A Bari c’è un teatro di periferia che fa il tutto esaurito ogni sera. Storia del Kismet
Una riflessione di Nicola Lagioia sull’incredibile successo di pubblico e sulla qualità del lavoro del Teatro Kismet, nato nel 1981 alla periferia di Bari, accende il dibattito sul valore dei luoghi di cultura per la rinascita sociale delle città
Con il dialogo tra Chiara Tagliaferri e Nicola Lagioia su Femminismi e patriarcato, si è conclusa il 2 maggio la rassegna “Un paese senza”, prodotta dal Teatro Kismet di Bari. Al teatro che si scopre all’interno di un ex capannone industriale in una delle zone periferiche più desolate del capoluogo pugliese, lo scrittore barese – Premio Strega nel 2015 e direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino dal 2017 al 2023 – è legato in qualità di presidente onorario del circuito Teatri di Bari, di cui scriveremo a breve. E proprio Lagioia, nei giorni che hanno preceduto la messa in scena dello spettacolo che l’ha visto sul palco, ha speso per il Kismet parole che fanno riflettere sul valore dei presidi culturali nel contesto urbano, specie in situazioni di degrado e a fronte di molte difficoltà per esercitare il proprio ruolo.
Nicola Lagioia sul Teatro Kismet di Bari
Parole, affidate a un post diffuso a mezzo social, che soprattutto mettono in risalto un’esperienza straordinaria, investendo la sfera delle politiche culturali e di chi ha il compito di orientarle. Partendo dal “tutto esaurito” ottenuto dall’ultima serata, Lagioia amplia la riflessione: “Non c’è mai stato un solo posto libero (parliamo di una sala di oltre 400 posti) tutte le volte che sono andato al Kismet di recente, saranno state quasi una decina di volte nell’ultimo anno” sottolinea lo scrittore. “Chi lavora al Kismet (in un teatro che dire nella periferia della città è poco, il Kismet è in una sorta di nulla urbano e architettonico) è riuscito a creare intorno a sé una comunità numerosa, vivacissima, che riesce a radunare intorno alla sua bellissima struttura (frutto di anni di lavori, miglioramenti costanti, sacrifici) ogni sera, con risultati a volte sconosciuti a realtà cosiddette mainstream”; e prosegue ancora, Lagioia, evidenziando come il Kismet sia oggi “uno dei pochi veri laboratori culturali di Bari”: Teatro Stabile d’Innovazione, come recita la qualifica ufficiale di un luogo che si pone come obiettivo quello di produrre, promuovere e diffondere arte scenica in tutti gli ambiti della vita culturale e sociale.
La storia del Teatro Kismet di Bari
Nel corso della sua storia, il Kismet – che mutua il nome dal termine sanscrito “felice destino” – ha conosciuto diverse vite. Fondato a Bari nel 1981 come compagnia teatrale ragazzi per iniziativa di giovani attori provenienti da una scuola universitaria di formazione diretta da Carlo Formigoni, presto ottiene dall’allora Ministero per i Beni e le Attività Culturali la qualifica di Teatro Stabile d’Innovazione. Nel 1989 arriva una sede stabile: volutamente si sceglie un ex capannone industriale, con l’intenzione di fare un teatro che sia officina artistica, fucina di idee, luogo d’incontro, centro di cultura e di dialogo permanenti.
In parallelo crescono la varietà e la qualità delle produzioni, il Kismet diventa polo di attrazione per artisti italiani e internazionali, diventando anche modello di mediazione tra il teatro e le altre forme di creazione, quali la scrittura, la pittura, il video, la fotografia, la musica. Senza trascurare l’attività formativa, gli incontri, i laboratori per le scuole, le molteplici possibilità di vivere lo spazio come fosse una “casa” della cultura, aperta a tutti. Per questo, quando si costituisce il circuito Teatri di Bari, che intercetta il sistema Tric (Teatro di rilevante interesse culturale), il Kismet ne diventa capofila: nel 2023 la rete assume lo status di Società Benefit, poiché persegue “specifiche finalità di beneficio comune”, tra cui “il contrasto alla povertà culturale e iniziative per favorire l’inclusione sociale”. Nel frattempo, nel 2020, la sala del teatro è stata rinnovata, e oggi può accogliere 400 persone, oltre a ospitare una radio e un foyer da 150 posti.
La difficoltà di lavorare in periferia
Resta preoccupante, però, il contesto isolato in cui il Kismet si trova a operare. Nell’autunno 2023 è nata l’associazione Amici del Teatro Kismet, che come primo atto ha indirizzato una lettera al sindaco Decaro e alle istituzioni competenti per segnalare il degrado in cui versa l’area circostante il teatro, e auspicare un risanamento ambientale: “Il teatro Kismet opera da oltre trent’anni a Bari come cooperativa, è un centro di produzione tra i più attivi del Mezzogiorno, ogni anno propone un cartellone di spettacoli di alta e apprezzata qualità. Il suo pubblico, anche di giovani, è aumentato negli anni, favorito anche da una politica dei prezzi al botteghino che incentiva l’affluenza e la partecipazione. Tuttavia è assediato tutt’intorno da un umiliante degrado ambientale e strutturale. La strada in cui si trova – via San Giorgio martire – è tuttora poco illuminata e soprattutto è utilizzata come discarica abusiva, non è raggiungibile con i mezzi pubblici. Sosteniamo il Kismet a fronte di questi disagi che in altri quartieri della città nessun teatro affronta. Eppure, il Kismet è un teatro di Bari al pari del Petruzzelli o del Piccinni”.
Il Teatro Kismet come modello da replicare a Bari
Ora le parole di Lagioia riaccendono il dibattito sul presente e il prossimo futuro del Kismet, proprio a partire dagli incredibili risultati raggiunti, e con la speranza di vedere crescere la sua presenza in città: “Il Kismet è talmente ben stimato che un per un(‘)artista è difficile non accettare un suo invito. Fossi in chi sta (o starà) nelle stanze dei bottoni della città, affiderei a quelli del Kismet degli spazi anche nel centro della città, gli farei riempire dei contenitori che a Bari ci sono, che sono bellissimi, ma non sono ancora un laboratorio, o non lo sono di quel tipo lì, di quella forza lì. I laboratori culturali tengono vive le città, le vetrine direi di no. Una città intelligente (chiunque la amministri e la amministrerà) non può farsi scappare un’occasione simile”.
Allo scrittore ha per ora risposto l’Assessore alle Politiche Culturali di Bari, Ines Pierucci, ribadendo il valore dell’esperienza: “In questi anni l’amministrazione comunale ha intrattenuto un dialogo costante con il Kismet, considerandolo un interlocutore qualificato e riconosciuto per la promozione del teatro e della cultura nella nostra comunità. L’amministrazione Decaro ha investito non poco in cultura, tanto nella visione strategica di valorizzazione delle periferie quanto negli spazi antesignani di promozione culturale nei luoghi decentrati della città, come appunto il Kismet, che riceve un significativo supporto da parte del Comune di Bari e della Regione Puglia”. Più attendista è la risposta in merito alla possibilità di affidare al “teatro di periferia” anche spazi del centro cittadino: “Il Comune è tenuto a predisporre procedure a evidenza pubblica per l’affidamento in gestione di spazi e luoghi di proprietà, circostanza ben nota a tutti gli operatori culturali”. Seguiremo sviluppi.
Livia Montagnoli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati