Grandi mostre e social network
Le grandi mostre devono avvicinare il grande pubblico all’arte e i social network possono contribuire allo scopo. Stefano Monti riflette sulle strategie utili a ottenere questo risultato.
Dal punto di vista “organizzativo” e di “comunicazione” le grandi mostre rappresentano un unicum all’interno del panorama territoriale. La loro rilevanza, la loro diffusione mediatica e la loro capacità di attrarre cittadini e turisti rappresentano insieme un fine (quello di poter realizzare un adeguato numero di visitatori) e uno strumento (quello di poter diffondere maggiormente la cultura). Questo passaggio è fondamentale, soprattutto in un Paese come l’Italia, in cui le grandi mostre sono quasi completamente dedicate a grandi brand della storia dell’arte, mentre minore attenzione viene prestata ai grandi brand dell’arte contemporanea.
A livello internazionale, ad esempio, accanto agli artisti più universalmente noti, le grandi mostre vengono dedicate anche allo scenario contemporaneo, così da poter diffondere non solo una tradizione artistica, ma anche una “produzione” artistica, avvicinando le persone a un “mercato vivo” dell’arte. Questa funzione, in Italia, è meno evidente.
Vale allora la pena riflettere sul ruolo che le grandi mostre devono avere all’interno del territorio e al ruolo che esse possono giocare nella comprensione dell’arte antica, moderna e contemporanea.
“Come agevolare il passaggio da una grande mostra a un avvicinamento all’arte?”
Se l’obiettivo non è dunque quello di presentare la scena contemporanea, allora potrebbe essere quello di raggiungere e avvicinare quanti più visitatori possibile, così da diffondere la sensibilità artistica anche in quei cittadini che non consumano “cultura” nelle loro esperienze quotidiane. In questo senso il loro ruolo sarebbe quello di facilitare l’avvicinamento spontaneo alla produzione contemporanea, un po’ come i Greatest Hits per far conoscere anche brani meno noti dei musicisti.
Ma come agevolare il passaggio da una grande mostra a un avvicinamento all’arte?
In questo, probabilmente, il ruolo delle politiche social potrebbe essere determinante.
Potrebbe. Perché adesso non lo è affatto. Almeno nel nostro Paese.
La maggior parte delle strategie di comunicazione utilizza i social in modo del tutto inadeguato a questi scopi: si pubblica qualche post su Facebook, si programma l’evento, si caricano foto ecc. Comunicazione 2.0, User Generated Content, Prosumer e tutte quelle belle parole che fanno tanto eco nei convegni, nel mondo concreto delle grandi mostre sono completamente assenti. Tutto ciò è da collegare all’assenza di una visione strategica delle grandi mostre, tanto a livello centrale (Ministero) quanto a livello dei singoli musei.
Se non capiamo “a cosa servono” le grandi mostre, se pensiamo al “singolo evento” più che a una strategia complessiva, tutto ciò che viene posto in essere è semplicemente lavoro sprecato.
I supermercati mettono in offerta alcuni prodotti per fare in modo che i clienti entrino a comprare le “occasioni” e associno a esse altri acquisti. Le grandi mostre applicano più o meno questa logica, ma in modo sbagliato. A oggi la grande mostra è il modo di fare entrare i visitatori e vendere il merchandising. In realtà la grande mostra dovrebbe avere il ruolo di trasformare cittadini e turisti in appassionati d’arte.
Noi non vendiamo tazze. Noi produciamo cultura.
‒ Stefano Monti
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #14
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