L’insonnia dei musei. L’editoriale di Marcello Faletra
Una riflessione sull’utilità dell’apertura H24 dei musei, paragonata da Marcello Faletra a quella dei supermarket.
Dal 2005 si assiste a un curioso fenomeno: i musei aperti anche di notte. Nel 2018 l’iniziativa è diventata pure un “evento” europeo: ben trenta città hanno aderito. Una corsa in massa a vedere opere e manufatti di ieri e di oggi al chiaro di luna. La difformità oraria della notte d’un tratto si trasforma in una conformità socialmente condivisa. Una specie di obesità oraria che espone le opere a esistere H24. Si tratta di intercettare il pubblico notturno e insonne, ma non nel senso dell’insonnia che animava i surrealisti, che tendeva ad abolire la distinzione tra reale e immaginario, o l’insonnia di Walter Benjamin, che costituiva una forma di sperimentazione del dubbio come indifferenza creativa. L’insonnia del museo è ben altra cosa. Il museo come oasi della cultura, come radura, comporta un’introiezione, un rinchiudersi dentro il suo perimetro, trasformando i visitatori in insider. Estendendo il raggio d’azione temporale anche alla notte, il museo si trasforma in una piazza, diventa contiguo allo spazio aperto, prolunga il frastuono che sale dalle movide, con un piccolo esercito di impiegati che “favoriscono l’apprendimento”, senza il quale le opere pare che resterebbero enigmi. Tutta una mistica della sollecitudine verso la cultura e la storia passata si agita, come da tempo accade con la formula “la scuola adotta un monumento”, proposta inversamente proporzionale al fatto che i monumenti sono sempre più un affare di privati, dunque devono rendere. In questo scenario, che annulla il giorno e la notte, per i musei non c’è pace.
“Estendendo il raggio d’azione temporale anche alla notte, il museo si trasforma in una piazza, diventa contiguo allo spazio aperto, prolunga il frastuono che sale dalle movide”.
L’adattamento temporale dei musei e dell’individuo a quello dei mercati che lavorano giorno e notte, senza sosta, rende irrilevanti le distinzioni, poiché, sotto l’ombrello della fruizione della cultura anche di notte, accade una captazione della sensibilità, che trasforma la fruizione culturale in una “promozione” H24, come accade con i supermercati, aperti pure di notte sul modello americano. L’innocente visita notturna al museo di fatto è una profilassi dell’accettazione della trasformazione della vita individuale nel motto neoliberista “chi dorme è un perdente”. Conferma l’espressione socialmente accreditata tanto in uso da quasi trent’anni che è sintetizzata nella parola deregulation: smantellamento del tempo individuale, che amplia quello dei mercati. Una sorta di biopotere occulto. Ogni nuovo pubblico richiede nuove abitudini, e la neuroestetica, come un volto di medusa, è già avviata a estendere il proprio dominio sull’estetica.
‒ Marcello Faletra
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44
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