La super mostra sul Pop a Parigi: Tom Wesselmann e gli altri
La mostra alla fondazione parigina permette di costruire, grazie alla magistrale curatela di Suzanne Pagé, passato, presente e futuro dell’esperienza della Pop art. Non senza domandarsi l’eventuale influenza di un progetto del genere sul mercato di questo artista
L’erosione dell’influenza di istituzioni pubbliche di fronte a strutture private con budget milionari non né una novità, ma Arte Povera alla Bourse du Commerce e Pop Forever alla Fondazione Louis Vuitton lo certificano appieno. Quel che accade al Centre Pompidou, pur pregevole, ad esempio non regge il confronto con la programmazione voluta da Pinault e Arnault. Si tratta di un cambiamento che conferma una diagnosi estendibile ben oltre i confini dell’arte, ma nello specifico sono due le li ragioni principali. La prima è l’aumento incessante del costo delle “grandi mostre”: i valori assicurativi sono aumentati in proporzione all’inflazione dei valori raggiunti da molte opere sul mercato; l’aumento del costo dei trasporti non è da meno. La seconda ha a che fare con la qualità delle esposizioni che non ne esce minore.
Le grandi mostre di Pinault e Arnault
Queste mostre sono il risultato del lavoro di specialisti spesso provenienti da lunghe esperienze museali. Per Arte Povera c’è Carolyn Christov-Bakargiev, che in passato ha diretto documenta e il Museo d’arte contemporanea Castello de Rivoli a Torino. Per Pop Forever Suzanne Pagé, già a capo del Museo d’Arte Moderna di Parigi. Né l’una né l’altra sarebbero probabilmente riuscite a realizzarle senza poter attingere alle ricchissime collezioni di François Pinault e Bernard Arnault. Pop Forever Wesselmann & … ricalca alla perfezione lo schema dell’evento basato sull’esposizione di un gran numero opere provenienti da collezioni pubbliche e private utilizzate per riscrivere la storia di un artista dei suoi precursori o dei più recenti epigoni. Nel caso specifico riuscendo persino ad influenzare (come vedremo pii avanti) la scelta delle opere esposte negli stand di Art Basel Paris.
La mostra Pop Forever
Pop Forever presenta una selezione di 150 opere: dai primi collage del 1959 sino e ai Sunset Nudes del 2004, l’anno della sua dipartita. Ma sono presenti altri 70 lavori di 35 artisti. L’assunto è chiaro: se è difficile dire quando inizia la Pop Art è impossibile considerarla un capitolo chiuso. Tom Wesselmann (Cincinnati, 1931 – New York, 2004) ha abbracciato senza incertezze il vocabolario iconografico del suo tempo, ma lo ha fatto in continuo dialogo con la storia dell’arte. Grande merito di questa esposizione è sottolineare il suo collegamento a Dada e al Surrealismo. Sina dai primi collage Wesselmannn integra object trouvé secondo una pratica che ha precedenti in Kurt Schwitters, Hannah Höch o Meret Oppenheim. Nell’esposizione compare pure Fontaine (1917), di Marcel Duchamp, il ready made per eccellenza. Così nelle composizioni di Wesselmann, appaiono oggetti reali, si tratti di rotoli di carta igienica rosa a o apparecchi radiofonici e televisivi che trasmettono musica o immagini dall’interno del dipinto. De resto non sono stare solo le avanguardie storiche ad averlo influenzato. Wesselmann non si è mai allontanato alla pittura di genere: la natura morta, il nudo e il paesaggio . Nei suoi Still life piccoli o giganteschi i fiori e la frutta sono quelli di Cézanne. E il Grande nudo disteso (1935) di Matisse era per lui una vera ossessione, la matrice di decine di opere. I suoi Great American Nudes guardano al grande francese anche se non si sottraggono al dialogo con le icone americane dei suoi contemporanei (Evelyne Axell, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Marisol, Marjorie Strider e Andy Warhol). Predecessori e contemporanei dunque.
