Tutta la storia della Fiera di Milano
Curata dall’architetto Ippolito Pestellini Laparelli, partner dello studio OMA, Prospettiva. Viaggio negli archivi di Fondazione Fiera Milano impiega un percorso immersivo, declinato in ogni sala della Triennale in modo differente, per riportare in vita l’esperienza di quella che fu la vetrina della cultura industriale italiana. Mettendo in valore un archivio di straordinaria ricchezza.
Sulle prime, una mostra sull’archivio di una fiera commerciale non suona di certo accattivante. Sarà lo stereotipo dell’archivio polveroso repleto di faldoni di ogni genere; sarà il rischio, spesso mal celato, di operazioni commerciali camuffate da eventi culturali. Certo è che tra le tante mostre in circolazione, quella promossa da Fondazione Fiera Milano in collaborazione con AFIP International (Associazione Fotografi Italiani Professionisti) alla Triennale di Milano potrebbe passare, per molti, tranquillamente inosservata. Eppure, Prospettiva. Viaggio negli archivi di Fondazione Fiera Milano è forse una delle visite più interessanti che si possano fare nel capoluogo lombardo. Perché racconta in maniera intelligente e mai tediosa quella straordinaria macchina delle meraviglie che fu la Fiera campionaria di Milano. E perché immerge il visitatore nell’euforia collettiva che caratterizzò per anni la vetrina internazionale dell’innovazione, della cultura industriale e del miracolo economico italiano.
DENTRO ALLA MACCHINA DELLE MERAVIGLIE
Dietro le quinte dell’esposizione, che si ripropone di mettere in valore e rendere fruibili i fondi fotografici dell’Archivio della Fondazione Fiera Milano, dal 2011 oggetto di una campagna di digitalizzazione e catalogazione, l’architetto Ippolito Pestellini Laparelli dello studio OMA. Reduce dall’esperienza di Manifesta12, a Palermo, e con un solido bagaglio di progetti curatoriali, Pestellini Laparelli ha immaginato un’esperienza immersiva, “quasi cinematografica”, all’interno della quale il visitatore rivive attraverso le immagini – tante, di tutti i formati e di sopraffina qualità – ogni aspetto dell’evento fieristico. C’è il signore ingelatinato che tocca la turbina in ghisa, ci sono i vetri dei padiglioni che riverberano la luce delle insegne, i ministri che arrivano in elicottero, le caffettiere giganti, le mucche, le auto e la ressa alle entrate. C’è insomma tutta una società – quella italiana degli Anni Venti, del boom postbellico, degli edonisti Anni Ottanta – che ha deciso di lanciarsi a capofitto nel consumismo, nel sogno dell’inarrestabile progresso e nei prodigi dell’industria.
E IL VENTENNIO?
A raccontarla materiale – foto ma anche negativi, diapositive, locandine e dépliant – che spazia dal 1920 al 2000. In un sincopato percorso lungo il quale si alternano scaffali, vetrine, ripiani, video, cabine e mobili originali, il visitatore rivive i padiglioni e gli allestimenti progettati da grandi firme dell’epoca come Albini, Baldessari, Castiglioni, Noorda e Mari, immortalati da altrettanto grandi nomi della fotografia: Scianna, Basilico, Berengo Gardin, solo per citarne alcuni. La maggior parte del materiale esposto è inerente alla fase forse più “appariscente” della Fiera, il boom postbellico e il miracolo economico. Una scelta, questa, che conferisce sicuramente all’esposizione un’immagine più coerente e accattivante ma che relega in secondo piano altri importanti periodi storici, primo fra tutti quello dell’autarchia e della politica industriale fascista del Ventennio. Consapevoli degli attuali sviluppi dell’industria italiana, della cronica crisi economica e dell’urgenza di forti scelte in ambito ambientale, si esce dalle sale con un misto di euforia e di amarezza rispetto all’attuale rassegnazione dilagante. Sognando un’epoca sovrabbondante, istrionica e anche un po’ cialtrona. Ma in cui tutto sembrava possibile.
‒ Leonardo Lella
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