Se l’arte incontra la religione. Parola ad Archie Rand
Arte e religione. È questo il terreno da cui prende la mosse l’ironico libro di Archie Rand, artista ebreo di stanza a Brooklyn. Fra sacro e profano, un volume che coniuga tutta la potenza dell’arte contemporanea con tradizioni religiose millenarie.
GIUDAISMO E ARTE
Era il 1974 quando Archie Rand, artista ebreo di Brooklyn, fu trascinato in tribunale con l’accusa di eresia per aver realizzato un murales in una sinagoga ortodossa. L’autorità rabbinica dichiarò la legittimità dell’opera d’arte, scagionandolo dall’accusa di eresia. Giudaismo e arte, un terreno che Archie Rand ha sempre continuato a esplorare, contribuendo a creare una vera e propria iconografia ebraica, nonostante per anni la religione abbia sancito il divieto di qualsiasi tipo di rappresentazione figurativa.
UN LIBRO, TRA SACRO E PROFANO
Oggi Rand torna con un’opera complessa, ironica, dal potente messaggio politico ed artistico. The 613, pubblicato da Blue Rider Press nel 2015, è stato il libro di arte più venduto su Amazon. Il progetto nasce dal desiderio dello stesso Archie di trasformare in libro la monumentale opera creata da lui stesso nel 2008: una gigantesca installazione contenente i 613 comandamenti ebraici. Raffigurazioni che interpretano, tra il sacro e il profano, le 613 mitzvòt che l’ebreo ortodosso deve seguire. Un linguaggio nuovo, vaudevilliano, pop, scanzonato. A metà tra la fotografia di Pulp Fiction e i fumetti degli Anni Quaranta e Cinquanta. Lui preferisce chiamarla “iconografia catch-up”.
“Un po’ artificiale”, dichiara Rand, “forse arbitraria, un’iconografia che pretende di allinearsi con i “comandamenti ebraici”. Un atto di ristrutturazione che ha l’esigenza di manifestare un linguaggio visivo, di cui per anni la cultura ebraica è stata privata”.
“Per alcuni”, continua Rand, “questo lavoro potrebbe sembrare estremo, radicale, ma per me è indispensabile. Io lo vedo come un contributo necessario alla cultura visiva universale”.
ARTE CONTEMPORANEA E TRADIZIONE
Archie Rand, i cui lavori sono stati esposti nei musei di tutto il mondo, dall’Art Institute of Chicago al San Francisco Museum of Modern Art, fino al Museo di Tel Aviv, vive a Brooklyn dove è professore di arte al Brooklyn College.
Sin da bambino, è stato sempre attratto dalla serialità, nell’arte come nella musica. The 613 ha l’immediatezza dell’action movie e l’energia di un fumetto degli Anni Cinquanta. I riferimenti concettuali, spiega Rand, attingono alla musica del sassofonista Sonny Rollins, al poeta John Ashbery e al jazzista e poeta Cecil Taylor. Senza tralasciare personalità come Sol LeWitt, Andy Warhol, Jackson Pollock, così come Carl Jung e Franz Kafka.
“La mia visione in The 613 è stata quella di un muro sacro, ma senza scadere nella falsa pietà. Nella mia mente gli affreschi della sinagoga di Dura Europos in Siria, i dipinti e le sculture buddiste delle grotte di Ajanta in India, la grandeur e l’intimità degli affreschi della cappella Brancacci a Firenze. Tutti esempi e luoghi che contengono un perfetto equilibrio tra l’energia e la solennità monotona. Che poi sono le due facce della nostra esistenza”, conclude Rand.
Liliana Rosano
Archie Rand – The 613
Blue Rider Press, 2015
Pagg. 640, $ 45
ISBN 9780399173769
www.penguin.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati