Antonio Canova e un concorso di scultura
Sono passati cinque mesi dall’ultima volta che ne abbiamo parlato. Un’estate afosa, avara di pioggia, ma che avrà sicuramente regalato un’annata eccellente alla cantina veronese Guerrieri-Rizzardi, promotrice della competizione di scultura. And the winner is…
IL CONCORSO E LE PAROLE DI NUNZIO
Quando, il 16 ottobre, raggiungiamo in Valpolicella la splendida villa settecentesca dei conti Rizzardi per conoscere il nome del vincitore del concorso di cui vi abbiamo parlato a maggio, la vendemmia è ormai conclusa e al cortile di ingresso si viene accolti da un intenso odore di mosto.
Eppure non c’è solo l’uva in fermento. Forse lo sono molto di più i sette finalisti, arrivati a Verona da tutta Italia per conoscere quale sarà il verdetto della giuria. “L’opportunità di avere degli occhi esterni che guardano la vostra opera è sicuramente una sfida per voi”, apre in media res Giuseppina Panza di Biumo, collezionista, figlia d’arte e membro della giuria. Gabriella Belli, presidente del concorso e direttrice dei Musei Civici veneziani, le ha dato l’incarico di portare i saluti e fare le veci per la sua assenza dovuta all’inaugurazione del campus economico dell’Università Ca’ Foscari.
Nunzio, unico artista della giuria, arrivato da Roma in toccata e fuga, rimarca: “Guardo le opere di questi giovani e non vedo alcuna differenza tra me e loro. Mi hanno colpito tutti per il modo di pensare lo spazio e la trasformazione. Non avrei mai scommesso che il Concorso Canova potesse continuare con questa intensità. L’atteggiamento di chi abbraccia l’arte e ne fa il centro della propria vita è un processo che rimane sempre uguale per tutti gli esseri umani”. E non nasconde una critica, che è uno spunto: “Siamo qui, in un luogo magnifico, dove questi giovani possono esporre in un contesto che non è concesso loro tutti i giorni perché le Accademie non fanno quello che dovrebbero fare: autopromuoversi innanzitutto. ‘La pubblicità è l’anima del commercio’ si dice, ed è così. Perché l’arte è sia di chi la produce ma anche di chi la fruisce e la scultura, intesa come tale, ha preso oggi forme diverse, che riguardano la totalità dell’essere”.
LA VINCITRICE: GIULIA BERRA
Quest’anno è Flotta di sogni di Giulia Berra, diplomata all’Accademia di Brera, a dare fin dal titolo una sorta di auspicio per un futuro in discesa a questo concorso. L’opera-installazione vincitrice della sesta edizione “ha come tema il viaggio e la migrazione”, spiega l’artista, ma non quella degli uccelli – sebbene abbia usato penne di muta per realizzarla – quanto quella umana. Viviamo in un periodo di grandi migrazioni, di desideri di fuga, di andarsene alla ricerca di nuove prospettive e nuove speranze. Questo a livello generazionale, quante volte mi sono sentita dire ‘Vai via dall’Italia’, ma anche a livello geopolitico se solo si pensa alla situazione del Mediterraneo. I due elementi nella mia mente si sono un po’ sovrapposti e, quindi, ho creato qualcosa di molto arioso ed etereo: la leggerezza dell’opera rappresenta una vita in perenne instabilità».
“Di arte non si campa, anzi, devi essere già ricco di tuo se vuoi vivere d’arte”. Così la pensa, e come darle torto, Panza di Biumo. Ma dice anche di più: “Quando gli artisti escono dalle Accademie sono spaesati. Il sistema galleristico italiano è diverso dal passato perché non promuove più giovani artisti, non è interessato a far conoscere ma a vendere”.
LE VOCI DEI FINALISTI, I
La domanda che abbiamo rivolto a tutti i finalisti – se sentono un legame con l’opera di Antonio Canova – è retorica ma aiuta forse a capire in che modo la scultura oggi sia così lontana dal questo grande modello neoclassico. Tutti concordano che si tratti di un concorso importante – uno dei pochi in Italia dedicato alla scultura e ai giovani artisti, insieme a quello di Carrara – con un premio eccezionale: oltre a quello economico, attrae l’opportunità di una personale alla Gipsoteca canoviana di Possagno. Nessuno degli artisti sente un legame stretto tra la propria opera e Canova perché si tratta di un modello alto, perfetto, irraggiungibile, sebbene rappresenti un punto di riferimento nella formazione accademica. In ogni caso, ognuno dei finalisti tenta una specifica associazione tra la propria opera e l’artista a cui è intitolato il Concorso.
