Eco e Narciso. Il ritratto si mette in mostra a Roma
Una riflessione sulla storia e la contemporaneità al vaglio del ritratto. Con venticinque artisti internazionali tra passato e presente.
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Palazzo Barberini ospita la mostra Eco e Narciso nell’occasione dell’apertura al pubblico di undici nuove sale da poco restaurate, restituite alla fruizione pubblica dopo la lunga occupazione di alcune di esse da parte del Circolo Ufficiali delle Forze Armate. La mostra è fondata sull’accostamento di opere d’arte moderna, provenienti dalle Gallerie Nazionali Barberini e Corsini, con opere contemporanee delle collezioni del MAXXI, in un dialogo sul tema del ritratto tra passato e presente.
Il ritratto ha sempre messo al centro della sua rappresentazione l’identità, e questa mostra, pensata come un itinerario esplorativo, ne ripercorre alcune trame, senza avere tuttavia la pretesa di esaurire un argomento così vasto, lasciando indubbiamente aperte molteplici letture interpretative.
L’impostazione della mostra si districa attraverso un assioma che, partendo dalla nascita mitica del ritratto, sviluppa, tramite un confronto, alcuni temi legati al nostro senso di identità individuale e collettiva e, necessariamente, il loro rapporto.
Il Narciso di Caravaggio guarda l’immagine di sé in uno specchio d’acqua e se ne innamora. Come racconta il mito, Narciso morirà annegato nel tentativo di afferrarla tra le acque. L’inganno nel quale cadde Narciso, nel paradosso di voler possedere la sua immagine, può essere inteso come una genesi mitica del ritratto, con tutte le conseguenze che ha oggi il significato di quel mito, legato al narcisismo e alla psicanalisi di Sigmund Freud.
Secondo le Metamorfosi di Ovidio una giovane ninfa fu rapita dalla bellezza del ragazzo, il suo nome era Eco e per colpa di una punizione divina era destinata a ripetere quello che sentiva. Nell’opera complementare a quella di Caravaggio, realizzata site specific da Giulio Paolini nella Sala Ovale disegnata da Gian Lorenzo Bernini, Eco, rifiutata da Narciso, appare in una presenza come sospesa, in alto; mentre sotto di lei c’è una grossa pietra che sembra appena piombata su quel pavimento per rompere una serie di quadretti che raffigurano particolari del Narciso di Caravaggio.
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Caravaggio, Narciso. Roma, Gallerie Nazionali Barberini Corsini
RITRATTI A CONFRONTO
L’autoritratto è la rappresentazione di sé, che può avere molteplici sfumature, come nel caso delle ventiquattro stampe fotografiche di Luigi Ontani. Le sue fotografie sono sistemate sotto l’immenso affresco del soffitto del salone che oggi porta il nome di Pietro da Cortona, il quale lo realizzò nella prima metà del Seicento per Urbano VIII Barberini. Il pontefice non appare nell’affresco, ma ne è comunque il protagonista, avendo affidato al pittore la rappresentazione di sé e del suo pontificato attraverso un Trionfo della Divina Provvidenza.
Di Urbano VIII è presente invece il noto ritratto marmoreo realizzato da Bernini, in una posa tra verità e ufficialità, con una chiara una valenza politica, in dialogo con le icone contemporanee, di ascendenza pop, Pape e Mao dipinte dal cinese Yan Pei-Ming, due grandi oli su tela di tre metri per tre. La mostra spinge a un’ulteriore riflessione sull’argomento, analizzando i “rapporti di potere” nell’Appartamento d’Inverno, dove sono esposti, in aperto contatto, il Ritratto della famiglia Quarantotti, dipinto nel 1756 da Marco Benefial, e The Invisible Man di Yinka Shonibare, artista di origine africana che ha realizzato per questa mostra il manichino di un domestico, non raffigurato nel ritratto della famiglia di Giovanni Battista Quarantotti, ecclesiastico romano.
Altri accostamenti hanno invece un carattere più poetico, pronti a sottolineare l’importanza che l’intimismo ha per ognuno di noi. Ne sono un esempio i Libri cuciti di Maria Lai, scritti con il suo alfabeto intimo fatto di segni, nella nuova Sala dei Paesaggi. Nella Sala delle Cineserie, invece, si avvicinano le opere di Luca Giordano a quelle del pittore austriaco Markus Schinwald, autore di due tele del 2018. Il loro rapporto è sottolineato dalla deformazione, quella che realizza Giordano per rappresentare la cruda venustà di un filosofo, e quella che l’artista contemporaneo “infierisce” a immagini già esistenti.
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Pierre Subleyras, Nudo femminile di schiena. Roma, Gallerie Nazionali Barberini Corsini
L’IDENTITÀ FEMMINILE
Uno dei temi maggiormente sviluppati è l’identità femminile, qui rivista tra accostamenti e confronti che spingono a riflettere sull’eterna condizione di ruolo che la donna ancora vive.
Il Ritratto di Beatrice Cenci, attribuito a Guido Reni, si accompagna a Illusions & Mirrors, un suggestivo video dell’artista iraniana Shirin Neshat, da sempre impegnata nella lotta della donna (musulmana) per l’emancipazione. Il discorso continua nella Sala delle Udienze, dove si espongono i raffinati pastelli rococò di Rosalba Carriera e Benedetto Luti in stretto rapporto con un’installazione di Kiki Smith dove sono presenti diverse piccole sculture in porcellane di Sèvres; l’artista, disegnando un’antropologia sofisticatamente deformata, definisce il suo tributo alla raffinatezza tutta delicata (ma non debole) della donna. Così come due tra i più importanti dipinti presentati in questa mostra, La Maddalena di Piero di Cosimo e La Fornarina di Raffaello, sottolineano diverse implicazioni dell’essere donna: santa e amante.
I temi legati alla dimensione privata dell’individuo dominano anche la sala dove sono esposti i dipinti di coppie omosessuali in intimità di Stefano Arienti, immagini create con pittura acrilica su poliestere e tratte da fotografie che l’artista ha trovato in Rete, e un bellissimo ritratto di una donna vista di schiena, opera settecentesca del francese Pierre Subleyras intrisa di un’evidente sensualità che ne fa uno dei primi dipinti erotici.
‒ Calogero Pirrera
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