Anche il Regno Unito istituisce i Monuments Men. Non semplici civili, ma esperti d’arte e curatori
Il gruppo che richiama il mitico team di uomini e donne che negli anni ’40 si adoperarono per recuperare le opere d’arte trafugate dai nazisti affiancherà l’esercito britannico. L’idea sembra ripetere quella presentata da Franceschini nel 2014 all’Unesco dei Caschi Blu per la cultura
Vi ricordate i Monuments Men? Erano in realtà uomini e donne provenienti da ben 13 paesi diversi, 350 più o meno, che dopo il secondo conflitto mondiale si applicarono per recuperare i capolavori dell’arte danneggiati o dispersi. E vi ricordate ancora nel marzo scorso quando il nostro Ministro dei beni culturali Dario Franceschini aveva avanzato la proposta al Direttore Generale dell’Unesco, Irina Bokova, di istituire i Caschi Blu della cultura? La proposta era stata poi approvata nell’autunno 2015 da 53 paesi e dai membri permanenti del Consiglio di sicurezza, dopo un sentito dibattito che ha coinvolto la maggioranza delle delegazioni. L’idea era evidentemente non peregrina, dal momento che nel frattempo con un anno di ritardo rispetto a noi ci sono arrivati anche gli inglesi istituendo un nuovo corpo di Monuments Men, sulla falsa riga dei mitici ragazzi degli anni ’40.
I NUOVI MONUMENTS MEN
Non saranno dei semplici volontari però quelli che affiancheranno l’esercito britannico, bensì curatori, storici dell’arte, artisti, architetti ed educatori che desiderano proteggere il patrimonio culturale nelle zone di guerra. Il tenente colonnello Tim Purbrick, un mercante d’arte anche riservista dell’esercito britannico durante Desert Storm, è stato a capo dell’unità di protezione culturale e militare per gli ultimi due anni. Lui sostiene che la struttura e il bilancio del nuovo gruppo non sono ancora stati determinati, ma che l’esercito, come riporta The Art Newspaper, cercherà di reclutare specialisti d’arte civili tra le riserve. Dopo anni di guerra in Medio Oriente, anche l’esercito statunitense ha aumentato i suoi sforzi nella salvaguardia dei beni culturali nei paesi feriti dal conflitto. Un progetto che negli anni sta rivelando essere di importanza sempre più fondamentale per proteggere territori e patrimoni come ad esempio quello di Nimrud, un sito archeologico mesopotamico di oltre 3300 anni fa, raso al suo dall’Isis e che non potrà mai più essere recuperato e ricostruito.
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