Musei nascosti. Il Santuario della Pazienza di Ezechiele Leandro
Realizzato dall’artista-outsider Ezechiele Leandro, il Santuario della Pazienza a San Cesario, poco distante da Lecce, è un luogo affascinante, che meriterebbe maggiore visibilità.
Un’architettura babelica, a cielo aperto, in cui le pareti sono grandi gruppi statuari, concepiti assemblando cemento a materiali di risulta, con un’anima in ferro e forme antropomorfe che pare spaventassero i vicini e gli abitanti di tutto il paese. Siamo a San Cesario, a pochi chilometri da Lecce, ed è qui che negli Anni Sessanta Ezechiele Leandro inizia a dare forma tridimensionale ai suoi sogni e ai suoi incubi, alle sue visioni e alla rappresentazione di quell’autentica summa della sua conoscenza. Ci vorrà tempo, ma negli Anni Settanta il Santuario della Pazienza – Leandro lo battezzerà così, dedicandogli tutte le sue energie anche nei decenni a seguire, fino a quel febbraio 1981 in cui morì – sarà anche visitabile.
VISIONI MAGICHE
“Rispettate le vostre pitture”, aveva scritto sul muro esterno della sua casa-studio, dove viveva con moglie e figli, accanto al suo grande giardino di sculture, l’artista-outsider Ezechiele Leandro. Lontano dal Salento delle spiagge affollate e dei centri storici espugnati dalla movida, c’è questo spazio straordinario. Invece di coltivare il proprio orto, come tutti i suoi compaesani, aveva realizzato dipinti murali, sculture e bassorilievi in cemento e materiali di risulta. Ezechiele custodiva visioni magiche e religiose, e dalla cultura ancestrale aveva estrapolato immagini rielaborate per il Santuario, concepito sin dal 1962.
LE OPERE
Fino al 1981, Leandro realizzò anche migliaia di opere mobili, tra dipinti, assemblaggi, disegni e sculture, rinnovando costantemente un suo autonomo linguaggio primitivista, ignorando l’arte del suo tempo e quella del passato, che non aveva potuto né voluto conoscere. Le figure antropomorfe, sgomente, inquietanti, dai corpi in cemento – da cui affiorano vibranti frammenti cromatici, poiché lo mescolava a brandelli di vecchie ceramiche colorate – costituiscono il suo personale universo. Sono i compagni di strada che Leandro aveva scelto di condividere con la dimensione pubblica, nonostante i concittadini lo considerassero pazzo. Mentre nei suoi scritti – rinunciando alla punteggiatura – annotava una perentoria definizione di sé: “Un uomo comune come tutti escludiamo artista perché non so cosa significa la parola artista”, aveva anche presagito la distrazione delle istituzioni e degli “esperti”, e purtroppo così è stato. Gli eredi hanno fatto il resto e il Santuario oggi necessiterebbe di urgenti interventi di restauro.
‒ Lorenzo Madaro
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #10
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