Natale 2016 al museo. Destinazione Vienna
Un mediocre oggetto scabroso di oltre un secolo fa diviene l’emblema storico e culturale di un’epoca. Oggi è un pezzo da museo. A partire da questo dettaglio abbiamo costruito un percorso che attraversa il cuore di Vienna, lambisce architetture che hanno fatto la storia, penetra in alcune delle migliori istituzioni espositive per parlare della cronaca artistica più aggiornata. Non è detta però che questo tour possa essere intrapreso tutto d’un fiato come un giro di valzer, così come lo abbiamo narrato.
FREUD, IL SESSO E UNA MOSTRA
La città di Vienna e l’anno 1900: ovvero, due coordinate convergenti. A cosa possono alludere? Siete sulla buona strada se avete messo in relazione il viennese dottor Sigmund Freud e la nascita della psicoanalisi mediante il suo capolavoro intitolato L’interpretazione dei sogni (Die Traumdeutung), un trattato la cui prima edizione è datata, per l’appunto, 1900, anche se era uscita l’anno precedente. Ed ecco l’arcano: chi, in questo periodo, si trovasse a bazzicare i musei della capitale austriaca, facendo sosta tra le sale del Wien Museum, potrebbe imbattersi in un autentico “pezzo” storico che, nel suo genere, un certo legame con Freud ce l’ha. Titolo della mostra in questione Sex in Wien, con un sottotitolo che ne riassume i connotati: desiderio, repressione, trasgressione. Avvertenza, la mostra è vietata ai minori di 18 anni.
Insomma sì, l’ipotetico visitatore potrebbe rinvenire, tra gli oggetti in mostra, un arnese fallico-vaginale che, esattamente nell’anno 1900, un audace negoziante viennese aveva messo pubblicamente in vendita, seppure tale mercanzia fosse destinata tutt’al più a uno spaccio clandestino. Con la logica conseguenza che, diffusasi la notizia, l’oggetto fu immediatamente sequestrato dalla polizia. È plausibile che il gestore volesse porsi all’avanguardia, cavalcando le nuove scoperte freudiane; scabrose scoperte, secondo cui la psiche è strettamente legata al desiderio sessuale. Purtroppo per lui, i tempi erano particolarmente agitati, giacché il trattato freudiano aveva turbato in modo clamoroso la moralità pubblica. Questo nuovo sapere con fini terapeutici riguardo ai disturbi psicosomatici della personalità si concentrava primariamente sulle intime pulsioni sessuali, smascherandole, mettendo a nudo traumi subiti nell’infanzia, meccanismi del desiderio e atteggiamenti repressivi di auto-difesa indirizzati alla rimozione del trauma. La mostra del Wien Museum, tra oggetti e immagini fotografiche, vuol giocare su un voyerismo di matrice didascalica, insistendo sul dissidio tra moralismo e trasgressione. Neanche a dirlo, la mostra è condita di frammenti di sessualità esplicita, di erotismo e loro derive. Però c’è spazio anche per il risvolto positivo con cui, al di là dello scandalo, la capitale austriaca, a suo tempo, seppe dar luogo a un pionieristico campo di ricerca sulla psiche umana che attrasse il fior fiore degli studiosi da molte parti d’Europa.
SECESSIONE E DINTORNI
Il Wien Museum, non è la sola istituzione acquartierata lungo i lati della Karlsplatz, vasta area verdeggiante nel centro città. Attigua al museo c’è la Karlskirche, imponente chiesa cattolica tardobarocca dell’architetto Johann Fischer von Erlach. Come la piazza, anche la chiesa è dedicata a San Carlo Borromeo, e val bene una certa attenzione in quanto configura un singolare accorpamento di forme eclettiche tra vari linguaggi architettonici. Una personalità notevolissima questo Fischer von Erlach, autore di alcune delle più significative costruzioni viennesi, tra le quali il Castello di Schönbrunn, la Residenza d’Inverno del Principe Eugenio di Savoia, il Palais Schwarzenberg. È anche co-autore della grande scultura commemorativa Pestsäule (Colonna della Peste), posta lungo il Graben, l’elegante arteria pedonale che confluisce verso la piazza della Cattedrale di Santo Stefano.
Tornando in zona Karlsplatz, ma dalla parte opposta del Wien Museum – a distanza di qualche centinaio di metri – è posizionato l’edificio della Secessione viennese, inconfondibile per le sue facciate bianche e la cupola a foglie dorate. L’associazione artistica, fondata nel 1897 da Otto Wagner, Josef Hoffmann, Gustav Klimt e altri, in questi giorni ospita due distinte mostre personali. La grande sala è per il fiammingo Francis Alÿs, artista presente alla Biennale veneziana del 2015 e, per l’edizione 2017, nominato commissario per il Padiglione iracheno. Come artista è noto per le sue performance in luoghi pubblici in cui inscena situazioni particolari, atte a disorientare la folla. In questa sua mostra viennese, con il titolo Le temps du sommeil, espone una sequenza di 111 piccoli quadri di identiche dimensioni, appesi lungo le grandi pareti con una regolarità millimetrica, alternati a brevi note letterarie. La percezione d’insieme suggerisce che i quadri siano tutti uguali, ma da vicino si constata che non è così. L’altra personale è del giovane newyorkese Avery Singer, s’intitola Sailor, serie di dipinti astratti di medie e grandi dimensioni, realizzati espressamente per questa occasione. Sono costruiti al computer e portati sulla tela con l’uso dell’aerografo, simulando effetti di profondità. Nel 2015 era in Italia con una sua personale alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. La Secessione è rinomata anche per avere al suo interno il grande affresco Beethovenfries di Gustav Klimt, risalente al 1902; è sviluppato su tre pareti contigue per una lunghezza di 34 metri.
UNA COLLETTIVA “ROMANTICA”
Per il tradizionalissimo Concerto di Capodanno nella Goldener Saal del Musikverein, niente da fare se non si ha già il biglietto in tasca. Però, almeno questo: il raffinato edificio neoclassico, tempio mondiale della musica e sede del Concerto, si affaccia anch’esso sulla Karlsplatz. Accanto c’è la Künstlerhaus, altra storica istituzione ottocentesca che attualmente ospita una collettiva intitolata RomANTIsch? Grafia costruita per formulare una corrispondenza biunivoca dell’enunciato, che oltretutto è posto in forma dubitativa. Cari “romantici” – viene da dire – perché restare aggrappati alla “coscienza infelice”? Tredici nomi non molto noti e almeno qualcuno da menzionare, come Simon Goritschnig, Helmut Pokornig, Mathias Lautner. Tutto considerato, la mostra, con la sua intrinseca ambiguità figurale, si lascia guardare volentieri.
UN QUARTIERE AD ARTE
Dalla Karlsplatz al MuseumsQuartier – in codice MQ, pronuncia, muqva – c’è solo una tratta da fare con la linea 2 della U-Bahn, la metropolitana viennese. Qualche minuto e via, quando invece a piedi, percorrendo la Getreidemarkt, ad angolo con la Secessione, il percorso lambisce il lato posteriore della monumentale Accademia delle Arti Visive (Akademie der bildenden Künste), color terracotta. Per gli art lover il MQ è comunque una meta obbligatoria da qualsiasi direzione ci si arrivi. Molto vitali le sue istituzioni, come l’Architektur Zentrum e i tre grandi musei posizionati nel lungo cortile centrale: il Mumok, devoto alle numerose variabili del contemporaneo, la Kunsthalle, concentrata sulla varietà delle espressioni creative e performative, il Leopold Museum che, oltre a proporre nomi e figurazioni dei primi del Novecento, vanta la collezione di Egon Schiele più importante al mondo. Il Mumok fa da cornice a una bella antologica di Július Koller, artista slovacco tra neo- e post-avanguardia, scomparso nel 2007, riscoperto nell’ultimo decennio del secolo scorso.
Alla Kunsthalle, terminata, ma non del tutto, la mostra Objects not always silent dell’artista francese Nathalie Du Pasquier, nel senso che, dopo un mese dalla chiusura, circolano ancora i due taxi che lei aveva completamente decorato per dare un’appendice nomade alla sua esposizione. Lei è stata tra i fondatori del collettivo Memphis di Ettore Sottsass, poi, uscita dal gruppo, ha cominciato a dipingere. Evidentemente, però, quell’esperienza estetica le è rimasta nella mano, nella mente, nell’anima.
IL CENTRO STORICO
L’uscita dal MQ è prospetticamente orientata verso il pieno centro storico, ma innanzitutto lo sguardo impatta sul Kunsthistorisches Museum, cui appartengono anche tantissimi storici capolavori assoluti dell’arte italiana. Basti fare due esempi: il geniale Autoritratto allo specchio del Parmigianino e la splendente Saliera di Benvenuto Cellini. Da qualche anno, poi, il museo ha messo in agenda anche un multiforme percorso sul contemporaneo. In questo periodo è in atto un particolarissimo evento in cui l’artista Edmund de Waal “incontra” Albrecht Dürer. Di nuovo fuori dal museo e riprendendo la medesima direzione, le attrattive storico-urbanistico-architettoniche si intensificano. Si attraversa il Ring, cioè l’anello stradale che dall’Ottocento ha rimodellato l’assetto e l’estetica della città. Quindi, dopo essere transitati per la Hofburg, la ex Corte Imperiale, in pochi minuti si sbuca sulla Michaelerplatz. Là davanti, al n. 3, c’è la Haus Goldman & Salatsch, edificio residenziale e commerciale risalente al 1910; è più noto come Loos Haus, il capolavoro che fece guadagnare all’architetto Adolf Loos la fama di capostipite dell’architettura senza ornamenti stilistici, ovverosia l’architettura moderna. È proprio di Loos il motto “l’ornamento è un crimine”.
DA SEURAT ALLA O’KEEFFE
La Michaelerplatz è la rosa dei venti del flâneur in esplorazione. Proseguendo diritti si va verso i grandi nomi della moda. Prendendo a sinistra la Herrengasse, alcune centinaia di metri e si arriva al Kunstforum. Se si va a destra, invece, si va diritti al Museo Albertina, meta ineludibile, passando necessariamente accanto alla Scuola Spagnola di Equitazione, sulla sinistra, e alla barocca Biblioteca Nazionale sulla destra. A segnalare già da lontano l’approdo al Museo Albertina c’è una pensilina molto sporgente, opera dell’architetto e artista Hans Hollein. All’interno, l’attrazione maggiore la offre una mostra sul Pointillisme, quella branca post-impressionista della pittura francese che ha in Georges Seurat e Paul Signac i suoi iniziatori e massimi esponenti, e che poi ha esteso la sua influenza su molti altri artisti e tendenze. In risalto, tra altre mostre, c’è Albertina Contemporary, un buon compendio di oltre una ottantina di opere per illustrare le correnti parallele nel passaggio dal modernismo alla post-modernità.
Benvenuta a Vienna, Georgia O’Keeffe! Imperdibile la sua mostra al Kunstforum, seppure il benvenuto sia oltremodo postumo. Questa fuoriclasse statunitense, morta quasi centenaria nel 1986, è da ascrivere tra i fondatori del modernismo americano. L’esposizione è stata realizzata in collaborazione con la Tate Modern di Londra, ed è forse la più grande antologica a lei dedicata al di fuori degli Stati Uniti. Ci sono 85 dipinti tra cui Jimson Weed/White Flower No 1, un fiore bianco incantevole del 1932, che un paio d’anni fa a un’asta newyorchese presso Sotheby’s fu battuto a 44,4 milioni di dollari. Un record per una donna artista.
IL RITORNO A FREUD
Per chiudere il cerchio vogliamo tornare da Freud, stavolta in Berggasse 19, in quella che fu la sua abitazione e il suo studio, e che dovette abbandonare nel 1938 insieme alla famiglia a causa delle persecuzioni raziali. La ex residenza è ora il “suo” museo permanente. Oltre a trovarci oggetti e foto d’epoca, vi è la ricostruzione originaria del suo studio, mentre in alcune stanze vi si allestiscono mostre. C’è di più, il museo si estende fino a uno showroom a livello strada, riservato a nomi noti dell’arte, come Kosuth, Bourgeois, Clegg & Guttmann, Neto ecc. Da più di un anno vi è allestita una installazione di Peter Kogler, che satura l’intero spazio; lui, artista di casa, è molto ben quotato a livello internazionale. Considerando le molte insoddisfacenti opere ispirate alle teorie psicoanalitiche che si son viste negli anni, il manufatto di Kogler, sinuoso e avvolgente, è particolarmente efficace nel configurare allegoricamente “la concezione dinamica dei processi mentali”, come direbbe, forse finalmente soddisfatto, il Prof. Dr. Sigmund Freud.
Franco Veremondi
Vienna // fino al 22 gennaio 2017
Sex in Wien. Lust, Kontrolle, Hungehorsam.
a cura di Andreas Brunner, Frauke Kreutler, Michaela Lindinger, Gerhard Milchram, Martina Nußbaumer, Hannes Sulzenbacher
WIEN MUSEUM
Karlsplatz 8
+43 1 5058747
[email protected]
www.wienmuseum.at
Vienna // fino al 22 gennaio 2017
Francis Alÿs. Le temps du sommeil
a cura di Bettina Spörr
Vienna // fino al 22 gennaio 2017
Avery Singer. Sailor
a cura di Annette Südbeck
Vienna // permanente
Gustav Klimt. Beethovenfries
WIENER SECESSION
Friedrichstrasse 12
+43 1 5875307
[email protected]
www.secession.at
Vienna // fino al 29 gennaio 2017
RomANTIsch
a cura di Stella Bach, Claudia-Maria Luenig
KÜNSTLERHAUS
Karlsplatz 5
+43 1 5879663
[email protected]
www.k-haus.at
Vienna // fino al 17 aprile 2017
Július Koller. One Man Anti Show
a cura di Daniel Grúň, Kathrin Rhomberg, and Georg Schöllhammer
MUMOK
Museumsplatz 1
+43 1 525001400
[email protected]
www.mumok.at
Vienna // fino al 29 gennaio 2017
Edmund de Waal meets Albrecht Dürer
a cura di Edmund de Waal
KUNSTHISTORISCHES MUSEUM
Maria-Theresien-Platz
+43 1 525 24 4025
[email protected]
www.khm.at
Vienna // fino all’ 8 gennaio 2017
Seurat, Signac, Van Gogh. Ways of Pointillism
a cura di Heinz Widauer
Vienna // fino al 19 marzo 2017
Albertina Contemporary. Andy Warhol to Anselm Kiefer
a cura di Antonia Hörschelmann
ALBERTINA
Albertinaplatz 1
+43 1 534830
[email protected]
www.albertina.at
Vienna // fino al 26 marzo 2017
Georgia O’Keefe
a cura di Heike Eipeldauer, Tanya Barson
KUNSTFORUM
Freyung 8
+43 1 5373326
[email protected]
www.kunstforumwien.at
Vienna // chiusura non ancora fissata
Peter Kogler
a cura dell’artista
FREUD MUSEUM – SHOWROOM
Berggasse 19
+43 13191596
[email protected]
www.freud-museum.at
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