Gianluca Brando si dedica molto alla scultura e in Continuum vi è l’interesse per il rapporto con i gessi e il processo del calco, su cui si concentra negli ultimi anni la sua ricerca, e in cui vede il legame con il maestro di Possagno: “Le sculture di Canova sono state riprodotte in gesso. Ripetendo il calco in un continuum la forma diventa il contrario di se stessa”. Per Sara Campini, Silenzio rappresenta “un luogo in cui c’è stato qualcosa, ma adesso non più: è sospeso nel silenzio, è come se si stesse aspettando qualcosa o qualcosa sia appena finito”.
Anita Guarneri con Scritture si sente vicina a Canova nel modo in cui dovrebbero sentirsi universalmente tutti gli artisti in quanto si rivolgono all’umanità: “Ho usato la creta perché sono nata a Cremona, il che vuol dire un fiume, tanta argilla, tanti campi. La terra, dunque, è qualcosa di molto intimo per me, al di là di tutti i rimandi biblici, è qualcosa di cui mi sento circondata dall’inizio della vita fino alla morte”.
LE VOCI DEI FINALISTI, II
Lorenzo Passi sente un legame perché “lavoro da artigiano e quindi metto direttamente le mie mani sul lavoro che vado a realizzare. ‘Gear#5’ l’ho realizzato con l’assistenza della fornace Zanetti Murano. Rappresenta un passaggio della mia vita, un’espressione di sfogo interiore attraverso il vetro, una materia su cui ho faticato molto”. Emanuela Terzi espone qui per la prima volta Transizioni apparenti: “Non l’ho mai fatto nemmeno in Accademia. Nella mia opera ho cercato di dare l’idea dell’equilibrio della forma, della reversibilità del materiale di cui è fatta, che in una sorta di circolarità cambia stato ma rimane sempre uguale”. Sergio Totaro, assente alla cerimonia, con l’opera Concetto plastico-spaziale trova ispirazione nell’opera di Canova perché si riconduce al concetto base della forma, “un asse cartesiano, da cui si può generare qualsiasi forma”.
Sulla distanza tra Canova e la scultura contemporanea fa una riflessione anche il direttore scientifico della Gipsoteca, Mario Guderzo: “Il pubblico che visita il museo fa fatica a fare i confronti tra l’arte di Canova e le personali di artisti contemporanei. Non perché l’arte contemporanea stoni, ma perché l’opportunità data dalla Gipsoteca a questi giovani è per un’arte che non si rapporta più sul figurativo ma su altri modi che guidano la rassegna. Canova ha un ruolo importante nella formazione dei giovani artisti, tuttavia anche le Accademie vanno sempre più verso le tecnologie, verso un’arte che non ha elementi di comparazione con il figurativo di Canova”.
IL RITORNO DELLA BELLEZZA
“Non dimenticate mai che nell’arte esiste la bellezza”, ricorda fermamente ai finalisti durante la cerimonia Giuseppina Panza di Biumo. E a rimarcare questo concetto anche Isabella Bossi Fedrigotti, scrittrice, per cui “la bellezza e la cultura bonificano il territorio, il degrado cui sta andando incontro la nostra società”.
Infine, anche Franca Coin, parte del comitato d’onore e presidente di Venice Foundation, chiarisce uno dei punti di contatto forse più interessanti tra il maestro e i giovani d’oggi: “Canova rappresenta la bellezza, la pulizia, la purezza. In questo momento storico di globalizzazione, in cui mancano le radici, dove tutto è ‘liquido’ per dirla con Zygmunt Bauman, partire dal classico può essere un modo per aiutare i giovani a salvaguardare il loro futuro attraverso l’educazione alla bellezza dell’arte”.
Federica Lavarini
www.guerrieririzzardi.it/canova-2/
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