Artivism. Le frontiere dell’impegno
Quali sono le frontiere fra arte e politica nel XXI secolo? O meglio: si stanno sfaldando le divisioni nette e si può parlare di “artivism”? Così la pensa Peter Weibel, che ci ha fatto una mostra allo ZKM di Karlsruhe e un libro per la casa editrice del MIT.
NASCITA DELL’ARTIVISM
“Un altro mondo è possibile”, urlavano a Seattle nel 1999 i movimenti no-global. Da allora all’apertura del nuovo millennio, si sono andati diffondendo nella società planetaria e sulla Rete i tentativi di trasformazione delle nostre esperienze quotidiane attraverso pratiche di emancipazione creativa e politica.
Un fenomeno di “declinazione del possibile”, frammentato e spesso poco conosciuto, che viene per la prima volta indagato in maniera unitaria dal molto documentato catalogo della mostra Global Activism. Art and Conflict in the 21st century curata da Peter Weibel per lo ZKM di Karlsruhe.
Pubblicato da The MIT Press con ampia raccolta di documenti, immagini, link, offre interessanti spunti di riflessione su una nuova pratica artistica che Weibel definisce artivism, una combinazione di arte e attivismo. La chiave di accesso in questo magmatico universo ai bordi del politico (per riprendere il titolo di un fortunato saggio di Jacques Rancière) è fornita dalla percezione di profondi mutamenti avvenuti sia nel mondo dell’arte che nel disastrato universo della dialettica politica.
LA CRISI DELLA RAPPRESENTANZA
Sotto i colpi della globalizzazione e della smaterializzazione delle esistenze, il concetto di azione soggettiva e collettiva ha visto una perdita di senso che ha azzerato l’idea stessa di rappresentanza. Mentre le pratiche artistiche finivano nelle voraci fauci del mercato. Così, la presa di coscienza di questa trasformazione ha creato una nuova forma di spettatore/cittadino emancipato che, abbandonata la lotta di classe nella sfera politica e la critica al sistema dell’arte, ritrova nella possibilità di inventare forme, spazi, tempi dell’azione collettiva il territorio dove liberare un immaginario potente e multiforme.
Il rifiuto della divisione degli ambiti disciplinari e un campo d’azione sconfinato che spazia dal web alle favelas ha aperto enormi possibilità operative che lavorano sulle rotture e sull’invenzione continua del presente. Si tende ad affermare un’altra politica/gestione del tempo, dove non esiste A contro B ma i sistemi possono coesistere perché la legittimità del loro operare non ha la necessità del riconoscimento. L’eguaglianza non è un obiettivo da raggiungere ma un punto di partenza che bisogna presupporre e praticare.
A supporto di questo profondo cambio di prospettiva e di legittimazione delle nuove pratiche di artivism, sono racchiusi nel catalogo gli interventi di Ugo Mattei, Bruno Latour, Toni Negri, Peter Sloterdijk, Karl Peter Sommermann, Slavoj Zizek. Un insieme di sguardi critici da cui emerge che vivere in tempo di crisi significa proiettarsi in una nuova condizione esistenziale – e per questo eminentemente politica – che si alimenta di sconfinamenti continui attraverso i linguaggi, i media. Ricerca una soggettività che partecipa inventando lo spazio del possibile, appunto: un corpo imprevedibile che occupa le piazze, gli spazi dormienti delle metropoli, delle città, dei paesi, delle campagne nel tentativo di ri/attivare forme di azione, nella prospettiva che un nuovo soggetto emerga.
COME L’ARTE AFFRONTA IL CAMBIO DI PARADIGMA
Ne sono conferma le ricerche di Metahaven, un collettivo olandese transdisciplinare che attraverso il dissolvimento del concetto di identità ha costruito una piattaforma di riflessione aperta che tende alla messa in discussione – sino alla demolizione – del fondamento stesso dei tratti costitutivi del logotipo, del marchio di appartenenza. Uncorporate identity, Can Jokes Bring Down Governments? Memes, Design and Politics sono alcuni dei progetti sviluppati dal collettivo che interrogano, usando gli strumenti dell’ironia, dell’arte, del graphic design, l’essenza profonda di cosa significhi lavorare, progettare, vivere il mondo della creatività in una società della conoscenza in profonda crisi.
Insiste invece sul tema dell’immediatezza strategica il progetto Torre David, il grattacielo di 45 piani, eretto nel centro finanziario di Caracas durante il boom del petrolio dei primi Anni Novanta. Abbandonato dopo la morte dell’imprenditore David Brillembourg (1993) e il successivo crollo dell’economia venezuelana, è stato occupato da una comunità di oltre 750 famiglie a distanza di vent’anni e ora sgomberato. Il più alto squat verticale del mondo, simbolo controverso della grave carenza di alloggi a Caracas, è stato radicalmente trasformato in una piattaforma sperimentale di studio del senso di una “comunità verticale”. Con successo, Justin McGuirk ha attivato un dibattito sul tema degli insediamenti informali, tacitamente riconosciuti dalle amministrazioni pubbliche come uniche soluzioni possibili nell’immediato.
In tempi di migrazioni di massa e di sbandamenti geopolitici, l’artivism può offrire (forse) diverse modalità di sostegno al rinnovamento delle politiche di gestione. E suggerire – oltre l’utopia – soluzioni alle mutanti emergenze del nostro tempo.
Marco Petroni
Peter Weibel (ed.), Global Activism. Art and Conflict in the 21st century
The MIT Press
Pagg. 600, $ 55
ISBN 9780262526890
mitpress.mit.edu
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