Summer Theory No. 2 (II)
“Nonostante la barbarie, contro la barbarie – la vita gemma e sfavilla e spumeggia”. Secondo appuntamento con la “Summer Theory” di Christian Caliandro.
Artefatto. Sbrilluccica. Lasciatemi stare. Trent Reznor che canta “Time is running out”. Tutto scivola via e time is running out. Discutete questioni di lana caprina, la gente scivola via, non è interessata – percepisce tra l’altro il vostro disprezzo, il vostro disinteresse – e il guaio vero è che siete convinti, vi siete autoconvinti di essere nel giusto, non vi piace nulla del popolo eppure dite di lavorare per il popolo – allora qui realmente occorre riflettere di nuovo e a lungo sul ruolo di arte e cultura all’interno della società. Non faccio praticamente altro da dieci anni, eppure mi sembra di non aver capito quasi nulla e di dovere ogni volta ricominciare, ripartire da zero. Ripartire con la cultura – rinascere con la cultura – crescere con la cultura.
Ma dov’è la cultura? E soprattutto, che cos’è la cultura, a questo punto?
***
Palermo, 15 giugno. Masbedo, “Videomobile”, Palazzo Costantino (Manifesta12). Il flusso! Il flusso!… la cuccagna, il ragazzo che sale sul tronco e poi si abbandona tenendosi solo con la forza delle gambe, contro il cielo; immagini una sull’altra, una accanto all’altra, volti stupiti e sospesi degli Anni Cinquanta e Sessanta, il camioncino pieno di proiezioni, la luce e il tempo che attraversa il film sconosciuto (1932) e ritrovato a Boston, Sicilia America, Sicilianamerican, Terra di nessuno, lacrime!, lacrime!… un camioncino coinvolgente e avvolgente, Letizia Battaglia che fotografa il viso di una ragazzina, il Trionfo della Morte sullo sfondo… mentre la musica elettronica di Yuki O sale sale sulle immagini tratte dai film di Vittorio De Seta – e niente, tutto salta tutto esplode la città è schermata – e l’arte scava in stati di coscienza alterati, finalmente penetra in territori fino a ieri interdetti e nuovamente, nuovamente sconosciuti, il realismo arriva – il realismo è qui, è questa COSA QUI.
***
27 giugno. Quote supersoniche di stanchezza – la pienezza del concerto dei Pearl Jam, grazie per averli conservati, per aver conservato Eddie Vedder e la sua voce – stato di grazia – la vita gemma e sfavilla e spumeggia – cola da tutte le parti, oscilla, vibra, si scioglie, si coagula, ritorna, evapora, si smantella, si aggrega, sale, scende, si attorciglia, si avvolge, si libra – grazie per questa energia, per questa visione, per questo coinvolgimento spirituale – ho capito, ho capito perché lui è l’unico rimasto vivo tra i cantanti del grunge – non ha, non hanno quasi nulla di quella carica distruttiva e autodistruttiva, con la musica e le emozioni ti portano da un’altra parte, in un posto dove tutti vorrebbero essere (Keep on rockin’ in the free world) – chiamatela regressione se volete, nostalgia – eppure stamattina, con quattro ore scarse di sonno, sono ancora scosso e scosso positivamente da quello che ho visto e percepito e sentito ieri sera – nessuna tensione suicidaria nelle loro vibrazioni, e ciò è ancora più ammirevole perché fa capire che tipo di pressione questi decenni hanno esercitato su di lui e sul gruppo, quale enorme vitalità lo caratterizzi – e adesso, adesso lo spirito del grunge vive in loro, adesso in un mondo crudele e distopico quell’utopia (State of Love and Trust) può fiorire e crescere e prosperare nelle vecchie canzoni riproposte attualizzate rivissute – e fa un effetto potentissimo riconoscerle e riconoscersi ventisei anni dopo, sono lo stesso dodicenne e quattordicenne che canta a squarciagola Even Flow e Rearviewmirror, è dentro di me nella sua cameretta e io sono lui qui dal futuro nella Curva Nord dello Stadio Olimpico – poi mi zittisco, canto solo con la mente e sento tutta questa potenza dentro di me, il flusso e la possibilità, la capacità di poter scrivere con le parole di tutti i libri e i messaggi e gli scrittori del mondo unificati in una concezione, in uno scenario complessivo, in un panorama che connette la società il costume l’arte la politica la storia culturale – miller kerouac sciascia savinio brancati soldati malerba burroughs longhi gadda celati dick lynch ortese céline ballard pasolini bukowski sterling tobino de roberto leopardi wallace. Scene e personaggi, oggetti, memorie, pensieri – esporre i collegamenti – metti in piena luce ciò che normalmente viene nascosto: “fronti temporaleschi di reti di informazioni attraversano come un mare increspato il tessuto vivente della terra” (Bruce Sterling).
Il processo di costruzione: nonostante la barbarie, contro la barbarie – la vita gemma e sfavilla e spumeggia.
‒ Christian Caliandro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati