Non solo design. Gli allestimenti di Achille Castiglioni in mostra a Chiasso
Il m.a.x. di Chiasso dedica un’insolita mostra al designer Achille Castiglioni, nel centenario della sua nascita. Mettendo in luce il suo talento come architetto-regista dello spazio.
La seduta bucherellata Mezzadro (Achille e Pier Giacomo Castiglioni, 1957), l’iper-realtà del RR 126 stereo (Achille e Pier Giacomo Castiglioni, 1965), il fanale della Toio (Achille e Pier Giacomo Castiglioni, 1962), la diagonale dell’Ipotenusa (Achille Castiglioni, 1975), la ritrosia della Gibigiana (Achille Castiglioni, 1980) e il verde acido di Allunaggio (Achille e Pier Giacomo Castiglioni, 1966) sono solo una parte degli oltre 150 oggetti che compongono una delle mostre più attente nel celebrare il centenario della nascita di Achille Castiglioni (Milano, 1918-2002). Il m.a.x. di Chiasso ospita Achille Castiglioni Visionario, documentazione di 484 progetti di allestimento attraverso disegni, schizzi appena accennati, modelli, video e prototipi. L’esposizione – sviluppata secondo la curatela e il progetto di allestimento di Ico Migliore, Mara Servetto (Migliore+Servetto Architects) e Italo Lupi, in collaborazione per la curatela con Nicoletta Ossanna Cavadini – valorizza il ruolo dell’allestimento temporaneo come strumento di comunicazione culturale e commerciale.
Dagli allestimenti dei padiglioni della Rai, dell’Eni, di Montecatini per le manifestazioni fieristiche, ai progetti per la cultura, per l’innovazione e per l’esposizione dei prodotti, la mostra su Achille Castiglioni prende le distanze dalla produzione industriale e lascia emergere nuove riflessioni sul design. Mara Servetto e Ico Migliore raccontano perché.
L’INTERVISTA
La mostra al m.a.x. di Chiasso, dedicata alla regia allestitiva di Castiglioni, quali strategie, a sua volta, ha adottato a livello allestitivo e perché?
Mara Servetto: La mostra inverte la tradizionale lettura di Castiglioni, conosciuto prevalentemente come designer, partendo invece dal suo ruolo di architetto-regista dello spazio e della luce in tanti progetti di allestimento, terreno di grande sperimentazione, portati avanti fino al 1968 con il fratello Pier Giacomo e successivamente da solo.
Ico Migliore: Ogni stanza è concepita come un capitolo del racconto attraverso diversi livelli di narrazione. Vi sono video originali attraverso cui si può sentire Achille stesso raccontare i suoi progetti, vi sono schizzi progettuali e foto dei suoi e loro lavori, oggetti di design e grandi video ambientali che trasportano il visitatore direttamente nel vivo della scena allestitiva.
Il tutto accompagnato dalla colonna sonora che lo stesso Achille scelse per la sua mostra personale a Vienna nel 1984. Dal punto di vista costruttivo la mostra è stata poi concepita per essere anche itinerante, abbiamo quindi scelto tavoli pieghevoli da “tappezziere” da riporre e trasportare agevolmente, rulli di grafiche che contengono la luce, una leggera scaffalatura adatta a contenere la moltitudine della sua produzione di disegni, schizzi e appunti di progetto. Un sistema espositivo agile che permette di presentare principalmente quattro tematiche: conoscere Achille attraverso la sua voce e i suoi progetti di visione dello spazio domestico, sviluppati negli anni in occasione di mostre culturali; scoprire i progetti per l’arte raccolti in “Percorsi per l’arte e il design”; gli allestimenti realizzati come “Teatri per l’innovazione” e i “Paesaggi di segni e prodotti” in cui la regia allestitiva di Castiglioni si confronta con il prodotto.
Potreste fornire qualche esempio di documenti, di lavori presentati per la prima volta?
M. S.: Non è mai stata fatta una mostra sugli allestimenti dei fratelli Castiglioni, quindi la maggior parte dei documenti esposti sono inediti. Abbiamo raccontato per la prima volta, infatti, alcuni dei principali progetti allestivi dei Castiglioni, come gli stand Bticino in fiera, i memorabili stand e padiglioni per Rai e per Montecatini, lo storico progetto Vie d’acqua da Milano al mare a Palazzo Reale a Milano, la mostra personale di Vienna, i progetti per l’arte, come la mostra su James Stirling e Alvar Aalto.
I. M.: Di ogni progetto abbiamo estrapolato i documenti cartacei: piante, sezioni, schizzi, appunti di progetto, corrispondenza privata, schizzi sulla grafica in fase di progetto, diapositive storiche, foto storiche private e di progetto, tutto materiale per lo più inedito, tratto dai ricchi archivi della Fondazione Castiglioni. A questi documenti si aggiungono delle testimonianze video di grande valore che restituiscono in modo diretto il pensiero e il modo di essere di Achille: frammenti di lezioni che con lungimiranza sono state documentate da Eugenio Bettinelli insieme alle riprese di Studio Azzurro della mostra personale realizzata a Vienna.
Quale relazione si evince, da questa mostra, tra gli approcci nei confronti degli oggetti disegnati da Castiglioni e, invece, gli allestimenti?
I. M.: Sia nei 484 allestimenti che nei 290 oggetti realizzati nel corso della sua vita è centrale l’attenzione al comportamento d’uso e all’interazione. Achille ha un rapporto con il progetto quasi cinematografico, lo definiamo architetto-regista perché sapeva ragionare in modo perfetto con il tempo, con la stratificazione della luce, della grafica, dell’interazione con lo spazio e con l’oggetto in modo completamente innovativo. È stato il precursore della multimodalità.
M.S.: Nella mostra abbiamo voluto inserire alcuni episodi di design proprio per evidenziare la stretta relazione che intercorre tra i suoi progetti allestitivi e gli oggetti. Pensiamo alla Parentesi (Achille Castiglioni e Pio Manzù, 1971): non è una lampada comune, è un oggetto concepito in relazione all’ambiente, non alla forma ma al comportamento. Gli oggetti che abbiamo messo in mostra sono stati scelti infatti proprio perché riferiti a un tipo di ricerca che è strettamente connessa a quella sviluppata negli allestimenti in esposizione. Ad esempio abbiamo la lampada Taccia (Achille e Pier Giacomo Castiglioni, 1962) che lavora sulla riflessione e che non può non far pensare all’Altra metà dell’Avanguardia, famosa mostra che affronta questa tematica. La mostra mette bene in luce come le sperimentazioni nel campo degli spazi di comunicazione si siano poi tradotte in sperimentazione nel campo del design.
‒ Ginevra Bria
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