Il futuro della Reggia di Caserta. L’editoriale di Stefano Monti
Nonostante i positivi effetti generati dal lavoro dell’attuale direttore Felicori, la Reggia di Caserta ha bisogno di qualcosa in più per affermarsi come solida e riconosciuta istituzione culturale.
La Reggia di Caserta è forse tra gli esempi più virtuosi delle istituzioni culturali italiane: dall’avvento del nuovo direttore, infatti, non solo il flusso turistico, ma anche la percezione e il posizionamento strategico hanno mostrato risultati molto importanti.
Molti di questi risultati, per stessa ammissione dell’attuale direttore Mauro Felicori, trovano motivazione in una attenta e ben ponderata attività di comunicazione: nel tempo, Felicori è divenuto una guest-star per la Reggia, un simbolo e un’ulteriore motivazione alla visita per molti. Ora però l’effetto Felicori non basta più. C’è bisogno di interventi strutturali e di azioni che abbiano una visione più ampia del mandato.
Di cosa ha, realmente, bisogno la Reggia?
Sicuramente sono necessari degli investimenti per trasformare il percorso d’ingresso, attualmente un po’ vetusto in confronto all’immagine che il Palazzo Reale proietta nell’immaginario collettivo, così come sono ancora da gestire le innumerevoli azioni di manutenzione ordinaria e straordinaria sia dei giardini che delle stanze. Resta ancora poi un grande lavoro da fare per ciò che concerne l’organico e il punto dolente dei custodi.
Sono tutti retaggi del passato, necessità che di certo non si sono create con la gestione Felicori, ma sono attività che, prima o poi, sarà necessario affrontare, anche se i vincoli tipici dei contratti di natura pubblica rendono davvero lontana la soluzione.
“Serve ragionare in primo luogo sui dati di transito e di flusso della Reggia, e cercare di individuare delle progettualità comuni che permettano alla Città di Caserta di beneficiare di quei flussi di visitatori che potrebbero creare economie territoriali importanti”.
Ci sono poi tutte le attività che la Reggia potrebbe realizzare in associazione con il Comune di Caserta, collaborazione che però stenta a decollare.
Su questo punto sembra infatti che il dialogo sia molto difficile e che, rimbalzi di responsabilità a parte, non si siano mai create le condizioni per avviare un rilancio della Reggia come perno di un territorio.
Le cose, ovviamente, sono rese difficili anche dalla precaria stabilità finanziaria del Comune, che a gennaio di quest’anno rischiava di essere nuovamente commissariato, ma è indubbio che uno sforzo maggiore vada fatto per creare un network effettivo di sviluppo del territorio.
Ed è proprio in questa differenza di performance (che vede la Reggia crescere e il Comune vacillare) che forse va inserito un approccio strategico condiviso.
Attività di questo tipo sono state tentate ma evidentemente non basta, in questo senso, creare un rapporto con i produttori locali, né tantomeno ospitare esposizioni temporanee organizzate dalle gallerie d’arte presenti in città.
Serve ragionare in primo luogo sui dati di transito e di flusso della Reggia, e cercare di individuare delle progettualità comuni che permettano alla Città di Caserta di beneficiare di quei flussi di visitatori che potrebbero creare economie territoriali importanti.
“Il centro è proprio qui: l’esperienza. Perché la qualità dell’esperienza ha ripercussioni sia qualitative che quantitative. E nella costruzione dell’esperienza la Reggia ha bisogno di trovare partner validi grazie ai quali poter offrire ai propri visitatori una serie di servizi aggiuntivi che attualmente, nel tessuto urbano, mancano”.
Felicori non può certo occuparsi delle questioni amministrative della città, e non è certo questo il ruolo che è chiamato a svolgere: ma lo sviluppo della Reggia di Caserta non può avvenire in maniera autonoma senza lo sviluppo del territorio in cui opera.
Non si tratta solo di esternalità positive, ma di un punto chiave della crescita della Reggia: senza una solida collaborazione tra il Palazzo Reale e il Comune, la Reggia di Caserta non potrà garantire la stabilità dei risultati che ha sinora raggiunto. La concorrenza è forte: esistono numerosi luoghi della cultura, in Italia, che pur non mostrando lo stesso pregio storico-artistico e architettonico della Reggia riescono a garantire un’esperienza di visita più ricca.
Il centro è proprio qui: l’esperienza. Perché la qualità dell’esperienza ha ripercussioni sia qualitative che quantitative. E nella costruzione dell’esperienza la Reggia ha bisogno di trovare partner validi grazie ai quali poter offrire ai propri visitatori una serie di servizi aggiuntivi che attualmente, nel tessuto urbano, mancano.
È questa la vera sfida che Felicori deve vincere. Altrimenti la Reggia rimarrà soltanto una tappa del contemporaneo Grand Tour mordi e fuggi che contraddistingue il turismo in alcune regioni d’Italia.
‒ Stefano Monti
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