Armare lo spazio. Un allestimento di Claudio Ballestracci
Il rapporto tra opera e allestimento è uno dei nodi chiave per la buona riuscita di un’esposizione. La mostra dedicata dalla Romagna a Domenico Rambelli, e allestita da Claudio Ballestracci, è un ottimo esempio di armonia e coerenza fra opera e display.
L’allestimento di una mostra come momento critico, come atto interpretativo: un filtro soggettivo, affermativo, posto sulle opere o gli oggetti esposti per avvicinarli allo sguardo. Per facilitarlo, nella migliore delle ipotesi; altre volte per metterlo in discussione; mai per penalizzarlo, ridurlo, affaticarlo. E tuttavia, dove tracciare il confine fra l’ascolto (degli oggetti, delle opere) e la loro rilettura? Quell’ascolto è un atto passivo o generatore? Franco Albini parlava dell’allestimento come di uno strumento per evitare “ragioni di disturbo all’attenzione, che può tutta puntare verso i valori espressivi dell’opera esposta”, poiché “il primo avvicinamento all’opera d’arte è dato proprio dall’architettura”.
RAMBELLI E BALLESTRACCI
Questo approccio risuona chiaro nell’esempio della mostra di Domenico Rambelli (Faenza, 1886 – Roma, 1972) alle Pescherie della Rocca Estense di Lugo di Romagna, dedicata ai disegni per il monumento a Francesco Baracca collocato nel 1936 nella piazza principale della cittadina. La sua mise en espace è opera di Claudio Ballestracci, poliedrico artista cui si devono anche il progetto allestitivo per Casa Panzini a Bellaria, per il Museo Baracca a Lugo, nonché molti pronunciamenti caratterizzati da un passo poetico, dalle riflessioni sui materiali come momento metodologico fondante, da un senso della storia ponderato, a volte popolato di voci e di presenze che ci vengono avvicinate, sottovoce. Ricapitolava queste qualità un racconto per immagini impaginato insieme al fratello e dedicato alla malattia della madre, pubblicato su Lo Straniero nell’ottobre 2013: intenso, per nulla retorico, sospeso in un equilibrio raro.
Dal 18 marzo al 23 aprile alcuni spazi espositivi, a Brisighella, Faenza e Lugo, ospitano una serie di mostre dedicate alla produzione di Rambelli, declinate per occasioni e temi. Rambelli è stato uno dei rari scultori italiani sensibili all’espressionismo tedesco: le sue opere migliori riflettono il sentimento del corpo di Ernst Barlach o di Käthe Kollwitz, facendoli reagire con la cultura dei valori plastici italiana. I suoi monumenti nelle piazze romagnole ricordano le guerre del Novecento con quella fisicità sintetica e assoluta, quel senso architettonico che ha caratterizzato tutta la sua opera e l’ha staccata dal cursus di stampo ottocentesco più spesso caratteristico di quella produzione. Antonio Paolucci, nella prefazione al catalogo, parla del “genio della caricatura”, dell’anamorfosi come dello “strumento migliore per dare immagine e significato al Vero”: e si può affermare che proprio la sedimentazione della lezione tedesca, ambientata nelle piazze metafisiche della Romagna fra le due guerre, abbia generato l’unicità di questo artista, il suo essere diverso.
IN ASCOLTO DELL’OPERA
Ballestracci, nella sua produzione artistica, lavora spesso con il legno, il metallo, i materiali naturali, gli oggetti reali. Parte spesso da frammenti di memoria di luoghi giunti fino a noi quasi per miracolo, per una sorta di distrazione della Storia, e fatti cantare. Le sue opere scultoree, le sue installazioni, i suoi allestimenti stanno tesi fra la fisicità dei materiali, lavorati con piacere, e il rispetto per i significati: l’accennarvi, l’alludervi appena. Molte sue installazioni traggono ispirazione dal sentimento del posto, dal suo essere trascorso, ma ancora parlante: è il caso dei lavori dedicati alla memoria dell’industria romagnola (Requiem, ambientato nella ex-corderia di Viserba), della Storia (Studio per l’edificazione di una città dormiente, sulle tracce iconografiche delle colonie marine romagnole) o della cultura (Le stanze di Alfredo: monitor appesi agli alberi che trasmettevano immagini della casa abbandonata di Alfredo Panzini).
In occasione della mostra su Rambelli alle Pescherie, il progetto allestitivo – commissionato dal direttore del Museo Baracca, Daniele Serafini – doveva fare i conti con l’esiguità dei materiali, pur di alta qualità espressiva, e con la volontà di esporre i disegni fuori dalla logica dell’allineamento, della tassonomia. La questione è stata risolta facendo ricorso alla componente architettonica dell’allestimento, alla sua possibilità di “armare” lo spazio; proprio come Rambelli aveva risolto in chiave architettonica quel monumento, disponendo l’eroe su un piedistallo, e dietro di lui – distante – un’ala di aereo. Un intreccio di bastoni di legno, che rievoca le impalcature usate per innalzare il monumento e mostrate dalle fotografie dell’epoca, articola dunque lo spazio della sala, stretta e lunga: si sviluppa qui in orizzontale quello che nel 1936 era stato disposto in verticale. I disegni sono appesi, su questo reticolato fragile e trasparente, su un fondo nero di lamiera zincata e poi ossidata, chiuso con dadi a farfalla, in omaggio all’estetica aeronautica. Lungo le pareti sono esposti solo i pannelli esplicativi.
Così, con mezzi austeri e un punto di partenza forte, si è tenuto saldo il senso di costruttività dello scultore, la fragilità delle opere esposte, la voce dell’allestitore, la relazione con la storia del luogo. Claudio Ballestracci, a proposito dei suo allestimenti, parla di un entrare in sintonia, in simbiosi con il luogo: ascoltare prima di esprimersi come atto di servizio. Come compito primario, quasi etico – prima che estetico – dell’allestitore.
– Anna Chiara Cimoli
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