Il realismo della Pop Art
In questa esposizione a doppia punta (insieme retrospettiva e tematica) il “realismo” di Wesselmann e della Pop anticipa inoltre le attuali rappresentazioni merceologiche di Jeff Koons, Ai Weiwei o Yayoi Kusama, tutti presenti nell’esposizione. Al quarto piano arrivano poi tanto i suoi “collage” realizzati con grandi forme di acciaio che gli ultimi ultimi nudi: questi si rispecchiano in opere di una nuova generazione a cui appartengono Derrick Adams, e Mickalene Thomas. A quest’ultima è dedicata una stanza dove stanno esposte le sue odalische nere. L’artista, nera e lesbica, non nasconde il riferimento a Wesselmann ma se ne allontana nelle intersezioni cubiste. Su un’intera parete invece si allineano i Super Nudes (2024) di Derrick Adams. Si tratta di possenti corpi maschili neri in pose burlesque dove trionfano peni colorati come flag di David Hammons. Altri aspetti fecondi dell’eredità di Wesselmann si scoprono nei magnifici lavori del giapponese Tomokazu Matsuyama e in quelli meno aggressivi ma non meno intriganti del coreano Do-Ho Suh. Dare spazio a questi artisti meno conosciuti è un altro dei meriti da ascrivere al grande lavoro di curatela qui svolto.
Wesselmann e i collezionisti
A stretto giro dall’inaugurazione di Pop Forever ha preso il via nel settembre scorso Art Basel Paris. Non sorprende che uno degli artisti più esposti negli stand del Gran Palais sia stato proprio Wesselmann. Qualche considerazione pare tutta via necessaria. La mostra dedicata da Fondazione Louis Vuitton è aperta nella prima sala da un neon di Martial Raysse (un po’ di sciovinismo in salsa francese è perdonabile): si tratta di America America un neon del 1964 accostato a uno still life di grandi dimensioni di Wasselmann immediatamente seguito da opere di Andy Warhol, Jasper Johns, Yayoi Kusama e Marisol. La Shot Sage Blue Marilyn di Warhol qui presente appartiene a Larry Gagosian ed è stata venduto per 195 milioni di dollari da Christie’s New York nel 2022.
Il mercato dell’arte contemporanea
Flag di Jasper Johns è invece stato acquistato nel 2010 dal collezionista Steve Cohen per di 110 milioni di dollari rendendolo per l’epoca l’opera più costosa di un artista vivente. Il prezzo di mercato delle opere maggiori di Wesselmann, a rigor di logica dovrebbe avvicinarsi a queste cifre, ma non né stato così: il suo attuale record d’asta è di 10,7 milioni di dollari, stabilito da Sotheby’s New York nel 2008. Al Gran Palais la gallerista Almine Rech esponeva diverse opere dell’artista, tra cui un grande dipinto del 1980, Smoker #27, valutato 4,75 milioni di dollari. Sempre al Gran Palais il nuovaiorchese Christophe Van de Weghe ha venduto, ma nessuno sa per quale cifra, Great American Nude #73 (1965). Opere simili a questa sono state di recente stimate tra i 5 e gli 8 milioni di dollari. Si sono viste proposte anche più contenute per opere di dimensioni minori. I galleristi, sempre un po’ misteriosi, in questo periodo anche più cauti che in precedenza nel fornire informazioni. Ma è impossibile non domandarsi se la mostra da Louis Vuitton ha già fatto o farà aumentare le valutazioni, per molti aspetti ancora con un grande potenziale di crescita di Wesselmann.
Aldo Premoli
Parigi// fino al 24 febbraio 2025
Pop Forever. Tom Wesselmann &…
Fondation Louis Vuitton
8 Av. du Mahatma Gandhi
https://www.fondationlouisvuitton.fr/en
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