La storia della pittrice Hilma af Klint diventa un musical a 80 anni dalla sua scomparsa
La riscoperta dell’artista svedese, considerata pioniera dell’arte astratta, è passata negli ultimi anni per una serie di importanti retrospettive nei principali musei del mondo. Nel 2022 un film di Lasse Hallström ne ha raccontato la storia; ora arriva anche il musical
Nel 1944, Hilma af Klint moriva all’età di 81 anni. Al suo testamento, l’artista svedese, nata a Solna nel 1862, affidò la volontà che i suoi 1.200 dipinti, centinaia di testi e 26.000 pagine di appunti fossero mostrati al pubblico solo dopo venti anni dalla sua scomparsa. Un periodo di tempo necessario, secondo la pittrice, perché fosse possibile comprendere il suo lavoro, ispirato da un dialogo costante con la dimensione filosofico-esoterica.
La storia di Hilma af Klint alle origini dell’arte astratta
Tra le prime donne a diplomarsi alla Royal Academy of Fine Arts di Stoccolma e a esporre alla Swedish General Art Association le sue opere “classiche”, realizzate nei primi anni di carriera, agli inizi del Novecento Hilma af Klint aveva infatti abbandonato la pittura naturalistica per dedicarsi allo spiritismo e alle forme astratte. Ed è proprio per le sue sperimentazioni con l’astrattismo – ispirate dalla teosofia, dall’antroposofia e dal cristianesimo – di cui è considerata una pioniera (il suo primo quadro astratto data al 1906, quattro anni prima del famoso acquarello di Wassily Kandinsky considerato alle origini del nuovo genere pittorico), che l’artista ottenne la fama internazionale, pur postuma.
La riscoperta di Hilma af Klint. Nei musei e al cinema
Soprattutto gli ultimi anni hanno segnato una riscoperta più approfondita dell’artista, peraltro molto prolifica. Dunque nel 2019 il Guggenheim di New York le ha dedicato la prima grande retrospettiva (Painting for the Future) organizzata da un’istituzione americana. E al 2020 risale il documentario Beyond The Visible, diretto da Halina Dyrschka, che racconta la vicenda della pittrice al grande pubblico, prodromo del film diretto da Lasse Hallström diffuso nel 2022, con il titolo di Hilma.
E la popolarità dell’artista, sempre più profilata come figura essenziale per raccontare il processo di emancipazione femminile e la storia delle grandi artiste donne del Novecento (al pari di Frida Kahlo o Tamara de Lempicka, solo per citare le più note), è ulteriormente cresciuta in tempi recentissimi.
Merito di mostre che finalmente accostano gli esiti della sua ricerca alle riflessioni che negli stessi anni stavano portando avanti alcuni dei principali protagonisti della svolta astratta del XX secolo. Come Piet Mondrian, anche lui inizialmente suggestionato dal mondo naturale, e affascinato da spiritualità e filosofia: a proporre un confronto tra i due, nel 2023, ci ha pensato la Tate Modern di Londra, con il progetto espositivo Hilma af Klint & Piet Mondrian. Forms of Life.
Fino a pochi giorni fa, invece, la Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Dusseldorf ha ospitato un altro atteso confronto, tra l’artista svedese e Wassily Kandinskij, per la prima volta direttamente accostati in una rassegna completa (Hilma af Klint e Wassily Kandinskij: sogni del futuro). Ad accomunarli, l’interesse per le scoperte scientifiche dell’epoca, il lavoro in comunità, l’idea che una pittura “nuova” potesse determinare un’evoluzione della società nel suo complesso.
L’opera-musical sulla vita di Hilma af Klint
In parallelo procede, però, la riscoperta pop di Hilma af Klint, con il prossimo passaggio sul palco di Broadway che la consacra come icona mainstream. In occasione dell’ottantesimo anniversario della morte dell’artista, infatti, il Wilma Theatre di Philadelphia e la compagnia teatrale New Georges di New York hanno coprodotto l’opera-musical diretta da Morgan Green che le rende omaggio. Uno spettacolo sperimentale in tre atti, intitolato semplicemente Hilma, presentato in anteprima a Philadelphia lo scorso giugno e prossimamente a New York, sul palco del New Georges. Il libretto firmato da Kate Scelsa spazia tra il racconto biografico e gli accenti pop del musical (con le musiche di Robert M. Johanson), focalizzandosi inizialmente sulla vicenda dei cosiddetti “ten largest”, la serie di dieci grandi dipinti astratti che l’artista realizzò nel giro di poche settimane nel 1907.
Il largo impiego di scenografie e coreografie immaginifiche cerca di portare sul palco anche i pensieri di Hilma, e il suo approccio alla vita di tutti i giorni attraverso una spiritualità che la indusse alla morigeratezza e all’austerità. Per ricostruirne la dimensione più intima, non a caso, si è fatto largo uso degli appunti conservati nei suoi taccuini. Ma c’è spazio anche per qualche deformazione della realtà, come la fantasiosa ricostruzione del personaggio di Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia che ispirò, con i suoi scritti, la ricerca di Hilma af Klint. Sulla scena, Steiner si presta al ruolo di antagonista, pur non essendo attestato dalle fonti qualsivoglia contrasto tra i due.
Livia Montagnoli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati