Harald Szeemann e il Monte Verità
In Canton Ticino, il Monte Monescia, diventato ben presto Monte Verità, è l’emblema del felice connubio tra arte e natura. Merito anche del celeberrimo curatore svizzero…
È una storia affascinante, quella del Monte Monescia, ormai noto come Monte Verità. Una storia che inizia nel 1899, quando il rampollo di una ricca famiglia olandese, Henri Oedenkoven, insieme ad alcuni amici, s’imbarca in un’impresa che anticipa tante pratiche libertarie degli Anni Sessanta e Settanta del Novecento. L’obiettivo è infatti dar vita a una comunità libera e pacifica, in quel caso guidata da principi naturisti, teosofici e vegetariani. Tra questi “figli dei fiori” ante litteram passano intellettuali del calibro di Hermann Hesse e Carl Gustav Jung, Karoly Kerényi e Filippo Franzoni. Nel frattempo nascono edifici eclettici e sorprendenti come Casa Anatta (1905) e Villa Semiramis (1909).
LA STORIA
Nel 1920, però, Oedenkoven e la sua compagna partono alla volta del Brasile. Dopo qualche anno – siamo al 1926 – l’area viene acquistata dal barone Eduard von der Heydt, banchiere e grande collezionista (molte delle opere del Museo Rietberg di Zurigo appartenevano a lui, spaziando dall’arte contemporanea ai manufatti etnici). In due anni, la fisionomia del luogo cambia radicalmente: viene infatti affidato a Emil Fahrenkamp il progetto di un albergo in stile Bauhaus, che ancora oggi si staglia sulla sommità.
Ancora un cambio di passo: nel 1964 muore il barone e, secondo il lascito testamentario, il complesso passa in mano al Canton Ticino, con il vincolo che sia adibito a “luogo di manifestazioni culturali”. Ed è qui che, nel 1978, entra in gioco il curatore per eccellenza, Harald Szeemann, che cura una mostra sulla storia del Monte Verità, Le mammelle della verità.
IERI E OGGI
Una mostra che in realtà è un’installazione unica e totale, composta da 975 oggetti e conservata a Casa Anatta – dove è però in corso un restauro curato da Bruno Reichlin e Gabriele Geronzi. La Fondazione che attualmente gestisce il Monte Verità (insieme al Politecnico federale di Zurigo, che qui ha creato un centro congressi) conserva inoltre, dal 2007, quella parte dell’archivio di Szeemann che concerne per l’appunto il Gesamtkunstwerk del 1978.
Una buona idea per trascorrere un weekend immersi nella natura, dormendo in una delle strutture del complesso (oltre naturalmente all’albergo Bauhaus, sono state adattate a questo scopo la Villa Semiramis, Casa Monescia, Casa Gioia e Casa Marta) e mangiando nel Ristorante Monte Verità, dove – era facile immaginarlo – sono tante le proposte vegetariane e vegane.
Marco Enrico Giacomelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #33 – Speciale Ticino
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