Scene dalla Grande Stagione (I)
La nuova serie di articoli di Christian Caliandro guarda al presente e ai modi per affrontarlo.
– basta strattonare, giravolte, dialoghi – un flusso che si attiva, che si scatena amabilmente – corsi & ricorsi, è come continuamente riprovare riprovare a essere adulti, fare una scena, non basta mai – la sicurezza dell’età unita all’insicurezza tipica dell’adolescenza, che torna a sprazzi: “Io penso sempre di essere ancora un ragazzino di tredici anni, sai, che non sa esattamente come diventare adulto, e faccio finta di vivere la mia vita prendendo appunti per quando, ecco, dovrà viverla davvero. Come se fosse una prova in costume per una recita di bambini” (Jesse-Ethan Hawke in Prima dell’alba, Richard Linklater 1995) – questa sera per esempio con Virginia Zanetti abbiamo parlato a lungo, fitto fitto, per ore della mutazione in corso nei generi e nei ruoli, di quanto sia traumatico e difficile questo cambiamento che stiamo vivendo, delle versioni tramandate e di come gestire questa faccenda, dei suoi riflessi sul piano artistico e culturale, e niente, è molto più facile discutere con le artiste, ascoltarle, si sente questo scambio di idee e pensieri che invece con gli uomini è sempre molto difficoltoso, faticoso, sempre minato e discontinuo. E allora la trasformazione sarà questo, nient’altro che questo – via dalla morte, dalla distruzione, dal dissolvimento, dalla ripetizione, dall’aggressione – e verso la vita, la condivisione, l’inclusione e l’evoluzione organica del pensiero.
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La trasformazione VERSO il femminile che il mondo sta vivendo, questo sì che dà gusto e che smuove il cervello, agganci di nuovo una volta di più il senso presente come una specie di enorme cavo elettrico e ti nutri di questa scossa, i vapori ti avvolgono, la pressione sale e impari a volare, come se fosse la prima volta.
Sciogliti sciogliti sciogli tutto, riconnetti tutto – sfuggi attraversando passato e futuro come acqua, scordati quello che sei – riconverti costantemente, collega livelli dimensioni relazioni, non ti fossilizzare, negati, annegati, sbrigati – salvezza attraverso la complessità, la rifrazione, i riflessi uno dentro l’altro – intrappolati da solo in un gioco di specchi (= è questa la libertà; la verità nel massimo artificio) – questa immaturità di fondo che ci frega tutti, indistintamente, questa voluttà di abbandonarci alle nostre singole dipendenze – non cedere, continua a sparire (sempre), continua a diventare ciò che sei e non tornare indietro proprio ora che avevi iniziato, solo iniziato a capirci veramente qualcosa.
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Ogni contenuto nuovo, inedito, imprevisto deve per forza essere pericoloso, e percepito come pericoloso da questo contesto mefitico, da questo territorio di peste spirituale e di nullificazione. Di mortificazione. Pericoloso in senso letterale: minaccioso, disgustoso, oltraggioso, maleducato, svergognato, inappropriato, inadeguato, volgare di una volgarità non glamour ma irredimibile, bassa, plebea, maleodorante e vernacolare. IRRECUPERABILE. Irrecuperabile secondo gli standard e i sistemi di valori di questi odiosi e compiaciuti dinosauri, irrecuperabili sulla base di una contraddizione, di un contrasto, di un’alterità di fondo. Essere altro; essere odiati; essere esclusi; essere considerati spregevoli, uncool, non attrattivi; essere considerati inappropriati, ridicoli, vergognosi, spudorati. Essere SBAGLIATI. Sporchi. Brutti. Corrosi. Coriacei. Indigesti. Farsi mangiare. Farsi detestare. Farsi calpestare. Farsi adorare. Farsi vituperare. Farsi offendere. Farsi elogiare. Farsi bruciare. Farsi innalzare. Farsi ignorare.
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… dunque ci sono questi due modi, scrivere avendo in mente un ragionamento che magari stai inseguendo da giorni e da mesi e da anni, oppure: mettersi a scrivere con la mente del tutto vuota, scrivere prima ancora di pensare e fare subito dopo in modo che il pensiero vada dietro allo scrivere, lo insegua in qualche modo, e allora la tua mano e la tua penna guidano la mente, le dicono dove andare, creano la visione e stabiliscono le deviazioni le fermate le ripartenze, perciò le pagine diventano digressioni dopo digressioni, strati su strati, suoni che si ripetono e che si accavallano – non so, è più rischioso ma può venire fuori anche più interessante (almeno a volte), e di sicuro corrisponde molto di più a come pensiamo, a come i pensieri agiscono e reagiscono nel nostro cervello, a come intervengono e ci scelgono, ci determinano…
‒ Christian Caliandro
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