Al Teatro alla Scala la mostra immersiva su Giacomo Puccini
Per il centenario dalla sua scomparsa, il Museo della Scala gli dedica un percorso speciale, in cui le sue opere rivivono grazie all’intelligenza artificiale, accanto a bozzetti e documenti mai visti, tra cui gli spartiti per il duetto finale della Turandot rimasto inconcluso
Cento anni fa, nel 1924, moriva il grande compositore Giacomo Puccini (Lucca, 1958 – Bruxelles, 1924). Un mito intramontabile, la cui fama – già allora – si diffuse oltreoceano, arrivando fino alle coste degli Stati Uniti e dell’America Latina. Egli visse quel periodo congiunturale tra Ottocento e Novecento, caratterizzato da grandi innovazioni tecnologiche, tra le quali spiccano (per quel che riguarda il mondo del teatro) i dischi e la nascita del cinematografo. Rivoluzione, queste, che se dapprima sembrarono mettere in crisi la musica dal vivo, furono poi sfruttate strategicamente come potenti strumenti di marketing.
L’Archivio Ricordi – storico editore musicale che brillò nel nome di Puccini – presenta negli spazi ricchi di storia del Museo del Teatro La Scala di Milano una mostra immersiva unica nel suo genere. Un connubio di documenti originali (spartiti, bozzetti e non solo) e tecnologie innovative, che offre al pubblico un’occasione inedita di approfondimento del teatro d’opera e dell’impatto che ebbero in questo campo i “nuovi media” tecnologici comparsi con la Belle Époque.
Le rivoluzioni tecnologiche del teatro d’opera al Museo della Scala di Milano
Ascoltare le note inconfondibili delle arie di Giacomo Puccini senza mettere piede in un teatro. È il “miracolo” – che allora poteva definirsi davvero tale – dei vinili che ruotano veloci sul grammofono. Senza questa invenzione tecnologica, il grande compositore non avrebbe raggiunto lo stesso livello di popolarità internazionale.
I dischi sono dunque il primo medium al centro della rivoluzione innovativa che il progetto Puccini – Opera meets new media si propone di raccontare. Il secondo? Indiscutibilmente il cinema. Quella sequenza di immagini in movimento inventata dai Fratelli Lumière, che sin dalla sua nascita mise in chiaro che avrebbe potuto facilmente fare grande concorrenza al teatro e alla musica dal vivo. A scongiurare il pericolo ci fu però l’intelligenza di Ricordi, che fu in grado di cogliere le due opportunità rendendole preziosi canali di marketingper la propria punta di diamante operistica, Puccini, e non solo. Grazie anche alla diffusione di massa della sua musica, l’autore italiano si costruì una fama mondiale, paragonabile alle pop star di oggi.
Il “brand” di Giacomo Puccini raccontato al Museo della Scala di Milano
Attraverso un ricco repertorio di documenti, manifesti e persino cartoline e altri gadget illustrati, la mostra restituisce al pubblico un’idea di quello che fosse a inizio Novecento il “marchio” di Giacomo Puccini. Un marchio prezioso, molto noto e redditizio, che per questo andava protetto dagli utilizzi non autorizzati e dalle imitazioni. La questione dei diritti d’autore era dunque un tema caldo per l’Editore Ricordi, che si trovava a dover proteggere il suo brand in un mercato internazionale in cui non c’erano ancora leggi uguali per tutti. E quello che in Italia era illecito, a due passi dai confini avrebbe potuto non esserlo. A fare da appiglio legislativo era giunta nel 1886 la Convenzione di Berna, improntata alla tutela della musica stampata e dal vivo. Malgrado ciò, le differenze tra paesi persistevano.
Incredibile ma vero: ai tempi di Puccini esisteva già la pirateria. E in materia di arie d’opera. Esempio lampante riportato nei documenti in mostra è la canzone Avalon. Caso di musica popolare tratta da un celebre passo della Tosca.
Le azioni di protezione del marchio di cui Ricordi era titolare non si limitavano al suono, proseguendo anche in campo di carta stampata. Le immagini legate a Puccini erano infatti concesse su licenza a terzi, seguendo una vera strategia pubblicitaria che mirava a costruire e diffondere il suo nome.
Giacomo Puccini icona internazionale
Sono soprattutto gli scatti in bianco e nero a testimoniare l’onda del successo di Puccini sbarcata oltreoceano, in America. Un successo trainato dai vinili – di cui sono esposti alcuni esemplari storici accompagnati dalle voci originali registrate – che giunse fino a Buenos Aires. Lo stesso compositore viaggiò molto per il mondo, supervisionando di persona gli allestimenti delle sue opere, che divennero presto protagoniste di festival e prime internazionali a lui dedicate.
La Turandot di Giacomo Puccini al Museo della Scala di Milano
Capitolo chiave del percorso alla Scala è tutto quanto ruota attorno a uno dei suoi capolavori più celebri, nonché l’ultimo. La Turandot.
Le scenografie della Turandot rivivono con l’AI
“Abbiamo voluto rielaborare i bozzetti scenografici originali di Turandot per trasformarli in immagini fotorealistiche animate e contemporanee” commenta Pierluigi Ledda, direttore dell’Archivio Ricordi. I disegni delle scenografie e dei costumi realizzati da Galileo Chini prendono vita in mostra in un’installazione video immersiva che dà nuova energia creativa al passato. Questo, grazie all’intelligenza artificiale, che si aggiunge ai “new media” di inizio Novecento nell’arricchimento dei contenuti legati a Puccini.
Gli spartiti non finiti della Turandot per la prima volta in pubblico
A conclusione della visita, dopo aver ammirato il meraviglioso costume di velluto indossato dalla protagonista nel 1958, c’è una sorpresa mai esposta in pubblico prima d’ora. Si tratta di una serie di fogli a pentagramma pieni di bozze, appunti, cancellazioni e segni indecifrabili. È ciò che resta del duetto finale della Turandot, che l’autore non fece in tempo a concludere prima della morte (Ricordi incaricò altri di terminarla per permetterne l’esecuzione). Un patrimonio di immenso valore che gli esperti non possono non riconoscere, ma che stupisce chiunque per il genio che lascia intravvedere.
Emma Sedini
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