Da Roma a Roma. Il racconto della progettista Livia Cannella
Architetto e artista, Livia Cannella è intervenuta nello spazio capitolino elaborando una serie di progetti site specific che valorizzano l’interazione con il contesto urbano ‒ dal Colosseo ai Mercati Traianei, dal Foro Romano a quello di Augusto, dalla Fontana di Trevi a Villa Adriana a Tivoli. In questo focus ripercorre il suo legame con Roma e l’urgenza di un rilancio artistico-culturale della città.
Osservazione, memoria, sedimentazione: questi temi costituiscono i cardini del mio percorso esistenziale e professionale che ha visto numerose variazioni di rotta, ma sempre mirate e ricondotte alla mia origine, divenuta fatale destinazione: Roma.
Ogni migrazione tematica e linguistica è avvenuta mantenendo lo sguardo costante su una città che ha in sé l’universo intero dei significati, dei volti e dei valori.
Roma osservata, memorizzata e sedimentata da diversi punti di vista: quello territoriale e urbano, oggetto dei miei primi anni di attività professionale svolta nella progressiva acquisizione e messa in pratica delle “regole” dello spazio; quello teatrale, la cui misura ha mosso le mie attitudini creative a dialogare con la narrazione; quello infine di sintesi, individuato nella rappresentatività scenografica dello spazio pubblico, che ha favorito una progettualità per la valorizzazione culturale incentrata sostanzialmente sui linguaggi della luce e della proiezione. È allo scenario notturno, nell’alterità delle sue particolari suggestioni, che il mio sguardo ha rivolto le maggiori energie per dare senso e forma a un particolare orientamento creativo e comunicativo, non facilmente riconducibile a forme convenzionali di espressione.
Lo spazio pubblico, appunto, quello “di tutti”: oggetto “animico” della mia propensione alla visione armonica dei luoghi fin dalle “stagioni” di nicoliniana memoria che, attraversate da giovanissima, hanno rappresentato un potente motore di immaginazione e punto di riferimento nell’operare per la risonanza e la reciprocità tra la città e i suoi abitanti. Renato Nicolini mi disse, una volta: “Nel mio progetto per l’estate romana c’è il voler rivedere la città di quando ero bambino”. E questo mi guida nel mettere rotta verso il futuro senza dimenticare quello che è stato.
IERI E OGGI
Il contesto favorevole che nei primi Anni Duemila vide l’amministrazione capitolina, e molti altri soggetti operanti nella sfera pubblica, dare nuova considerazione allo spazio urbano come luogo di espressione culturale, ha alimentato il mio personale progetto di lettura degli spazi sotto il profilo della potenzialità di accoglimento di azioni e relazioni, allo scopo di generare cittadinanza nella condivisione dell’esperienza culturale. Il tutto attraverso concetti semplici e semanticamente incisivi, in azioni tese a creare “paesaggi” esteriori e interiori, nella costante attenzione a rendere sensibilmente “riverberanti” i luoghi di meraviglia, che Roma detiene talvolta con troppa distrazione e disinvoltura.
Questo cammino fatto di innumerevoli installazioni e allestimenti, per lo più realizzati in spazi storico-monumentali-archeologici, fortemente incardinato sulle politiche culturali pubbliche e in rapporto diretto con le relative istituzioni, si confronta oggi con un cambio di marcia della gestione/produzione culturale, convogliata sostanzialmente su procedure (call, bandi, concorsi), risorse e opportunità tipicamente rivolte a soggetti e operatività imprenditoriali.
È auspicabile che in questo nuovo assetto siano adeguatamente collocate le competenze professionali e artistiche – singolarmente poco compatibili con i meccanismi procedurali correnti, ma determinanti per il portato culturale dei progetti – funzionali anche alle imprese per il conseguimento di obiettivi qualitativamente originali e competitivi, non omologati in un appiattimento di offerta rischiosamente seriale, fenomeno questo già osservato da più voci della scena culturale attuale.
NUOVE TECNOLOGIE E PAESAGGIO
Una riflessione merita anche il tema delle nuove tecnologie, la cui inarrestabile progressione – forse più tecnica che semantica – richiede un forte controllo progettuale entro misure di sostenibilità adeguate alle sensibilità dei contesti culturali. Nell’“opulenza” delle loro potenzialità, il rischio di una saturazione bulimica è costante.
Riguardo alle nuove frontiere nella divulgazione e valorizzazione culturale (la realtà virtuale e aumentata, il videomapping, lo storytelling, la gamification e i relativi dispositivi/supporti di attivazione), credo sia opportuna una loro distinzione/separazione dall’approccio “frontale” allo spazio fisico/reale, al fine di preservare l’integrità percettiva dei luoghi e la libertà di ricercarne risonanze individuali; ciò non riduce la centralità delle nuove tecnologie come strumento ormai irrinunciabile di mediazione culturale che, nella pertinente collocazione dello spazio virtuale, possono effettivamente, e pressoché illimitatamente, “aumentare” l’accesso a una conoscenza complementare e interattiva, altrimenti irraggiungibile.
Riconducendo le riflessioni generali a Roma, credo che i fenomeni descritti – unitamente alla diversa distribuzione delle esigue risorse economiche ‒ abbiano interessato anche il suo scenario culturale, modificandone profondamente procedure e prassi operative; relativamente alle espressioni “site specific” nello spazio pubblico e alla visione “paesaggistica” del suo patrimonio culturale si registra infatti un decadimento delle occasioni di confronto e di operatività.
Ma confido nella volontà comune di riportare Roma alla grandiosità che merita, anche attraverso un’immagine pubblica in cui espressione artistica e patrimonio culturale tornino a fondersi in suo nome, consentendo a tutti – e a me ‒ di osservarla, memorizzarla e sedimentarla ancora per continuare a progettarne il futuro.
‒ Livia Cannella
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