L’Edipo archetipico e visionario di Alessandro Serra in tour in Italia

Dopo il debutto a Budapest e una fortunata tournée all’estero, arriva in Italia il nuovo spettacolo dell’autore, regista, scenografo e light designer Alessandro Serra. La tragedia classica per eccellenza, quella di Edipo, viene riletta ricorrendo a un’inaspettata traduzione nell’antichissima lingua grecanica

Scegliere una lingua arcaica e rara per riscrivere e consegnare al pubblico contemporaneo un mito fondante quale quello di Edipo: questo l’obiettivo, solo apparentemente contraddittorio, all’origine del nuovo lavoro di Alessandro Serra, artista visionario e ideatore di un vocabolario scenico fra i più originali e immaginifici della scena italiana. Il suo Tragùdia – il canto di Edipo, dopo il debutto a Budapest dello scorso aprile e varie date all’estero che hanno già valso allo spettacolo alcuni premi – nell’ambito del 64. International Theater Festival MESS, tre Golden Laurel Wreath per le categorie miglior spettacolo, miglior regista e miglior attrice (Chiara Michelini) e il Premio Radio Sarajevo “Sound of MESS” – ha debuttato in Italia lo scorso 18 ottobre all’Arena del Sole di Bologna nell’ambito dell’Opening ERT e si appresta a girare la penisola fino a marzo 2025.

Com’è nato lo spettacolo “Tragùdia – il canto di Edipo”

La tragedia classica è ancora attuale oggi? Quanto le vicende narrate da Sofocle risuonano nella nostra contemporaneità? Da queste domande è partito il processo di ricerca e creazione di Alessandro Serra: “In un’epoca di macerie non c’è altra possibilità che lavorare su ciò che resta, soffiare sulle ceneri per riattivare il fuoco. Ciò che resta della tragedia: parole senza suono. Ciò che resta della polis: una società di estranei. Ciò che resta del rito: una drammaturgia spenta. Ciò che resta di un mito: una storiella venuta a noia. Ciò che resta di un eroe: un personaggio fuori fuoco. […] Come ricostruire oggi quel sapere collettivo che esonerava il poeta tragico dal dover volgere in prosa il mito e lo legittimava a sollecitare immediate visioni? Come elaborare il lutto per la perdita della polis e del sacro?”. La prima risposta, un’intuizione che diviene necessità ineludibile, è stata quella di rinunciare all’italiano, lingua che – spiega Serra – “sembra abbassare il tragico a un fatto drammatico”, sottraendo dunque al mito la propria perpetua universalità; a favore di un idioma antichissimo, parlato in un angolo remoto della Calabria, il grecanico. Da queste solide fondamenta, il regista-scenografo ha costruito uno spettacolo immerso nel bianco e nero, nelle numerose sfumature del grigio e in lampi di rosso fuoco. Una messinscena racchiusa in tre vasti pannelli di legno con botole e aperture, agita da un coeso gruppo di interpreti che ora si muovono quale coro dolente, ora incarnano i vari personaggi della tragedia – o, meglio, delle tragedie, poiché Serra compatta insieme Edipo Re e il suo “seguito”, Edipo a Colono.  

La scelta del grecanico per “Tragùdia – il canto di Edipo”

Alessandro Serra, a partire dalle due tragedie di Sofocle e dai successivi racconti del mito di Edipo, ha scritto il testo di Tragùdia; Salvino Nucera, poeta e “custode” del grecanico, l’ha tradotto in questa lingua, particolarissima forma del greco antico parlata in alcuni piccoli comuni ai piedi dell’Aspromonte, lungo il versante ionico della provincia di Reggio Calabria. Un idioma arcaico, contraddistinto da un’innata ed evocativa musicalità ma anche da una materica carnalità; una lingua, perfettamente padroneggiata dai sette interpreti – allo stesso tempo attori, cantanti e danzatori – che immediatamente genera un magnetico straniamento. Il grecanico e, coerentemente, le fogge e i tessuti degli abiti; i movimenti ieratici, a tratti da processione funebre di paese; il suono e il dominante chiaroscuro: elementi che concorrono a trasporre il mito in una dimensione atemporale, accentuando la natura archetipica della vicenda di Edipo e sottraendola al rischio del morboso dramma borghese, quest’ultimo derivato dalla lettura freudiana, qui volutamente ignorata. Il ricercato effetto di straniamento non allontana lo spettatore da quanto avviene sul palcoscenico ma, al contrario, lo avvicina, convincendolo quasi telepaticamente che quella oscura trama di parricidi, incesti e vendette fratricide nasconde qualcosa che lo riguarda. Edipo, infatti, è in primo luogo la tragedia dell’uomo che non conosce sé stesso, le sue origini e la sua vera identità. Ma, aggiunge Serra, Edipo è anche l’uomo che, prima di abbandonare la terra e raggiungere l’Ade, comprende come solo l’amore possa dare un senso a un’esistenza. Non l’amore romantico o borghese, ovviamente, bensì quello totale e disinteressato, quello dato e ricevuto non per dovere bensì per scelta libera e spontanea.

La messinscena di “Tragùdia – il canto di Edipo”

Alessandro Serra è autore di una sorta di teatro “totale” in cui nulla è lasciato al caso e ogni aspetto della messa in scena – movimenti, suoni, luci, costumi, scene e oggetti – concorre a immettere concreta realtà nell’idea registica. Una cura frutto di indiscusso e visionario talento nel comporre sul palcoscenico atemporali tableaux vivants, paesaggi umani di onirica e suggestiva pregnanza. Immagini che, in questo caso, rimandano alla pittura fiamminga ma pure alle tele in grigio/nero di Rothko e, ancora, a certe fotografie di famiglia in bianco e nero di inizio Novecento, Ma, poi, c’è anche la maschera orientaleggiante di Teseo e ci sono i veri e propri lazzi dei servi di casa. Ispirazioni eclettiche che convergono in un quadro coeso che concorre al succitato, programmatico straniamento. Una poetica della scena che non genera pathos né concede la consolazione di un’ormai impossibile catarsi bensì si rivolge con fredda – ma non distaccata – lucidità al pubblico, accendendone il pensiero più che le emozioni, la riflessione esistenzial-filosofica più che le passioni.   
Lo spettacolo è una produzione Sardegna Teatro, Teatro Bellini, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro Due Parma; in collaborazione con Compagnia Teatropersona e Fondazione I Teatri – Reggio Emilia

Laura Bevione

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Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

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