L’arte ambientale a Formia. È Seminaria/Sogninterra
Tre giorni, dal 22 al 24 agosto, per la sua terza edizione. È il Festival d’arte ambientale che si è tenuto a Maranola, nei pressi di Formia. Con un cast artistico di tutto rispetto e, soprattutto, un’idea forte e ben radicata di cosa può fare l’arte.
Un tessuto di case di pietra alle pendici dei monti Aurunci, aperto dall’alto sul Golfo di Gaeta; un orizzonte a perdita d’occhio da cui arriva il profumo del mare e della macchia mediterranea. Maranola è un paese di montagna affacciato sul mare. O forse un paese di mare addossato alla montagna. Tra aria e terra. Non a caso Seminaria/Sogninterra è il nome dell’associazione culturale che dal 2011 si occupa di organizzare eventi e interventi artistici. In particolare un Festival d’arte ambientale concepito come un laboratorio di sperimentazioni e come vettore di un dialogo tra l’arte contemporanea, la gente e il paese, attraverso la ricerca di nuove forme di partecipazione e di coinvolgimento.
Un aspetto, questo, messo particolarmente in risalto nella terza edizione del Festival che si è svolta a Maranola dal 22 al 24 agosto, con la direzione artistica di Marianna Fazzi e Isabella Indolfi insieme al curatore Fabrizio Pizzuto e impostata sul concept dello scarto di senso generato dal capovolgimento di prospettive. “Il sottotema è infatti ‘Alla riversa’, che in maranolese vuol dire ‘al contrario’, e indica un’inversione fisica del percorso espositivo che quest’anno verrà affrontato ‘alla riversa’, appunto, rispetto alle precedenti edizioni”, scrivono i curatori. “Si presume e si acconsente il ribaltamento della realtà stessa : guardare in basso per vedere il cielo e in alto per vedere la terra; sconvolgere le abitudini che facilmente diventano regole, e giocare seriamente attingendo dal disordine creativo. Un invito agli artisti a sovvertire le regole spaziali, fisiche e relazionali”.
Gli artisti hanno risposto a questo invito a invadere il tessuto urbano, a capovolgere i percorsi facendo dello spostamento stesso una pratica artistica, del luogo fisico una comunità, delle opere uno spazio di relazioni, dell’esperienza estetica un tema identitario e simbolico che attinge alle tradizioni e al vissuto di Maranola.
Il percorso inizia con Sciarrata, un’installazione di Iginio De Luca che trasferisce lungo la strada le foto giganti di alcuni abitanti del paese stampate sui drappi degli sbandieratori che aprono il Festival, e termina dopo un lungo giro per la stradine del paese con Maranola, il frammento di un mondo in miniatura di Giù Pioventini, centinaia di minuscole pecore bianche che tracciano disegni simbolici sull’acciottolato, sorvegliate dalla presenza performativa dell’artista/pastore.
Tra queste due installazioni, direttamente collegate all’identità del luogo, si snodano diverse altre opere. Donatella Spaziani trascrive sui muri con gessetti colorati, poesie, proverbi e filastrocche che da sempre circolano tra gli abitanti di Maranola (Write up). Marina Paris suggerisce l’idea di un passaggio interrotto con un video in cui porte, imposte e sportelli incessantemente si aprono e si chiudono (Shooting).
Silvia Giambrone anima l’uscio e le finestre spettrali di una casa abbandonata con una sequenza di voci diverse che chiamano mamma (Mamma).
La luce che genera lo spazio di Carlo Bernardini fa sollevare lo sguardo verso l’alto, sulle geometrie luminose di filamenti di fibra ottica. L’installazione di Filippo Riniolo percorre il buio inquietante di una galleria verso un bosco silenzioso, punteggiato dalle luci disperse di minuscoli led (Forse solo un pensiero luminoso). Martina Angius installa un fascio di erbe e fiori selvatici in bilico su una grande teca di vetro (Dietro di me il mare (ciò che è vicino è lontano)). In Sogni in terra Andrea Aquilanti costruisce l’attraversamento di spazi e tempi impercettibilmente stranianti con un sistema di registrazioni e di telecamere in diretta e in differita, tra il vedere e l’intravisto. Gino Sabatini Odoardi riveste una torre di cuscini candidi su cui sono in bilico altrettanti bicchieri pieni di inchiostro (A boccaperta – 2002/2014). Vincenzo Core propone ai passanti di camminare sulla superfice instabile di un tappeto di sassi e carbone, registrando e restituendo una particolare vibrazione sonora (Impronte sul sentiero delle memoria). Zaelia Bishop gioca con le sagome i frammenti di figure fiabesche che sembrano apparire e nascondersi tra le vie silenziose di Maranola (Per il domani-domani).
Ma la cosa più importante, la più intrigante di questo festival non sta nella qualità e nella suggestione delle singole opere (sulle quali ci si potrebbe soffermare a lungo), ma nel legame che ognuna a suo modo instaura con il luogo e con tutte le altre: un insieme, una sorta di grande installazione site specific che trae sostanza simbolica, pur nella diversità delle esperienze, dalla propria modulazione nel tessuto urbano e dal coinvolgimento dell’intero paese. Tutti i lavori si intrecciano e si motivano come un’unica e articolata esperienza che solo in quel luogo può verificarsi, un’aderenza alla memoria e al presente del genius loci di Maranola.
Il motivo dominante delle installazioni è infatti l’attraversamento, il passaggio a livello fisico e simbolico: punti di arrivo e di partenza dirottati e scambiati, rapporti tra vicini di casa, tra strade, piazze, orti e giardini, tragitti da un’opera all’altra non solo nelle strade e nei vicoli ma anche attraverso appartamenti e giardini privati. Perché uno dei paradigmi più affascinanti dell’arte contemporanea è quel tipo di mutamento e movimento che è parte fondamentale della rete di relazioni, passaggi e ritorni che va oggi sotto il nome di condivisione e che nel festival di Seminaria/Sogninterra riesce a coinvolgere l’intero paese, spazi, tempi e abitanti, dalla progettazione alla realizzazione.
Silvia Bordini
www.seminariasogninterra.it/festival/2014/2014.html
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