Rigenerazione urbana e impresa. Cinque giorni di incontri a Padova
Dal 29 gennaio al 2 febbraio il Centro Culturale San Gaetano di Padova farà da cornice a “Urbe Viva”, una serie di incontri, workshop e tavole rotonde attorno al tema della rigenerazione urbana dal punto di vista delle piccole e medie imprese, con gli occhi aperti sulla creatività. Ne abbiamo parlato con Marco Serraglio, direttore di Cescot Veneto, l'ente di formazione di Confesercenti Veneto, promotore dell’iniziativa.
Il tema della rigenerazione urbana è particolarmente attuale e dibattuto. Da quali prospettive sarà affrontato nel corso di Urbe Viva e quali spunti di riflessione saranno offerti al pubblico?
Rigenerazione urbana non è solo la sistemazione fisica degli spazi, la costruzione di una nuova linea di tram o lo spostamento dell’ospedale, ma piuttosto una nuova narrazione della città. Perché un professionista deve trasferirsi a Padova o a Venezia? Sicuramente un buono stipendio è fonte di attrattività. Ma, se ha dei figli, anche la scuola e un sistema di efficace welfare sono elementi di valutazione. Come lo sono il tempo libero, la qualità culturale e ambientale del contesto urbano.
Cosa è cambiato negli ultimi anni nelle nostre città?
Negli anni i nostri centri sono stati svuotati delle loro funzioni, decentrandole ai margini delle città. Questo ha portato a un impoverimento dei quartieri e dei centri storici con la conseguente desertificazione degli spazi commerciali. La crisi ha fatto il resto e molte serrande si sono abbassate. Nessuno ha mai misurato l’impatto sociale di questo fenomeno, in termini di sicurezza, qualità dell’ambiente, valori immobiliari e.c. Occorre invertire la tendenza perché, come recita lo slogan di Confesercenti, “Se vive il commercio, vivono le città”.
Vale lo stesso discorso per Padova?
Padova è un hub economico chiave nella nostra Regione ed è stata una destinazione popolare per la migrazione. Tuttavia, i cambiamenti dell’ultimo decennio stanno portando a un crescente isolamento sociale, economico e ambientale nella popolazione che vive nei quartieri più periferici e popolari della città (Arcella, Guizza ecc.).
Come si colloca Urbe Viva in questo scenario?
Nuovi progetti di rigenerazione interesseranno la città e i quartieri. Potranno essere questi elementi a innescare processi di sviluppo economico e inclusione sociale a Padova? Attraverso Urbe Viva vogliamo stimolare le imprese e gli operatori a collaborare con terzo settore, cultura, università per garantire alla popolazione nuove prospettive di occupazione, aumentando la capacità di impegnarsi e influenzare la pianificazione pubblica, gli investimenti e le strategie di sviluppo nei loro quartieri.
Le nostre città sono invenzioni atemporali capaci di cogliere la complessità e domandare dinamiche di formazione, interazione e comunicazione autentiche e singolari per far fronte alla domanda di visibilità e vivibilità. Da questi caratteri emerge soprattutto il bisogno condiviso di fare sistema, affinché chi lavora in un contesto urbano trovi una dimensione favorevole per aprire un dialogo e agire responsabilmente al suo interno.
Impresa, creatività, territorio e servizi sono alcuni dei “nodi” affrontati durante i cinque giorni di workshop e tavole rotonde. Qual è il fil rouge che li unisce?
Urbe Viva nasce alla fine dello scorso novembre, mentre stavamo organizzando i kick off meeting dei nuovi progetti finanziati dal Fondo Sociale Europeo. In quel momento ci siamo accorti che in tutti c’era un elemento comune che riguardava il rapporto tra impresa, pubblica amministrazione e contesto in cui l’impresa opera. I progetti sono quattro: Sun City, Memento, Pico e Vitamina D.
Partiamo da Sun City.
