Passato e presente delle rovine. A Venezia
La mostra allestita a Venezia, a Palazzo Fortuny, indaga il concetto di rovine nell’arte di ieri e di oggi.
S’innesta sul concetto di rovine la mostra allestita nei labirintici ambienti di Palazzo Fortuny, un tempo dimora del celebre Mariano. Frutto del dialogo tra la Fondazione Musei Civici di Venezia e il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, la rassegna delinea un itinerario visivo attraverso un corpus di opere che supera i 250 pezzi, guidando l’occhio fra le molte, e spesso non scontate, accezioni di rovina e alleggerendole dallo schiacciante peso del tempo. Sin dal titolo, Futuruins combina le tracce del passato a quelle dell’oggi, in una prospettiva che trova nel presente le vestigia del domani. Non sono casuali, infatti, i nuclei tematici facilmente ravvisabili lungo il percorso, che compongono una narrazione tesa fra il passato e il futuro.
LA MOSTRA FUTURUINS
Le rovine archeologiche ‒ intese come resti e anche simboli di ere sopravvissute ‒ pervadono il piano terra del museo, spaziando da una stele votiva del IV-II secolo a. C. al Plenum di Ludovica Carbotta, dalle Archeologie senza restauro di Franco Guerzoni alla poderosa installazione di Anne et Patrick Poirier ispirata alla Domus Aurea. Una cavalcata sulle creste delle epoche, spezzando il binomio archeologia-antichità e assegnando all’idea di rovina una connotazione (anche) attuale. La stessa che si ritrova nelle rovine umanizzate di Christian Fogarolli o nell’Omaggio a Mariano Fortuny y Madrazo di Sarah Moon o, ancora, nella stampa diretta UV su travertino di Elisa Sighicelli: restituzioni degli effetti del tempo sull’organicità dell’essere umano. Il paesaggio, invece, diventa co-protagonista della “rovina” nel monumentale intervento di Thomas Hirschhorn, dove la costellazione di monete in rame riporta lo sguardo sull’oggi, pur richiamando alla memoria collage dal sapore avanguardistico e colonne secolari, affastellate secondo logiche già care all’imprescindibile Giovanni Battista Piranesi.
PAESAGGIO E NATURA A PALAZZO FORTUNY
La desolazione di paesaggi diroccati accomuna i Capricci settecenteschi di Leonardo Coccorante e gli scatti di Luigi Ghirri, Christian Retschlag e Paola De Pietri, rendendo ancora più sottile il confine tra paesaggio e architettura. Un occhio di riguardo spetta agli elementi naturali, fisiologicamente esposti alla rovina ma anche forieri della stessa. Ne sono un esempio il Boom di Robert Gligorov ‒ un apparente fungo atomico, composto in realtà dall’infiorescenza di un cavolfiore e dalle teste spugnose di un nugolo di funghi ‒, Il vulcano di Sara Campesan e lo Stromboli di Jean-Pierre Laurent Houël, così come le rovine vegetali di Gioberto Noro o quelle, drammaticamente tangibili, riprese da Olivo Barbieri ad Arquata del Tronto nel 2017. Rovine contemporanee, assimilabili ai cumuli di macerie fotografati da Steve McCurry l’11 settembre 2001.
‒ Arianna Testino
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #14
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