Spazi matriarcali e altri scivolamenti. Il femminile
Secondo capitolo della nuova rubrica di Christian Caliandro. Occhi puntati sull’universo femminile.
La trasformazione verso il femminile non è affatto un conflitto (il conflitto e lo scontro sono maschili): è, appunto, uno scivolamento; la creazione di un piano diverso di esistenza.
Il modo che hanno le donne di costruire, mantenere, proteggere. La decisione, la risolutezza per esempio che noi uomini non abbiamo – e non abbiamo mai avuto. La capacità anche di escludere ciò che è fondamentalmente inutile e dannoso. Questo momento è definito, più di altri, dal confronto tra principio femminile e principio maschile (laddove il secondo emerge in maniera più aggressiva, l’azione sotterranea del primo è più profonda): “L’uguaglianza disponibile oggi non è filosofica, ma politica: ci piace, dopo millenni, inserirci a questo titolo nel mondo progettato da altri? Ci pare gratificante partecipare alla grande sconfitta dell’uomo?” (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1970).
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Tessere – cucire – imbastire – costruire – conservare – preservare VS. confliggere – combattere – scontrarsi – schiacciare – dominare – sopraffare.
“Il territorio di una donna è quello che giace inviolato dal desiderio diretto dell’uomo. L’uomo attacca il centro vitale. La donna riempie la circonferenza” (Anaïs Nin, Diario I, Bompiani 2016, p. 252).
Ci sono i confini, i margini, le barriere – e poi, d’improvviso, crollano, si dissolvono, non ci sono più. Questo ‘contatto’ con l’esterno, con l’altro, è anche spaventoso perché sempre discute il sé; allora a dissolversi non è solo il confine e il margine, ma io: “Smarginatura è un concetto centrale nei romanzi della Ferrante. Nella narrazione è un fenomeno fisico di cui Lila fa esperienza molte volte durante la sua vita: sente di star perdendo la sua solidità, e, in qualche modo i suoi ‘confini’ diventano più sfocati e si confondono con ciò che la circonda – metaforicamente, Lila sente di perdere la propria identità. A livello letterario, questo significa che l’autore scardina anche dei confini discorsivi. In altre parole, Ferrante non accetta i ‘margini’ che la società impone attorno ai concetti di identità, del ruolo femminile nella società, della sacralità della maternità. Stephanie ed io abbiamo deciso di affrontare l’intero progetto partendo proprio dall’idea della ‘smarginatura’, con una speciale attenzione alla forma in cui la Ferrante non solo sfuma i confini, ma li rompe. Entrambe eravamo d’accordo riguardo al fatto che bisognava andare al di là della tematica della relazione tra donne – dal momento che sembrava essere l’unico tema scritto finora sulla Ferrante ‒ e puntare invece su una visuale molto più allargata” (Mariagrazia De Luca, La “smarginatura” di Elena Ferrante e l’identità delle donne. Intervista con Grace Russo Bullaro).
Sdefinizione – immersione – nascondimento – fusione – empatia – connessione VS. definizione – emersione – apparenza – contrapposizione – alienazione – dissociazione.
I Sassi di Matera – la luce, il calore e il freddo – la grotta, il vicinato come spazio comune e demaniale: condivisione e inclusione, vita comune – la brace dei carboni, le sedie accanto al camino, l’odore del fumo che esce dai comignoli mentre mi aggiro tra queste pietre… Lo spazio di questa città è femminile, sfrangiato, senza orizzonte, sprofondato, senza linee dritte a definire.
“Conservare – cullare – abbracciare – amare – proteggere – sostenere VS. rompere – strappare – separare – dividere – abbandonare – perdere“.
Un passo sorprendente, sconvolgente, che racchiude un segreto: “Stavo spingendo con tutta la mia forza? Tutta la mia forza? No, una parte di me non voleva spingere fuori il bambino. (…) Una parte di me rimaneva passiva, non voleva spingere fuori nessuno, neppure questo frammento morto di me, fuori nel freddo, fuori di me. Tutta la parte di me che aveva scelto di conservare, di cullare, di abbracciare, di amare; tutta la parte di me che sosteneva, conservava, proteggeva; tutta la parte di me che voleva imprigionare il mondo intero nella sua tenerezza appassionata; questa parte di me non avrebbe espulso il bambino, e neppure il passato che era morto in me. Nemmeno se minacciava la mia vita. Non potevo rompere, strappare, separare, abbandonarmi, aprirmi e dilatarmi per liberare questo frammento di vita, come un frammento del passato, questa parte di me si opponeva a spingere fuori il bambino, o chiunque altro, fuori nel freddo, perché venisse raccolto da mani sconosciute, sepolto in luoghi sconosciuti, perso, perso, perso” (Anaïs Nin, Diario I, cit., pp. 458-459).
Conservare – cullare – abbracciare – amare – proteggere – sostenere VS. rompere – strappare – separare – dividere – abbandonare – perdere.
“Nelle epoche più antiche vi furono uomini che erano cinque o diecimila anni avanti rispetto al loro tempo. E se potessimo tornare abbastanza indietro senza dubbio scopriremmo che una volta anche le donne comandarono sul mondo, che una volta sognarono di metter fine alle miserie e ai dolori terreni” (Henry Miller, Riflessioni sulla morte di Mishima, Feltrinelli 2016, pp. 40-41).
‒ Christian Caliandro
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