Guerra e pace. L’editoriale di Lorenzo Taiuti
Istanze belligeranti e richieste di pace si rincorrono, non solo sul fronte politico, ma anche nella pratica degli artisti. Ne parla Lorenzo Taiuti, critico d’arte e media.
Lo stato di guerra è diventato endemico. In mancanza delle Grandi Guerre Mondiali del passato, la moltiplicazione di conflitti di diverse proporzioni e cause riempie la Rete di news. E anche il pacifismo ritrova le sue voci. Il sito Peace News for Nonviolent Revolution si concentra sulla nuova guerra del clima. I giovani del Sunrise Movement americano accusano personaggi influenti di guadagni realizzati su materiali inquinanti e parlano di un “Green New Deal”. Più di 120 Sunrise Hubs linkati dalla Florida all’Alaska hanno inscenato proteste, costringendo il repubblicano Connell a ritirare una legge truffa sul clima svuotata di contenuti reali. Queste situazioni cresciute in Rete hanno contribuito a diffondere la manifestazione globale promossa da Greta Thunberg fino al numero straordinario di 1,4 milioni di manifestanti nel mondo.
La richiesta di pace, come anche la richiesta di guerra, si può manifestare in vari modi. La presenza belligerante delle estreme destre è sempre più pesante. I social network sono percorsi da messaggi, inviti, minacce. Nel Dark Net diventano anche più violenti. In Ucraina l’Azov Battalion agisce collegato a una formazione militare regolare, ma è una squadraccia che aggredisce minoranze razziali e sociali e pratica training armati. Pregevoli nei loro siti i video di marce in uniformi nere, torce nella notte, maschere della morte e Nazi Trap.
“La presenza belligerante delle estreme destre è sempre più pesante. I social network sono percorsi da messaggi, inviti, minacce”.
Esistono archivi online d’immagini contro la guerra dove si può ripercorrere l’instancabile riproporsi della cultura visiva pacifista dal Vietnam all’Iraq, dove si ritrova mezzo secolo di storia & iconografie, dai poster psichedelici all’immagine di Banksy dello street fighter che lancia non una bomba ma un mazzo di fiori. Il progetto Can Art Aid in Resolving Conflicts?, nato in Israele e poi diffuso internazionalmente e tradotto in un “libro d’arte e pacifismo”, riunisce oltre cento artisti che hanno risposto all’invito di utilizzare immagini dei loro lavori accompagnandoli con riflessioni e analisi su arte e conflitto. Fra le opere, le staged photographies di Adi Nes, che usa dei soldati per inscenare un’Ultima Cena; l’Helmet Project di Cindy Kane, con decine di elmetti dell’esercito USA appesi in una chiesa e decorati con immagini del privato dei soldati. Frank Gehry scrive: “Penso che attraverso l’arte la gente parli a volte più direttamente di quanto faccia con le parole”, aggiunge Zubin Mehta: “Portai l’orchestra di Monaco a suonare in Kashmir, mussulmani e hindu ascoltavano insieme…”.
‒ Lorenzo Taiuti
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #49
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