Franco Grignani e il graphic design. A Chiasso
m.a.x., Chiasso ‒ fino al 15 settembre. La storia del graphic designer Franco Grignani rivive nella mostra a lui dedicata dal museo di Chiasso. Dieci anni dopo la sua scomparsa.
Franco Grignani (Pieve Porto Morone, 1908 ‒ Milano, 1999), una figura che giganteggia nell’ambito del graphic design della seconda metà del XX secolo. Furono sue le invenzioni grafiche non solo per aziende attive in campo automobilistico (Fiat e Pirelli), tessile (Pura Lana Vergine e Zegna), farmaceutico (Dompè), meccanico (Breda), editoriale (Arnoldo Mondadori), ma anche per gallerie e istituzioni d’arte. Dopo aver esposto, su invito di Filippo Tommaso Marinetti, alla Grande Mostra Nazionale Futurista di Roma, giunto a Milano a metà degli Anni Trenta, Grignani strinse amicizie “illuminanti” che lo avrebbero accompagnato nel suo percorso umano e professionale: in primis Antonio Boggeri, grafico di grande talento con il quale stabilì stretti punti di tangenza quanto a stile espressivo e tecniche di comunicazione. E la grafica, per lui che aveva alle spalle studi di matematica (a Pavia) e architettura (a Torino), si confermò terreno privilegiato di sperimentazione complice la macchina fotografica, utile ad allineare le sue ricerche con quelle delle avanguardie costruttiviste e astrattiste europee.
LA MOSTRA
Il Museo m.a.x. di Chiasso, a venti anni dalla morte, gli dedica la retrospettiva Franco Grignani (1908-1999). Polisensorialità fra arte, grafica e fotografia, ricca di trecento opere ‒ fotografie (venti dal Fondo Lanfranco Colombo del MUFOCO), dipinti, sculture, serigrafie (donate dagli eredi), riviste, logotipi, oggetti di design ‒, a cura di Mario Piazza e Nicoletta Ossanna Cavadini, con contributi in catalogo di Giovanni Anceschi e Bruno Monguzzi, che Grignani lo conobbero personalmente.
Riservato, instancabile (14mila opere sperimentali!) e maniacale nelle sue “speculazioni” formali (novello Escher, tra visibile e non visibile), spesso coadiuvato dalla moglie Jeanne Michot, che svolse un ruolo significativo nell’attività dello Studio, il maestro reinventò il linguaggio della pubblicità (celebri le sue creazioni grafiche e tipografiche per l’azienda Alfieri & Lacroix), senza tralasciare mai il cotè artistico, anzi confrontandosi con gli optical e i cinetici attivi in tutt’Europa: da Vasarely al Gruppo T di Milano. Fondamentale era stata per lui la lezione del Secondo Futurismo, ma quella del Concretismo europeo e di Max Bill (che nel ‘47 curò a Milano la mostra Arte astratta e concreta) non fu da meno. Grignani stesso parlava di “polisensorialità” a proposito dei suoi pattern “impazziti”. Razionalità ed emotività s’intrecciavano in essi in una continua tensione percettiva, fino ai confini estremi della visione, e aprivano spazi “virtuali”, preannunciando le avventure del digitale.
‒ Alessandra Quattordio
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