Testardi come musei. L’editoriale di Fabio Severino
Nonostante spesso si pensi il contrario, i musei rappresentano una risorsa culturale positiva, ed efficace, per l’economia della cultura italiana. Il segreto? Costruire progetti che regalino visibilità al patrimonio di cui si dispone.
A volte non serve fare cose nuove, basta guardare con occhi diversi quelle che già ci sono. Qualche giorno fa un amico contestava un passato ministro che voleva aiutare Roma con finanziamenti straordinari e che non ci era riuscito perché Roma non era stata capace di presentare nessun progetto finanziabile. Il mio amico era contrario all’iniziativa del ministro, perché dare soldi straordinari sarebbe stata una forma di connivenza con il fatto che a Roma non mancano i soldi, bensì le idee. La mancanza di progetti presentati lo ha dimostrato. Le idee sono assenti a tal punto che tanti soldi sono quotidianamente persi non sulle risorse straordinarie, ma su quelle ordinarie. Si pensi all’incapacità di far pagare i biglietti sul trasporto pubblico, o alle infrazioni al codice della strada, o all’occupazione commerciale del suolo pubblico. Spesso basterebbe fare meglio quello che già si fa, per liberare energie e conseguentemente risorse economiche. O anche guardare in maniera diversa ciò che già si fa, da un’altra angolazione. Far sì che una diversa configurazione dell’insieme possa dare un risultato nuovo, magari più efficace.
“Spesso basterebbe fare meglio quello che già si fa, per liberare energie e conseguentemente risorse economiche”.
Il tema della promozione culturale è sempre all’ordine del giorno. Le statistiche sono costantemente positive su una lenta e graduale maggiore diffusione del consumo culturale, anche se per non tutti i settori: musei sì, libri no, ad esempio. Credo che questa “disparità” di crescita dipenda proprio dalla capacità di far vedere sotto una luce diversa quel che già c’è. Infatti i musei, grazie a una serie di azioni concorrenti portate avanti negli anni, dalla politica in primis, oggi sono molto più “visibili”, più accessibili. È aumentato il pubblico dei musei e i ricavi propri. Soprattutto la base di pubblico si è allargata, e non sembra il risultato effimero degli Anni Novanta e Zero, dovuto alle mostre temporanee. Una droga (costosa) che, svanite le bollicine, lasciava ben poco (e infatti la crisi economica ne spense gli effetti in un batter d’occhio). La diversa luce puntata sui musei sembra aver consolidato una nuova immagine. A parità d’identità. Frutto di tante e sistematiche (non coordinate ovviamente) azioni. Tutti gli ultimi ministri – da Urbani in poi – hanno lavorato in questa direzione. Ognuno – a guardarsi indietro – è partito dal solco lasciato dal precedente. Mi piacerebbe che anche altre Cenerentole della cultura avessero la loro passerella. Sotto i riflettori e con l’abito giusto. Partirei da libri, editoria e biblioteche: poco sforzo, grandi idee, inestimabile risultato.
‒ Fabio Severino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44
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