispetto all’opera.
A esclusione di Giulio Cesare, i personaggi indossano costumi molto simili tra loro. I capi indossati non lasciano intravedere molto la fisicità degli attori: come mai?
I costumi volevano far emergere nuove caratteristiche degli attori: i capi scelti per essere indossati in scena sono vaporosi e morbidi, in modo da rendere i corpi degli attori sinuosi e leggeri. Mediante la scelta dei costumi si vuole sollecitare un nuovo ideale estetico, molto lontano da quello impostato e rigido che ci si aspetterebbe di trovare.
Il caso specifico del costume di Marco Antonio è particolare: scelto di proposito alcune taglie più grande, sta a indicare proprio l’atteggiamento che il personaggio ha nell’opera. Marco Antonio, infatti, tenta di emulare Giulio Cesare: il costume va a sottolineare questo suo atteggiamento andando a rendere il fisico dell’attore più ampio, enfatizzando il rapporto tra i due personaggi.
Tutta la messa in scena è accompagnata da una musicista, Irida Gjergij, intenta a suonare una viola: da cosa deriva questa scelta?
Molto spesso i nostri spettacoli sono accompagnati dalla musica dal vivo in scena, sia perché lo troviamo efficace, sia poiché crediamo che nutra lo spettacolo. Abbiamo pensato di accostare al Giulio Cesare di Shakespeare un suono dolce: così, in scena troviamo una musicista che, per quasi tutta la durata dell’opera, suona la viola. La scelta dello strumento musicale non è casuale ed è stata compiuta in base all’idea del poter ammorbidire e alleggerire il clima che si trova sul palco, andando a smorzare la durezza di alcuni passaggi del testo. Inoltre, la musica scelta, proprio in quanto dolce, va lavorare per contrasto con l’opera, creando una tensione maggiore.
Ci potreste parlare del progetto che Teatro dei Venti porta avanti nelle carceri?
Il progetto nelle carceri nasce nel 2006 come evento limitato nel tempo, di una decina di incontri: subito dopo scegliamo di tenere questa attività non ai margini della nostra produzione, ma rendendola centrale. Da quell’anno in poi, abbiamo iniziato a includere attori detenuti nelle nostre produzioni, accostandoli agli attori della compagnia: ciò accade molto spesso all’interno degli spettacoli di sala ma, anche, in progetti legati alla recitazione e alla ricerca performativa. Quindi, ormai, tra il progetto che porta il teatro nelle carceri e la nostra produzione non c’è più distinzione: il nostro scopo è quello di portare le persone a conoscenza di un percorso artistico che è anche capace di dare prospettive che vanno al di fuori del percorso in quanto tale.
Chiara Battaglino
www.teatrodeiventi.it
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