C’è un’Italia che funziona. L’editoriale di Domenico Sturabotti
Il direttore di Fondazione Symbola tratteggia un’immagine dell’Italia molto positiva. Stando a dati e numeri, il Belpaese può contare su punti di forza davvero invidiabili. Eppure la percezione, dall’interno, continua a essere negativa.
È di pochi mesi fa la notizia, che ha fatto il giro del mondo, della realizzazione di un modello di wormhole in grafene che, risolvendo la cosiddetta equazione ponte di Einstein-Rosen, apre una prospettiva reale all’esistenza di cunicoli spazio-temporali. Protagonista di questa scoperta? Verrebbero alla mente altri nomi, ma siamo in Italia, nel sud, e la protagonista è l’Università Federico II di Napoli. Fantascienza? Non lo sappiamo ancora; quello che sappiamo è che l’Italia, in questo come in molti passaggi della storia e dell’innovazione, in qualche modo è sempre presente. Lo è stata, per esempio, nel recente Nobel per la Fisica assegnato a tre noti scienziati statunitensi – Rainer Weiss, Kip Thorne e Barry Barish – per il loro fondamentale contributo alla scoperta delle onde gravitazionali; lo è stata come in molti altri campi, come quello medico, dove – restando all’ultimo anno – abbiamo prodotto la prima descrizione di un meccanismo biologico la cui inibizione è in grado di bloccare la crescita tumorale, o la prima cura al mondo per la leucemia, o la prima osservazione in diretta delle cellule del sistema immunitario. La lista, fidatevi, sarebbe veramente lunga. Un’Italia appassionata, apprezzata o invidiata in tutto il mondo, che produce ricchezza, che scommette sulla qualità – che però l’Italia ignora. Il nostro rappresenta infatti uno dei Paesi al mondo in cui è maggiore la forbice tra percezione interna spesso negativa e percezione esterna spesso molto positiva e favorevole. Qui vorrei raccontarvi alcune cose sul nostro Paese che reputo importanti e che ognuno di noi, insieme ai problemi che lo affliggono, dovrebbe conoscere.
“Questi punti di forza che risiedono nell’immaginario collettivo si accompagnano a una serie di primati e record il cui valore, se conosciuto, aiuterebbe a sgombrare il campo dalla percezione, purtroppo diffusa, che l’Italia sia un Paese in declino”.
L’Italia fuori dall’Italia è uno dei Paesi più apprezzati al mondo, per la sua capacità di infondere un senso di appartenenza collettivo che cattura e avvicina le persone. Visti dall’esterno, oltre all’immenso patrimonio culturale e architettonico, alle competenze in settori creativi quali moda e food, il mondo apprezza i nostri valori. Questi punti di forza che risiedono nell’immaginario collettivo si accompagnano a una serie di primati e record il cui valore, se conosciuto, aiuterebbe a sgombrare il campo dalla percezione, purtroppo diffusa, che l’Italia sia un Paese in declino. Basterebbe guardare i dati dell’export: nel triennio 2014-2016 le esportazioni italiane sono cresciute di 26,7 miliardi di euro, seconda migliore performance in valore assoluto tra i quattro maggiori Paesi dell’Eurozona. Abbiamo il quinto surplus commerciale manifatturiero al mondo, 90,5 miliardi di euro, dietro alla Cina, alla Germania, alla Corea del Sud e al Giappone. Ma anche la capacità di essere leader nella riconversione verde dell’economia. Ne sono una dimostrazione le oltre 385mila aziende italiane (26,5% del totale dell’industria e dei servizi, nella manifattura addirittura il 33%) che durante la crisi hanno scommesso sulla green economy – che vale 190,5 miliardi di euro di valore aggiunto, dunque il 13% dell’economia nazionale – con vantaggi competitivi in termini di export, di innovazione e di fatturato.
DAL TURISMO ALLA RICERCA
La nostra agricoltura è fra le più sicure al mondo: siamo il Paese con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici, inferiore di quasi 3,2 volte rispetto alla media europea. Tra le aziende biologiche che svolgono attività di coltivazione in Europa, una su cinque è italiana. Mentre nel turismo ci confermiamo primo Paese dell’Eurozona per numero di pernottamenti di turisti extra-europei (i nuovi turisti) con oltre 60 milioni di notti, saldamente davanti a Spagna (43 milioni) e Francia (40 milioni), che nello stesso periodo calano rispettivamente del 3,4% e dello 0,2%. Lo scenario si ripete sul fronte caldissimo della ricerca. Sale la posizione italiana in termini di spesa in ricerca, passando dall’ottavo al settimo posto dei Paesi OCSE; e siamo quarti in Europa per spesa in ricerca e sviluppo. L’Italia è poi la culla della cultura. Nel 2016 il Sistema Produttivo Culturale e Creativo ha prodotto un valore aggiunto pari a quasi 90 miliardi di euro (circa 1,6 miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente), corrispondenti al 6% della ricchezza complessivamente prodotta dal Paese. In Europa, un designer su cinque parla italiano. Numeri che tratteggiano una rotta, evocano per l’Italia un’idea di futuro con solide radici nel presente. Per non perdere l’appuntamento col futuro che i talenti italiani stanno costruendo dobbiamo imparare a conoscerli, dare loro ascolto e credito, incoraggiarli e invitare altri a seguirli.
– Domenico Sturabotti
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #40
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