Con Sun City ci proponiamo di sviluppare un’offerta di percorsi di formazione per occupati e disoccupati e consulenza efficace per le imprese, al fine di favorire la nascita, la crescita e la diffusione di imprese che possano fornire pratiche e servizi collaborativi nel sociale e impiegare fasce della popolazione “escluse”; rafforzare i collegamenti e ricercare sinergie tra le istituzioni “tradizionali”, cittadinanza attiva e imprese collaborative, al fine di ottimizzare esperienze, relazioni e risorse; promuovere attività di ricerca, di progettazione e di analisi e monitoraggio sugli impatti, al fine di indirizzare meglio opportunità e sfide lanciate dall’economia collaborativa; realizzare concrete occasioni per stimolare il dibattito pubblico e diffondere la conoscenza della Collaborative Economy, fornendo contestualmente gli strumenti per accedervi e abilitare le persone a coglierne le opportunità.
E per quanto riguarda gli altri progetti?
Con il progetto Memento ci focalizzeremo invece sulle imprese e sui beni “culturali” che costituiscono la memoria del commercio padovano, con l’obiettivo di recuperarne l’eredità imprenditoriale e culturale e il rapporto con il territorio, per il potenziamento della competitività, l’integrazione di competenze, la promozione dell’innovazione culturale, sociale e tecnologica. Verrà creata una rete di negozi storici attraverso project work, laboratori creativi, formazione e visite studio.
Il progetto Pico mira alla diffusione nelle piccole imprese di modelli di creative thinking. I programmi formativi previsti sono orientati allo sviluppo di un ambiente innovation e creativity-driven nelle aziende, supportando l’acquisizione di competenze trasversali che permettano al lavoratore e all’impresa di adattarsi a un sistema economico in costante evoluzione e movimento.
Infine, con il progetto Vitamina D formeremo i dipendenti di dieci pubbliche amministrazioni, tra cui i Comuni di Padova e Venezia, attraverso una serie di percorsi formativi legati al tema digitale (nuovi modelli organizzativi di innovazione urbana, Open data nelle P.A., Big data analysis, SCIA e SUAP ecc.).
Tutto questo lavoro lo faremo grazie alla collaborazione di numerosi partner operativi: Confesercenti Veneto, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, lo IUAV di Venezia, l’Università della Basilicata, l’Università di Leuven, la Camera di Commercio di Padova, il Comune di Padova e il Comune di Venezia, Ascom Padova, Irecoop Veneto, UPA Formazione Padova ed Enaip Veneto.
Chi saranno i protagonisti di Urbe Viva e sulla base di quali criteri sono stati selezionati e invitati a partecipare?
Si parlerà di dialogo tra pubblica amministrazione e imprese con Giampietro Vecchiato dell’Università di Padova, di rigenerazione urbana e inclusione sociale con Elena Ostanel, coordinatrice del master in Rigenerazione Urbana dello IUAV, Jan Van der Borg, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Bertram Niessen, presidente di CheFare, e Laura Fregolent, dello IUAV; di welfare urbano con Maurizio Busacca, dell’Università Ca’ Foscari, e Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro; di commistione fra arte, creatività e terziario con Flavio Favelli, artista di fama internazionale, Stefano Coletto, curatore interno della Fondazione Bevilacqua La Masa, e Federica Bianconi, architetto; di ristorazione sostenibile con Andy Luotto, conduttore televisivo e ristoratore. Ci saranno spazi di confronto, attraverso seminari e workshop, Open Space Technology, laboratori e world café.
Tra i relatori invitati c’è l’architetto Giovanni Ginocchini, direttore dello Urban Center Bologna. Quel tipo di struttura potrebbe avere, nel tempo, una declinazione nel territorio padovano in grado di porsi come luogo di incontro per tutti i soggetti locali, favorendo promozione e sviluppo?
L’Urban Center di Bologna è un punto di riferimento. Attraverso il loro Piano per l’Innovazione Urbana intervengono efficacemente nei quartieri e attingono da importanti fonti di finanziamento sia a livello nazionale che a livello europeo. Per noi sarà importante potersi confrontare con loro e imparare da quello che stanno facendo.
Ogni quartiere ha la propria storia, conserva le proprie memorie, vive grazie alle eccellenze che lo popolano. Ma il valore di queste caratteristiche può essere generato solo se ci si dota di un’organizzazione in grado di farlo. In Veneto qualcosa è stato fatto attraverso i distretti del commercio, che costituiscono una delle principali espressioni di politica attiva nell’ambito dei centri storici e urbani. Sono definiti come ambiti territoriali di rilevanza comunale o intercomunale, nei quali i cittadini e le imprese qualificano le attività commerciali come fattore di innovazione, integrazione e valorizzazione delle risorse di cui dispone il territorio.
Che ruolo hanno questi distretti?
Nelle intenzioni della Regione, i distretti contribuiscono a rigenerare il tessuto urbano, rivitalizzandone la centralità, sviluppando idee a sostegno del commercio, anche attraverso idonee forme di attrattività del distretto; a promuovere l’interazione tra cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione nelle scelte strategiche del distretto; a svolgere un’azione di alto profilo qualitativo che si uniforma agli indirizzi già diffusi in ambito europeo e nazionale, nell’ottica di sviluppo delle cosiddette “Smart Cities”; a valorizzare la qualità del territorio con azioni innovative di politica attiva, adatte al contesto economico e sociale del distretto.
Come si concretizza la “politica attiva”?
Abbiamo visto nella sperimentazione avvenuta nel biennio 2016/2017 che questo metodo di “politica attiva” si fonda su quattro elementi fondamentali: la partnership pubblico-privata, una visione strategica, l’interdisciplinarietà, la disponibilità di manager e figure professionali dedicate. Tuttavia, il punto cruciale di successo o meno del distretto è la capacità di ciascun soggetto di sacrificare un pezzo della propria sovranità. Nella parabola dei talenti è stato premiato il servo che ha saputo investire quello che gli era stato affidato e non il servo che scavò la buca per nascondervi i denari. Molto di quanto ho descritto è raccontato da Automatic for people, uno studio interdisciplinare su quattro distretti condotto da Gianluigi Ricuperati.
Il simposio avrà luogo a Padova, dove ha sede Cescot Veneto, l’ente di formazione di Confesercenti Veneto di cui sei direttore. Come si colloca Padova rispetto alle dinamiche di rigenerazione urbana discusse nel corso degli incontri? E a quali modelli, anche internazionali, potrebbe ispirarsi?
Padova da sempre è un laboratorio “sperimentale” di politiche urbane. Pur non essendo una metropoli, ne conserva però le caratteristiche. Pensiamo all’università, ai centri di ricerca, alla vivacità imprenditoriale (il numero di imprese iscritte alla CCIAA è al nono posto a livello nazionale), ma anche alle problematiche legate all’integrazione degli stranieri (molti ricorderanno la vicenda del muro di via Anelli), ai servizi innovativi (a Padova è nata la prima impresa con una nuova procedura online, in meno di un’ora e senza la presenza del notaio), alla più vasta area industriale del Nordest e tra le più vaste d’Europa, senza soluzione di continuità e a gestione unitaria (10,5 milioni di mq).
I modelli ai quali guardiamo sono i modelli anglosassoni di town center management. Partnership pubblico-private che, su deleghe ben precise, gestiscono in modo organizzato aree definite della città. Con alcuni di loro (Birmingham, New York, Edimburgo) abbiamo avviato collaborazioni durature. Nel 2017 siamo stati ospiti dell’assemblea nazionale scozzese dei BID – Business Improvement District, la versione evoluta del town center management.
Urbe Viva è stato delineato come un progetto di natura sperimentale. Credi che questo format, e i suoi eventuali esiti, possano prendere piede anche in altre realtà urbane?
Altre città e altre Confesercenti ci stanno chiedendo informazioni. In Laguna potrebbero esserci novità già prima dell’estate.
‒ Arianna Testino
Padova // dal 29 gennaio al 2 febbraio 2018
Urbe Viva
CENTRO CULTURALE SAN GAETANO
Via Altinate 71
www.cescotveneto.it
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