Storia di un restauro. L’altare barocco della Chiesa dell’Abbazia di Santa Maria di Cerrate

Siamo in provincia di Lecce e il restauro in questione riguarda l’altare barocco della Chiesa dell’Abbazia di Santa Maria di Cerrate, in concessione al FAI – Fondo Ambiente Italiano dal 2012.

Il 2018 è stato un anno di particolare rilievo nella storia della Chiesa dell’Abbazia di Santa Maria di Cerrate, in provincia di Lecce. Fondata tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo e in concessione al FAI – Fondo Ambiente Italiano dal 2012 da parte della Provincia di Lecce, questa straordinaria testimonianza di architettura romanica pugliese, contraddistinta da influssi anche bizantini, è tornata ad accogliere visitatori e fedeli ad aprile, dopo un intervento di restauro durato oltre un biennio. Un passaggio fondamentale al quale, solo qualche mese più tardi, hanno fatto seguito la ricomposizione e la ricollocazione dell’Altare barocco della Vergine di Cerrate. Risalente al 1642, come indicato nella data riportata nell’iscrizione dedicatoria, ma assente dagli interni dell’edificio religioso a partire dagli Anni Settanta, da settembre è di nuovo visibile nella navata sinistra. Un dettaglio, quest’ultimo, non secondario, poiché tanto la presenza di un altare dedicato alla Vergine quanto la sua collocazione – addossato alla terza colonna nella navata sinistra ‒ confermano l’origine e l’identità bizantina della chiesa di Santa Maria di Cerrate.
Tra il 1968 e il 1971 la storia dell’edificio e quella dell’altare si scindono in due percorsi distinti. Nel progetto di restauro del complesso con cui la Provincia di Lecce pose fine a una lunga fase di abbandono dell’immobile, l’architetto Franco Minissi aveva infatti previsto lo smontaggio dell’altare. In coerenza con i principi del restauro architettonico perseguiti in quei decenni, era infatti ritenuto “estraneo all’impianto originario”. Venne dunque incluso nella lista delle superfetazioni successive all’epoca più antica che andavano rimosse; perseguendo la medesima logica furono demoliti, ad esempio, la sacrestia e il campanile. Il frazionamento in blocchi, collocati, fino al 2012, nel cortile esterno della chiesa, ne decretò anche la possibile rinascita.

Altare della Vergine, Abbazia di Santa Maria di Cerrate. Photo Antonio Leo, 2018 © FAI - Fondo Ambiente Italiano

Altare della Vergine, Abbazia di Santa Maria di Cerrate. Photo Antonio Leo, 2018 © FAI – Fondo Ambiente Italiano

IERI E OGGI

I ventisei pezzi rinvenuti, in seguito all’acquisizione da parte del FAI, esposti all’azione del tempo e degli agenti atmosferici per lungo tempo, sono stati raccolti, catalogati, restaurati e infine ricomposti: prima mediante una ricostruzione virtuale, quindi con l’effettivo rimontaggio. Una pluralità di soggetti, specialisti, maestranze e aziende ha preso parte all’impresa, guidata da uno spirito antitetico rispetto a quello che condusse alla temporanea rimozione dell’altare. Oltre alle azioni volte al restauro delle varie parti, tra cui interventi di pulitura meccanica, disinfestazione e consolidamento della superficie tramite microimperneazioni delle parti distaccate e pericolanti, sono state condotte indagini archeologiche per individuare l’esatta collocazione che hanno portato verso una nuova fondazione. Esattamente come un tempo, l’altare è oggi visibile al di sopra di una piattaforma in pietra leccese, provvisto dei suoi elementi scultorei costituitivi. Al suo interno è stata inserita un’opera del pittore locale Nicola Ancona, che riproduce la tela secentesca originaria, perduta all’epoca dello smontaggio.

Valentina Silvestrini

www.fondoambiente.it

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #14

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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