Le passioni parallele dell’arte. A Roma
Villa Medici, Roma ‒ fino al 3 febbraio 2019. Sono molte le passioni coltivate dagli artisti in parallelo alla loro pratica. Alcune di esse sono confluite nella mostra capitolina.
In francese il detto “avere il violino di Ingres” significa dedicarsi con passione a un’attività creativa diversa dal proprio mestiere e si riferisce alla dedizione con la quale il pittore francese Jean-Auguste-Dominique Ingres, maestro indiscusso della pittura del primo Ottocento, suonava il proprio violino. Ingres era un uomo molto occupato, che aveva ricoperto la carica di direttore dell’Accademia di Francia a Roma per sei anni ‒ dal 1835 al 1841‒, ma non aveva mai rinunciato a suonare l’amato strumento. Non è un caso, quindi, che sia proprio Villa Medici a dedicare un’interessante e raffinata mostra alle “passioni parallele” di scrittori, registi, cantanti, compositori e poeti. Intitolata Le Violon d’Ingres, riunisce quattrocento opere selezionate da Chiara Parisi, che ha voluto svelare “gli interstizi dell’immaginario” di ventisei maestri ‒ quasi tutti noti ‒, facendo entrare il visitatore nei meandri delle loro anime, attraverso un percorso aperto da una quarantina di disegni di Victor Hugo, il quale disegnava in maniera compulsiva, soprattutto paesaggi dal forte sapore romantico.
QUALITÀ SIMBOLICA E FORMALE
La rassegna, da visitare con la dovuta attenzione, è una miniera di materiali di altissima qualità, non solo simbolica ma anche formale. Si scoprono i disegni eseguiti da Nelson Mandela nel 2003, durante la sua prigionia, gli schizzi erotici e grotteschi di Federico Fellini insieme a quelli, più rarefatti, di Pierre Guyotat, poeta, e di Sergej Ėjzenštejn, regista. Per non parlare delle surreali litografie di David Lynch, inquietanti quanto i volti fantasmatici e quasi liquefatti dipinti da Arnold Schönberg nel 1910. Le polaroid scattate da Patti Smith a Parigi nel 2008 rivelano il volto più intimo della cantante, così come le fotografie di paesaggi in bianco e nero di paesaggi montuosi innevati del regista iraniano Abbas Kiarostami sembrano alludere a un misterioso genius loci nascosto del suo Paese.
Particolarmente intensi gli autoritratti di Pier Paolo Pasolini, che appartengono alla stessa linea realistica delle tele di Carlo Levi, tra le quali spiccano Ritratto di Anna Magnani (1954) e Cantiere a Roma (1949) di ispirazione neocubista. Un punto forte della mostra è la selezione dei video, con opere storiche di Samuel Beckett, Christian Boltanski, Jean Cocteau, Jean Genet, Sacha Guitry, Chris Kraus e René Magritte, mentre la chiusura è affidata all’opera video di Robert Wilson, Lady Gaga: Mademoiselle Christine Rivière (2013), dove la pittura di Ingres si contamina con il pop contemporaneo in maniera sottile e magnetica.
‒ Ludovico Pratesi
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